Capitolo 38: Ostacoli

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L'addestramento di un SEAL era uno dei più duri al mondo, al pari di quello per gli operatori delle Forze Speciali italiane. La preselezione avveniva in un periodo di 8 settimane presso il Naval Special Warfare Preparatory School di Great Lakes, nell'Illinois. Se l'aspirante SEAL superava la prima scrematura si passava al Basic Underwater Demolitivo/Seal, un corso della durata di 24 settimane che si svolgeva a Coronado. Il corso era articolato in 3 settimane di indottrinamento, 7 settimane di condizionamento fisico, 7 settimane di combat diving, basate sul miglioramento delle capacità acquatiche, e infine 7 settimane di land warfare, caratterizzate sul combattimento terrestre, utilizzo armi e dispositivi esplosivi. Se l'allievo superava questa fase, veniva trasferito a San Diego per frequentare un corso di 3 settimane di paracadutismo; finito questo, si passava ad un periodo di 26 settimane chiamato Seal Qualification Training. Durante questa fase venivano affinate le competenze dell'operatore di Forze Speciali; addestramento in diversi ambienti, da quello artico a quello desertico e della giungla. Al termine di questa fase, vi era il diploma della recluta e il suo immediato distaccamento in una delle basi del SEAL; così si dava inizio all'addestramento più specialistico della durata di 12/18 mesi suddiviso in tre fasi: corsi di tiratore scelto, di scalata, Advanced Close Quarter Combat/Breacher, pronto soccorso, tecniche di demolizione avanzate, e quant'altro; una fase addestrativa basata sullo studio di tattiche per piccole unità, land warfare, combattimento ravvicinato, combattimento urbano, interdizione marittima e a lungo raggio, ricognizione speciale e operazioni da velivoli ad ala fissa e rotante. E infine l'addestramento a livello Task Group per imparare tattiche e capacità a livello di team.
Conclusasi questo periodo forsennato di tempra fisica e mentale, la recluta veniva smistata nei vari team di reclutamento. Tra questi vi era il Green Team, una squadra che continuava ad allenare il proprio corpo con programmi più estenuanti; il loro obiettivo era cercare di spiccare tra le prime righe di coloro che avrebbero avuto l'opportunità di farsi notare dai team più temuti e più esperti di tutto il reggimento. Il cinquanta percento dei canditati non era solito completare il percorso, tuttavia non venivano rispediti a casa, ma mandati in altre squadre – non meno importanti, senza dubbio – ma incaricate a mansioni meno pericolose rispetto a chi si occupava di antiterrorismo o operazioni ad altissimo rischio.
Molti giovani avevano l'audacia di provare un corso di quel calibro, dopo aver passato le ventiquattro settimane di addestramento e le ventisei di preparazione al lavoro sul campo.
Giovani che avevano la volontà di provare fino in fondo ad andare oltre.
Tra questi, vi era proprio il ventiduenne Jake Grant.

In divisa e dal taglio corto militare, era in fila insieme ai compagni che avevano provato a compiere quella pazzia insieme a lui; molti erano più grandi di lui, mentre altri avevano suppergiù la sua stessa età e volevano tentare la sorte e scalare i ranghi. Dopo un addestramento spossante come quello, mancava appunto l'ultima prova: il percorso ad ostacoli. L'intero campo era cosparso di prove fisiche che aveva avuto modo di affrontare singolarmente, invece adesso avrebbe dovuto superarle senza momenti di ripresa, nel tempo prestabilito. Dentro la sua testa non stava facendo altro che ripetersi per quale motivo aveva deciso di provare l'impossibile in quell'impresa persa in partenza. Si era appena reclutato, maledizione, e aveva deciso di passare all'addestramento del Green Team, di una durata di sei distruggenti mesi, come se tutto quello che aveva passato in quell'anno e mezzo non fosse stato abbastanza. Gli avevano offerto un posto nel Team Echo, o nell'armeria come chimico e costruttore di esplosivi, ma lui aveva deciso di puntare più in alto, saltando le tappe per poter arrivare al Team Alpha, o addirittura al Team Bravo.
Sogni.

Il Team Bravo necessitava di un titolo superiore o pari al Soldato Scelto e lui, a stento, era solo un povero novellino. Ma valeva la pena tentare, se già si era fatto conoscere e il suo nome aveva comunque attirato l'attenzione dell'istruttore da accettare la sua bravata di tentare il Green Team a neanche un anno dal suo esordio. Si misero tutti alla linea di partenza, nervosi quanto determinati nel superare quella prova. Il successo non sarebbe stato Team Alpha, Team Bravo o DEVGRU immediato, ma vi erano più possibilità di non rimanere in panchina o a compiere operazioni di meno importanza come semplice rifornimento.
Doveva crederci.
L'istruttore alzò il braccio, Jake si mise in posizione, fissando il suo primo ostacolo: un tronco semplicemente inclinato verso l'alto e successivamente verso il basso da camminarci in equilibrio.
Cosa aveva promesso a suo padre? Che la scelta di non proseguire gli studi avrebbe dato i suoi frutti e lo avrebbe reso orgoglioso. Non avrebbe rimpianto quella scelta. Non l'avrebbe mai fatto. Si era allenato duramente per arrivare più preparato che mai a quel giorno. Quella vita, quello stare con la testa piegata su cumuli e cumuli di libri di chimica, non faceva per lui; non perché non gli interessasse, ma perché aveva bisogno di mettere in pratica quello che aveva studiato in qualcosa di concreto che non riguardasse solamente il lavorare in una dannata clinica o in un'industria nucleare. Avrebbe potuto puntare semplicemente alla SWAT, ma il rischio di esplosioni e di creazione di nuovi ordigni per poter essere messi sul nuovo mercato col fine di colpire gli Stati Uniti avrebbe avuto vita nel Medio Oriente, dove lui avrebbe potuto troncare la cosa ancor prima che nascesse. Una motivazione che al padre non era bastata, tuttavia questi gli aveva rivelato:
Fai ciò che ti rende felice. Per quanto io possa essere o non essere d'accordo, io voglio solo che mio figlio sia soddisfatto della sua vita. La mia è solo paura.

E non aveva tutti i torti.
Per anni aveva vissuto con un figlio a cui non era passata minimamente in testa l'idea di diventare un soldato e, a distanza di anni, in cui l'età per arruolarsi era stata superata da un pezzo, aveva travolto completamente la sua tranquillità, artigliata dalla paura di poter perdere un figlio da un momento all'altro a causa della guerra. Era stata una scelta improvvisa, Jake doveva concederglielo. Ma cosa poteva farci? La mente umana era un bordello di pensieri, decisioni, convinzioni, idee, ripensamenti, un frullato di cazzate che si ammassavano di volta in volta negli anni fino a far compiere azioni che oscillavano tra giusto e sbagliato; se quel percorso fosse stato errato, Jake lo avrebbe scoperto solamente vivendo. Per il momento doveva pensare al presente e ai passi straordinari che aveva compiuto per arrivare fin lì.

Socchiuse gli occhi risoluto, evitando di farsi prendere dall'ansia allo stomaco. Avrebbe affrontato missioni più pericolose: la sua mente si sarebbe dovuta spegnersi totalmente.
La pistola era puntata in alto. L'istruttore premette il grilletto, dichiarando ufficialmente il via del percorso.
Completarlo entro dodici minuti era il margine di tempo che lo avrebbe portato al successo. Doveva farcela.
Jake partì in una corsa veloce, superando tutti gli altri commilitoni per raggiungere il tronco e oltrepassarlo senza fatica. L'equilibrio non gli mancava di certo. Il prossimo ostacolo era il filo spinato; si gettò a terra, scivolando subito al di sotto di quella rete appuntita per mezzo del terreno bagnato. Il suo corpo si infradiciò istantaneo, sporco di fango, incluso il viso. Serrò la bocca e gli occhi per un breve attimo, proseguendo a muovere le braccia, issandosi sui gomiti per spingere il suo corpo. Altri soldati lo seguirono, riuscendo a riprendere le distanze. Sentiva le urla degli istruttori invogliarli a fare di più, a muovere il culo, a fare finta di essere sul campo di battaglia. Volevano che non esitassero, che superassero qualunque ostacolo avessero incontrato nel loro cammino, altrimenti ciò avrebbe comportato morte certa. Percepiva la divisa, la parte della schiena, impigliarsi contro il filo spinato e strapparsi; forse si era graffiato, ma non demorse. Venne superato da tre uomini, due sui trent'anni e uno sui venticinque. Aumentò la velocità, finendo di strisciare per rimettersi in piedi. Mentre correva verso il prossimo ostacolo mosse le braccia per eliminare i residui di fango in eccesso, i quali avrebbero solamente rallentato la sua corsa e appesantito il suo corpo inutilmente. Si passò il retro della mano sulla fronte per portarsi indietro i ciuffetti più pazzerelli della sua acconciatura e saltò per appendersi sul lungo filo; incrociò le caviglie al di sopra di esso e usò le braccia per proseguire avanti, resistendo al movimento molleggiante che gli altri suoi compagni causavano quando cercavano di appendersi su esso per raggiungerlo. Non aveva tempo per vedere chi fosse davanti a lui; quella non era una gara, né una competizione con il prossimo. Doveva competere contro sé stesso e i suoi limiti, doveva obbligare il suo corpo a raggiungere il traguardo nel tempo prestabilito. Nessuno gli avrebbe garantito che chi fosse davanti a lui, avrebbe completato il percorso in un tempo inferiore o pari a dodici minuti, perciò i paragoni erano inutili.

Con un sobbalzo, i piedi persero la presa sulla corda e scivolò appeso, arrestandosi dall'avanzare fino alla piattaforma in legno. Serrò i denti, obbligando le mani a rimanere ancorate al filo; il fango le rendeva più scivolose, maledizione. Se avesse mollato la presa avrebbe dovuto fare dietro front e ripartire dall'inizio di quell'ostacolo. Andò indietro con il corpo per oscillare in avanti. Ci riprovò fino a quando non acquistò abbastanza energia per slanciarsi in alto e artigliare nuovamente la corda con le gambe. Buttò fuori un sospiro ansante, continuando fino alla piattaforma. Due soldati erano caduti, e stavano tornando indietro. Atterrò sulla base e riprese a correre verso l'altro ostacolo: uno pneumatico da spingere fino alla linea della prova successiva. Non si era accorto che davanti a lui vi erano sei persone. Era stato sorpassato ancora. No! Portò le mani sotto la gomma dalla forma di ciambella e la fece capovolgere di volta in volta; stava sudando come un pazzo, il cuore che batteva dentro la sua gabbia toracica ad un ritmo scalpitante da rimbombargli nella gabbia toracica, sovrastando di gran lunga le urla dei suoi commilitoni e degli istruttori. Aveva recuperato di due posizioni, il che significava che aveva ripreso i minuti persi quando era stato appeso. Finito di spingere lo pneumatico, prese il sacco e lo posò sulle sue spalle, correndo verso quella che sarebbe stata l'ultima prova: la scalata. Un muro di appigli, seguito da una corda fino a raggiungere il bordo e scivolare lungo il traguardo. Doveva sbrigarsi. Si aiutò con le narici a respirare per non stancarsi maggiormente, tentando di mantenere il sangue freddo. Gettò via il sacco e si apprestò a scalare quel muro, superando i cinque metri. C'era quasi. Rischiò di cadere, perdendo la presa con una mano e il piede; notò il vuoto sotto di lui e deglutì. Riprese il controllo della situazione e saltò fino alla corda. Quattro degli altri avevano già finito di scavalcare il muro. Si arrampicò, tendendo una mano verso il bordo.
Tuttavia qualcuno gli afferrò la caviglia e lo tirò giù.

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now