Capitolo 9: Ricordi bruciati

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«Con quel bel visino angelico che si ritrova, non darebbe minimamente l'idea di essere un dannato mercenario.» commentò Morrison, mentre si allacciava il tattico al di sopra della t-shirt nera che aveva sostituito alla camicia: non poteva muoversi liberamente con essa addosso.

Noah distese le gambe sopra la scrivania, sbadigliando. «Mettici una voce spaventata, e voi soldati abboccate come dei pesci lessi.»

«Farò finta di non aver sentito.» tirò il carrello della pistola, attirando l'attenzione del ragazzo.

«Apri bene le orecchie, invece. Se dovessi ritrovarti in mezzo ad una sparatoria, da solo, non contare su di me.»

«Infatti è per questo che tu rimarrai qui. Non è roba tua.» concluse Dave, rinfoderando l'arma nella fondina. «Sarai il tizio dietro la scrivania che mi darà indicazioni sulla zona.»

Noah rimase in silenzio, gli occhi chiusi e la testa sollevata sul cuscinetto della sedia.

«Dai, nei film saresti il tipico hacker dentro il furgone, circondato da apparecchiature ad alta tecnologia che neanche esistono.»

«Non sono un hacker.»

«Da noi quelli che violano la rete e i server sono degli hacker belli e buoni.» scherzò il soldato con un ghigno stampato in viso.

Noah schiuse le palpebre, facendo spiccare due iridi grigie stizzite. «Piantala.»

«E prendila a ridere, jalapeño! Alla tua età io facevo i salti mortali.»

Il giovane espirò dalle narici, intirizzendo la mascella. «Mi stai infastidendo con quel nomignolo di merda: prova a ripeterlo un'altra volta e ti sbatto fuori.»

«Fino a quando non capirai il motivo, continuerò. Ti si addice.» continuò Dave, allacciando le ultime cinghie.

«You're so fucking annoying.»

«And you are so gentle.» canticchiò di rimando con fare smielato. «Sempre così attivo, allegro, ma soprattutto aperto al dialogo.»

Noah non rispose.

«Dai...Sto scherzando.»

Ancora in silenzio, il ragazzo srotolò le cuffie e le mise alle orecchie, attaccandole al cellulare per poi scegliere una playlist.

«Appunto. – Dave scrollò le spalle, sospirando. – Davvero, non ti capisco. Ma tanto neanche mi starai ascoltando.» infatti Noah richiuse gli occhi, dondolandosi con nonchalance.

Avrebbe voluto entrare nella testa di quel giovane e vedere con i propri occhi cosa diavolo accadesse in quei neuroni quando si attivavano. Aveva avuto a che fare con così tante persone, che conosceva ogni virgola della personalità umana, avendo dovuto rasserenare i civili in pericolo e chiunque necessitasse del suo sostegno, ma un carattere burbero quanto enigmatico non lo aveva mai visto; aveva ventisei anni, eppure non si godeva un attimo della sua vita. Distante e riservato, Noah era la rappresentazione di uno scorbutico che non voleva essere mai disturbato, non solo da lui, essendo il suo coinquilino scassa palle, bensì da tutti, dal mondo; non c'era una volta che lo aveva visto fare conversazione, scherzare, o allontanarsi da quei maledetti videogiochi. Programmava, giocava, mangiava e dormiva – se tutto andava bene e si sentiva ispirato a prendere una cazzo di pausa – dopodiché non c'era nient'altro di Noah Finley; un passatempo diverso, un hobby, uno sport, un'ideologia, una morale, un particolare. Niente. Il solo fatto che esistesse era già un passo avanti per tutti coloro che lo avevano conosciuto, altrimenti sarebbe rimasto un'ombra, isolato in chissà quale angolo sperduto. Preferiva prendere le cuffie e chiudersi in sé stesso in quel modo, anche se qualcuno aveva intenzione di parlargli; i suoi dipendenti, appena si accorgevano delle cuffie alle orecchie, capivano, senza che qualcuno glielo dicesse, che dovevano rimangiarsi quell'atto di intraprendenza e ritornare alle loro faccende, pervasi dal dubbio che speravano lui estinguesse con qualche spiegazione assai lontana. Dave strinse le labbra in una linea sottile, camminando verso il giovane, e tese la mano col fine di liberargli le orecchie da quel motivetto che udì sotto forma di brusio sommesso. Tuttavia si bloccò a pochi centimetri dal filo, fissando il viso definito da quel broncio perenne; a quale scopo poi? Per litigare per l'ennesima volta? Chi era lui per intromettersi nei suoi affari e nei suoi modi di fare eccentrici? Abbassò il braccio, mordendosi l'interno della guancia, e gli diede le spalle; era inutile stare lì a dargli consigli, se veniva respinto ogni fottutissima volta. Se ne sarebbe reso conto da solo, che non avrebbe mai e poi mai potuto continuare in quel modo a quell'età così giovane. Adesso non aveva tempo per incaponirsi in un argomento perso in partenza, aveva una missione da compiere; se Barney era rimasto ancora a Washington, forse in procinto di partire per andare chissà dove, gli avrebbe troncato ogni speranza. Come aveva promesso a Cathy, Nicholas e Trevor meritavano giustizia per essere morti in maniera immorale. Aprì la porta dell'ufficio di Noah e la sbatté con veemenza, con lo scopo di farsi sentire al di là delle cuffie. Il ragazzo, infatti, inclinò il capo in direzione dell'uscita, riaprendo gli occhi.

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