Capitolo 53: Insofferenza

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«Tieni. Appoggialo sulla fronte.»

Gli porse un involucro di ghiaccio istantaneo, mentre si teneva il naso con un panno per pulirlo dai residui di sangue. Noah, dagli occhi chiusi e la testa innalzata sulla spalliera del divano per poggiarvici il retro della nuca, lo accettò e lo posizionò in coincidenza della ferita. Non appena il freddo si disperse sulla sua pelle, mugugnò espirando dal sollievo.

«Ahi. Ahi. Ahi.» borbottò con un sibilo esausto, stringendo gli occhi.

Dave si sedette accanto a lui, curvando la schiena per poggiare i gomiti sulle ginocchia. «Anche i migliori cedono al dolore.» scherzò senza guardarlo, un sorriso divertito sulle sue labbra. «È stata una bella botta.»

Era sera. Uscendo all'aperto sotto la pioggia, non si poteva capire che ore fossero, proprio perché il tempo si era annuvolato maggiormente rispetto a come lo avevano intravisto nei vetri della simil cupola della SIH; la giornata era diventata più uggiosa del previsto, sinonimo che ormai l'estate era finita e l'autunno si stava facendo strada nell'aria da renderla più umida, fredda e... bagnata. Da quando erano stati sedati al momento in cui si erano risvegliati in quello strano ripostiglio, erano passate letteralmente sei ore; includendo tutto ciò cui erano andati incontro in seguito, erano rientrati a casa poco prima delle sei del pomeriggio, e avevano deciso di cambiarsi solamente i vestiti. Erano usciti entrambi parecchio scombussolati e storditi dalle vicende e dalle ferite che avevano subìto, da non potersi propriamente fare una doccia; prima di tutto avrebbero dovuto occuparsi delle brutte contusioni ricevute e ripulirsi piano da tutto il sangue. Quando erano tornati tramite un taxi, il quale autista non aveva fatto domande nel vederli conciati per le feste, soprattutto quando Dave fu costretto ad uscire il distintivo per evidenziare le informazioni riservate che non sarebbero dovute uscire da quelle cinque porte per nessuna ragione, si erano occupati di mettersi più comodi. Il soldato si era messo dei pantaloni da tuta puliti, blu scuro, ed una t-shirt grigia, mentre il ragazzo aveva optato per la solita tuta nera che indossava a casa, con una maglietta bianca che rischiava da un momento all'altro sporcarsi di rosso a causa della lacerazione, seppur poco profonda. Si erano ripuliti dall'eccessiva pioggia, avevano acceso le luci del soggiorno e, nel mentre il giovane era rimasto con la testa rivolta verso l'alto, l'uomo si era promulgato di accendere il camino, ravvivare il fuoco e poi prendere del ghiaccio per quel brutto bernoccolo sulla fronte.

«Fanculo. Almeno ti ho fatto cambiare idea sull'andare dietro quel pazzo. – ringhiò Noah, dai capelli ancora umidicci di pioggia, tanto che erano più mossi del normale. – Se avessi avuto i miei occhiali, avrei agito diversamente.»

Dave tirò su col naso, gli occhi sul panno di un rosso scuro. «La prima cosa che ho visto quando mi hai liberato è stata la tua testa sbattere contro il mobile e gli occhiali volare a terra, rotti a metà.»

«Non è stata così forte...» una fitta lo bloccò, facendolo grugnire «...Sono stati gli occhiali. Con la pressione mi hanno schiacciato il naso.»

«Il bello di avere gli occhiali. Sono una calamita per le botte e gli urti. Ti raccomanderei le lenti a contatto.»

«Col cazzo.»

Il soldato scosse la testa, sbuffando una risatina. «Hai mai pensato di operarti? Quattro gradi per occhio sono pur sempre tanti.»

«Ma che cazzo ti importa? – Noah lo guardò, provò a guardarlo, scoccandogli un'occhiataccia nervosa senza muovere la testa dalla spalliera. – Sono abituato a stare senza occhiali, pur volendo.»

«Eppure è strano, non ti ho mai visto senza, e tu non ami mostrarti privo della montatura addosso. È già una rarità che tu non abbia preso subito il paio di riserva.» gli fece notare, il tono stupito. «Fa uno strano effetto, lo sai? Sembri un'altra persona, completamente.»

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