Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)

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Noah parcheggiò all'altro lato della strada, poiché quella principale era colma di vetture della polizia e dall'ambulanza. Che bel modo di non richiamare l'attenzione del vicinato. Pensò, indossando il cappuccio mentre attraversava la strada; adocchiò la vettura di Dave, sollevando un sopracciglio. Quando si presentò all'entrata dell'hotel non lo vollero far passare. Non gli piaceva farlo, ma fu costretto a tirare fuori il distintivo della CIA che portava nel portafoglio per guadagnarsi il permesso di poter varcare le porte di un lusso a cui lui non era abituato; sebbene la quantità esorbitante di soldi che aveva sul conto, non aveva mai avuto la brillante idea di prendersi una vacanza di lusso dove poter godere di tutti i privilegi che un comune ragazzo della sua età avrebbe sì e no visto da lontano. Non gli interessavano e preferiva spendere i suoi soldi in tutt'altro. Mani in tasca e sguardo chino, si incontrò con la figura di Dave Morrison, davanti all'ascensore, a compiere una chiacchierata con un agente di polizia. Vi erano ancora persone che stavano abbandonando la struttura per isolare il luogo dai civili e intraprendere le indagini; da come si stavano muovendo tutti, in fretta e in furia, travolti dal dinamismo di chi stava lavorando in maniera del tutto improvvisata, intuì che l'omicidio era avvenuto da poco, molto poco. Eppure perché nessuno era stato in grado di fermare il secondo assassino prima che uccidesse Gonzales e andasse via? I camerieri e i presenti non erano stati testimoni dell'avvenimento? Sembrava che li stessero portando via, privandoli di un interrogatorio, come se fossero ignari. Annullò le distanze con il soldato, il quale si accorse della sua presenza con la coda dell'occhio.

«Oh, eccoti qua. Ti stavo aspettando prima di salire sull'attico.» esordì, il tono abbastanza nervoso e impaziente.

«Ho fatto più in fretta che potevo. Non abitiamo di certo a due passi da Downtown da arrivarci in soli dieci minuti.» si giustificò Noah, il tono basso e appena udibile.

«Lo so. Non preoccuparti. – disse distrattamente Dave, gli occhi sull'ascensore – Andiamo, muoviamoci. La squadra di investigatori non vuole toccare la scena per lasciare fare a noi.»

Noah annuì, seguendolo dentro le porte scorrevoli. Il soldato premette il pulsante, avviando la salita.

«Cosa ti hanno detto?» il ragazzo osservò i numeri illuminarsi ad ogni piano raggiunto: l'attico era situato al ventesimo.

«Un signore del palazzo accanto era affacciato per prendere una boccata d'aria, al balcone del suo appartamento.» Dave si strofinava le mani in continuazione, travolto da una valanga di pensieri. «Ha visto un uomo alzarsi in piedi, tirare fuori una pistola e sparare a quello che in teoria sarebbe dovuto essere Gonzales. Ha subito chiamato la polizia. Quando hanno riconosciuto il volto della vittima, hanno contattato l'ispettore Wright, il quale mi ha contattato a sua volta. Non so nient'altro.»

Noah corrugò la fronte. «Un uomo che uccide Gonzales...subito dopo che noi scopriamo dove si trova.»

«We got caught

«You got caught.»

Dave si voltò verso di lui. «Io? Se non sbaglio siamo andati insieme a raccogliere informazioni.»

«E chi è andato al nascondiglio? Io non di certo.» ribatté annoiato il giovane, sollevando il mento con aria arrogante.

Adesso i due erano faccia a faccia ad affrontarsi.

«La zona era libera. Non c'era nessuno nei paraggi.»

«Non credo che chi abbia voglia di pedinarti o di tenere sott'occhio un magazzino precedentemente abitato da un mercenario si faccia vedere apertamente per accoglierti con un sorriso.»

«Cristo Santo, Noah! Vuoi buttarmi addosso il peso della responsabilità solo perché non sei venuto con me? – Dave scrollò la testa, esasperato. – Il caso è di entrambi, ficcatelo bene in testa: se sbaglia uno, sbaglia anche l'altro.»

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