Capitolo 74: L'inizio

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Dea-Ho Kang tremava.
Tremava di paura.
Non aveva idea di come fosse finito in quella situazione, ma la sua vita era ormai segnata da una fine che sarebbe stata imminente o prossima. Nei suoi trent'anni era sempre stato convinto che avrebbe compiuto grandi cose per la Corea del Nord, che il suo Dio e unico Sovrano sarebbe stato fiero del contributo che avrebbe donato alla sua patria. Aveva studiato duramente per arrivare fin lì, adocchiando qualunque risorsa estera che avesse potuto aumentare la supremazia dei socialisti in giro per il mondo, spie occidentali che non avrebbero dato nell'occhio come avrebbero potuto farlo loro con i tratti orientali che purtroppo li rendeva facilmente sul filo del rasoio e dubitabili. Eppure era caduto in una trappola così ingegnosa e priva di uscite che, in quei giorni di prigionia in una stanza asettica ad una sola uscita – dove aveva ricevuto cibo e nient'altro – aveva pensato davvero di farla finita; i suoi rapitori, però, non erano stupidi. Tutto ciò che gli era stato consegnato da mangiare lo aveva consumato con le mani; niente posate, niente vestiti, niente lacci, nessun oggetto che avesse potuto fargli compiere un gesto codardo quanto utile per la sua terra. In ogni caso, per la Corea del Nord era sparito, giusto? Oramai era stato dichiarato come bersaglio eliminabile per evitare che informazioni preziose arrivassero nelle mani sudice e corrotte degli avversari. 

Avrebbe voluto facilitare l'operato dei suoi coetanei, eppure non ne ebbe le forze. Per quanto avesse avuto l'opportunità di soffocarsi con il cibo o di fare la fame e la sete fino a morire disidratato, il suo corpo si era rifiutato di cooperare e si era ritrovato ad assecondare i due rapitori, mangiando, bevendo, dormendo, piangendo ogni notte per gli stupidi errori che gli avevano fatto patire un'umiliazione tale da essere deriso addirittura dal nemico, da quelle persone che non erano americane e devote al loro Presidente, bensì mercenari; era stato catturato da un branco di uomini diversi fra di loro che operavano per dei russi, i quali volevano usarlo come esca per entrare da qualche parte. Chi diamine erano, non ne aveva la più pallida idea. Non conosceva il mondo esterno alla Corea del Nord, non aveva mai varcato il confine sino a quel giorno in cui aveva stipulato l'incontro a Nizza, dopo che i piani alti gli aveva concesso l'espatrio per completare la sua missione. 

Si era accertato che quell'Albert Blake fosse affidabile, invece era stato preso in giro, abbindolato da parole fanatiche che l'avevano condotto sino alla tana del lupo. Da predatore, si era trasformato in una povera pecorella smarrita che stava lavorando per qualcuno di cui non conosceva nemmeno il nome. Ogni notte aveva pregato che qualcuno lo uccidesse nel sonno, privato da qualunque sofferenza. Era solo una vittima inutile che aveva fallito il suo scopo e che non aveva più motivo di rimanere in vita; eppure non era in grado di accettare quel destino.
Era troppo presto per morire. Troppo presto per andare via.

Tuttavia una notte aveva raggiunto l'apice della pazzia.

La sua famiglia stava bene? Sua moglie e sua figlia se la sarebbero cavata senza di lui? Domande che non erano più uscite dalla sua testa e lo avevano indotto a girare in tondo per la stanza, pervaso dall'ansia e dalle paranoie. Non potevano essere uccise se lui... No. Essendo sparito dai radar nordcoreani, era diventato ufficiosamente un traditore che doveva essere spazzato via, e con egli anche la sua famiglia, diventata all'unanimità complice del suo operato; quando si era unito al Governo aveva firmato un contratto che aveva segnato non solo la sua, ma anche le vite delle donne più importanti della sua intera esistenza. Allora, se erano già passate due settimane, significava che loro erano morte, giustiziate per i suoi, di peccati. E con quei pensieri quella notte aveva urlato; aveva urlato così forte che un uomo di quel russo dal volto bruciato era entrato irritato nella stanza e lo aveva sedato. Dea-Ho aveva creduto che finalmente sarebbe morto, indolore. Ma il mattino seguente la luce l'aveva accolto nuovamente in quella stanza.
Si era sentito impazzire, finché non si era arreso e aveva preso la scelta di sottomettersi a quei due, volendo fare qualunque cosa gli avessero riservato, il motivo per il quale era stato scelto. Gli avevano detto di pazientare, che un giorno sarebbe uscito da quella stanza.

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now