Chi di modo di dire ferisce di modo di dire perisce.

«Vado. Sto morendo di caldo e ho paura della figlia della vicina».

«Ti guarda ancora male?».

«È ferma davanti la mia macchina e la sua espressione è anche più minacciosa di quella a cui ha destinato barbie. Potrebbero spuntarle le corna da un momento all'altro».

«Allora corri al riparo e, mi raccomando, se ti chiede di seguirla tu scappa».

Risi e attaccai. Poi, scesi dalla macchina alla svelta cercando di non guardarla neanche per sbaglio.

Pescai le chiavi dalla borsa e, quando aprii la porta, mi sentii subito al sicuro. La richiusi alla svelta e mi avvicinai alla finestra con l'intento di sbirciare se la pargola indemoniata fosse ancora ferma di fronte alla mia macchina ma un profumo di buono si insinuò su per il mio naso bloccando la mano ancor prima che potesse scostare le tende.

C'era qualcuno in casa e i rumori che provenivano dalla cucina me lo confermarono.

Più confusa che mai mi diressi in cucina e la scena che mi si presentò davanti fu uno shock, uno di quelli in grado di traumatizzarti e bloccarti la crescita: Ollie era in piedi davanti ai fornelli a trafficare con quelle che avevano tutto l'aspetto di essere delle padelle.

Le braccia si fecero pesanti e ricaddero allibite lungo i fianchi.

«Cosa stai facendo?».

«La cena». Rispose Ollie, continuando a darmi le spalle.

«Ah». Fu tutto quello che riuscii a dire.

«Hai già mangiato?».

«No». Mi affrettai a rispondere e poi mi avvicinai.

La versione di Ollie intenta a cucinare ai fornelli era anche più sexy di quella intenta a fare qualsiasi altra attività...

Mi imbambolai a fissare i toast che abbrustolivano nella padella e lui lo notò, ovviamente.

«Ti piacciono?».

Sentii i miei occhi strabuzzare. «Hai preparato la cena anche per me?». Domandai scioccata.

«Io devo mangiare, tu devi mangiare. Nel frigo c'è anche quell'erba fresca che ti piace tanto».

Non riuscii a reprimere un sorriso perché solo ieri avevo finito l'ultima busta di insalata ed ero strasicura di non averla ricomprata.

Ollie si fermò con la spatola da cucina a mezz'aria per intercettare il mio sguardo ancora visibilmente confuso ma estremamente sorridente.

«Cosa c'è adesso?».

«Niente! Vado a lavarmi le mani e arrivo».

Corsi su per le scale certa che, tornata al piano di sotto, avrei dovuto fare i conti con l'amara consapevolezza che l'esperienza mistica di cui ero appena stata protagonista fosse solo frutto della mia immaginazione contorta.

Ne ero più che certa.

Così, dopo aver lavato le mani alla velocità della luce, decisi di scendere le scale lentamente per immergermi nel modo meno traumatico possibile nel lago di delusione che mi avrebbe inghiottito.

Forse, la figlia della vicina mi aveva rapito, drogato e quindi stavo immaginando tutto legata alle sbarre di un letto nel seminterrato di casa sua.

Ma dovetti affrontare la realtà dei fatti, una realtà che mi stava piacendo molto più della focaccia pugliese che mi preparava nonna da portare come merenda a scuola: Ollie era per davvero in cucina e per davvero aveva preparato la cena anche per me.

Come le ali di una farfallaWhere stories live. Discover now