«Descrivetemi!». Ordinai loro.

Dopo essersi grattata la testa, Shinhai fece un bel respiro. «Il tuo occhio sinistro sembra imploso. La tua iride grigia naviga in un mare di rosso. Sembra un girone infernale dantesco. Hai una specie di maschera, che in confronto quella di Ferro sembra l'accessorio ideale per andare a fare una passeggiata per i giardini regali di Versailles. Un tubo che drena il sangue ti esce dall'angolo...». Si interruppe non più convinta di quel racconto dell'orrore.

«Continua». Sussurrai sotto shock.

«Abbiamo sentito che ti si è staccata la pelle intorno all'occhio. Quindi sotto questa...». Mi indicò non sapendo come chiamare l'oscenità che avevo in volto. «Hai la medicazione per risanare tutti gli strati di pelle che hai perso».

«M-ma hai detto che non è grave come sembra. Giusto?». Balbettò Davis nel disperato tentativo di mettere una toppa sopra il buco dell'Ozono.

«Al momento non vedo da quest'occhio». Mi indicai l'occhio sinistro con l'indice tremante. «E dall'altro vedo sfocato, a tratti. Ma Doc dice che dovrei tornare a vedere...».

«Dovresti?». Shinhai mi interruppe e sollevò il sopracciglio destro così tanto da formare un angolo di quarantacinque gradi.

«Cavolo, Emma». Sospirò Davis. «Ecco quello che succede quando cerchi di parlare con il ragazzo che ti piace».

Con la poca forza che mi era rimasta, diedi un colpetto al braccio di Davis. «Shhh! Sei pazzo? I miei sono qua fuori».

Shinhai iniziò a scuotere la testa. «Sapevo che dovevo dare retta al delfino gravido e incazzato e non farti andare a quella maledetta festa. La prossima volta ti incateno con le manette, porca put...».

L'imprecazione della mia amica fu interrotta dall'entrata dei miei. Avevano una faccia appesa, degna di quella che tutti noi faremo al funerale di Johnny Deep.

Per quanto la situazione era grave, Shinhai non sorrise come una quattordicenne in piena tempesta ormonale quando vide mio padre.

«Come stai, ranocchia?». Mi domandò mio padre dopo essersi piazzato accanto a me, mentre mia madre continuava a sclerare circondata da Doc Simons e altri medici.

Li sentivo parlare di nervo ottico, bendaggi e tante altre parole che non avevo voglia di sentire.

«Bene». Mentii. Mio padre aveva l'aria stanca e io non me la sentivo di aggravare la situazione dicendo la verità. «Dovete dare un tranquillamente a mamma».

«Anche due». Convenne lui mentre mi stringeva la mano tra le sue.

Cercai di sorridere come meglio potevo, ma ogni tentativo morì sulle labbra non appena vidi il suo viso.

«Oh, mio dio». Fu tutto quello che riuscii a sibilare.

Al sussurro delle mie parole, tutti si voltarono verso Ollie che era appena entrato nella stanza con Penelope accanto.

Entrambi, sotto gli sguardi inquisitori e confusi di tutti, si piazzarono ai piedi del mio letto.

Ollie si passò una mano tra i capelli mentre mi osservava con sguardo vacuo.

Era finita nel mio peggior incubo: la seconda volta che gli occhi di Ollie si posavano su di me, io ero stesa su un letto di ospedale con l'occhio esploso e le sembianze di un sottoprodotto demoniaco.

Penelope indicò la mia faccia tumefatta. Sembrava essere sotto shock più di me. «Quello è colpa di mio fratello?». Domandò con voce tremante.

L'incubo si era appena aggravato.

Sentii il ringhio di mia madre levarsi e tramortire tutti i presenti nella stanza. «Questo è il ragazzo che ti ha dato un pugno?». Urlò e non mi diede possibilità di rispondere perché si voltò minacciosa verso Ollie. «Hai due secondi per sparire dalla mia vista prima che te lo dia io un pugno».

Come le ali di una farfallaWhere stories live. Discover now