🍯36 - SENZA PROTEZIONI

243 26 20
                                    

La vita umana è breve,
ma io vorrei vivere sempre
[Yukio Mishima]

Due settimane dopo

POV Margot

Per tutta la vita ho udito voci porsi quesiti sulla morte.

Nel corso dei lutti – dai miei genitori biologici a Seva – mi sono posta la stessa domanda di Giobbe: "Se l'uomo muore, può egli tornare in vita?". Linda e Fabio hanno sempre gonfiato i petti ed esclamato "Sì!". In risposta a una tale domanda, coloro che affrontano la vita senza Dio, invece, barcamenano tra diverse opinioni.

E io?

Da che parte sto?

Ho sempre considerato l'Uomo con la falce mio nemico. La mia nemesi. Così subdolo e crudele da avercela con me semplicemente perché respiro. Una come me non avrebbe dovuto essere salvata dalle mani di un angelo come Bob. L'ho pensato spesso dopo la morte di Abigail e Lucas.

Lungo la mia esistenza, mi sono sentita orfana così tante volte; sia come figlia che come nipote e amica. Credevo di esserci abituata.

Stronzate.

Indipendentemente dalle varie credenze sulla vita dopo la morte, la perdita di una persona cara porta vuoto, tristezza e dolore. Un senso di impotenza inspiegabile. Sono i modi di affrontare l'angoscia che cambiano: taluni trovano conforto nelle credenze religiose, talaltri vedono la morte come un'assenza totale di esistenza e altri ancora onorano la memoria del defunto cercando di vivere il presente al meglio.

Nessuna delle prospettive è giusta o sbagliata. Ciascuno di noi ha il diritto di sentirsi liberamente di merda dopo un lutto. L'importante è trovare modi sani per elaborarlo. E prima della perdita di Bob Nelson, l'uomo a cui devo la mia sopravvivenza, non sono riuscita a farlo.

Solo adesso me ne rendo conto.

"Un prezioso e crudele promemoria dell'importanza di vivere il presente con soddisfazione e significato." Questo dovrebbe essere il pensiero che nasce dopo un lutto. Queste le parole di Ashon durante l'elogio a suo padre, avvenuto due giorni dopo il decesso.

Per onorare i suoi voleri, la famiglia di Bob ha accolto la cremazione come metodo di sepoltura, organizzando una celebrazione post-funerale alla quale io e Travor abbiamo partecipato attivamente.

Per ringraziare il chitarrista dell'ospitalità a casa sua, mi sono offerta di cucinare per lui ogni sera  fino a quando non ho ricevuto le chiavi del monolocale preso in affitto in centro Manhattan. Emma e Benjamin sono persone carinissime, e non nego che un senso di nostalgia per quei due bigotti torinesi è sbocciata dentro di me più del dovuto.

Le visite alla sede della Pink Cabossa si sono intervallate a quelle in ospedale per gioire dei progressi di Joshua. Cerca in tutti i modi di fare qualcosa, ma il tempo e la noia sono diventati la sua nemesi. Legge, guarda fuori dalla finestra, comunica al cellulare e quando vado a trovarlo ci baciamo e scopiamo di nascosto nel piccolo bagno dentro la stanza fino a quando i nostri corpi non chiedono tregua.

Il rapporto tra lui e Travor non è migliorato granché, ma si sforzano di mantenere un livello di sopportazione reciproca solo per farmi contenta. Sarebbe impossibile chiedere loro di diventare amici. Se una cosa è contronatura non può essere altrimenti. E la loro amicizia sarebbe pura incoerenza.

A poche ore dalla cerimonia di inaugurazione della filiale Pink Cabossa NY, sto uscendo di casa per accogliere Nicholas, Giacomo, Sebastiano e Anna in aeroporto. Aver ricevuto, una settimana fa, la notizia che la mia collega era riuscita a recuperare un volo per assistere all'evento - e sostenere sia me che Josh in questo delicato momento - è stato gratificante. La sua permanenza a Manhattan si protrarrà per una decina di giorni; basteranno ad alleggerire lo stress.

IDROMELE A MEZZANOTTEWhere stories live. Discover now