🍯 6 - DO NOT DISTURB

280 31 61
                                    

POV Margot

Che cosa ci sia di intrigante sul mio tavolo, lo sa solo l'uomo della stanza sessantanove. È talmente stregato da non accorgersi che ho smesso di scrivere al cellulare per guardarlo. Forse si è pentito di non aver preso nulla di dolce dal buffet e sta pensando di copiarmi. Personalmente, l'unica cosa che potrei rubare dal suo piatto è quella mela rossa.

Mantenere lo sguardo fisso su ciò che sto mangiando è strano e sta diventando scomodo. Perciò muovo la mano per infilare l'anulare all'interno del manico della tazza e gustare così il cappuccino. Ecco, Joshua ha sbattuto le palpebre, e ora i suoi occhi puntano in basso sul panino farcito con pomodoro e formaggio che ha in mano da ormai cinque minuti.

In orfanotrofio, era l'alimento preferito delle suore; quello che con tutte loro stesse adoravano farci mangiare a forza. A distanza di quattordici anni, il formaggio mi disgusta come poco altro. Ciò che veniva invece razionato erano i dolciumi. Torte, brioches, merendine - ma anche del semplice pane con marmellata - erano una rarità. Per questo mi ero affezionata al custode; lui mi cedeva sempre parte dei suoi cioccolatini. A pensarci meglio, non ero l'unica a cui li regalava. C'era quel ragazzino smilzo di cui non ricordo il nome. Chissà se alla fine è stato adottato?

Con la tazza vuota nella mano destra e il labbro superiore sporco di schiuma, termino di comporre il messaggio del buongiorno a mia madre. Mi pulisco poi la bocca con un lembo del tovagliolo, e torno a mangiare.

Terminata la colazione, recupero cappotto e borsa tracolla dallo schienale della sedia. Esco dalla stanza non prima aver lanciato una repentina occhiata a Joshua Neviani; anche lui ha finito di mangiare, ma non sembra avere alcuna intenzione di muoversi dal tavolo.

«Okay, è ora di iniziare a fare quello per cui sono qui.» Estraggo il cellulare. «Il primo negozio della lista di Giacomo si chiama Kee's Chocolates. Uhm...Fammi vedere dove cavolo è...» Interrogo la mappa digitale. «Nella Columbus Ave, a ovest di Central Park. Bene, è vicino.» Sospiro, e con lo stomaco appesantito mi dirigo a destinazione.

Saltando il pranzo, riesco a visitare altre due cioccolaterie prima di fare ritorno in hotel. Varco la soglia dell'edificio con l'insulina che pulsa nelle tempie. Avanti di questo passo, tornerò in Italia accompagnata da tremende carie e chili di troppo.

Nel salire le scale avverto il bisogno di ingurgitare qualcosa di amaro. Il sapore di zucchero è quasi nauseabondo adesso. Ferma ai piedi della stanza, mi fermo a rovistare dentro la borsa nella speranza di scovare fortuitamente qualcosa in grado di placare la malta dolciastra che mi impasta la bocca.

Con mancato preavviso, la porta della camera sessantanove si apre. Istantaneo il movimento dei miei occhi verso destra. Vedendo una signora di mezza età uscire dalla stanza arriccio il labbro. Cappotto appeso al braccio e il manico della borsa cucita a uncinetto sorretta da mani impreziosite da anelli. «Grazie. A più tardi» congeda la signora, assottigliando ancor più le labbra inesistenti per formare un sorriso.

Joshua si posiziona al confine tra corridoio e stanza, appoggiando la schiena allo stipite della porta con addosso una maglietta a maniche lunghe e dei pantaloni cargo. «Grazie a lei, Victoria» ricambia con lo sguardo soddisfatto di chi ha fatto il proprio dovere.

«Oh, ma dai. Ti ho già detto di non usare la locuzione in terza persona con me» lo ammonisce, mantenendo una timidezza insolita. Quasi provasse soggezione nell'essere davanti a lui.

Sposto lo sguardo su Joshua. Un lampo scarlatto gli attraversa le pupille, infiammando le iridi color cioccolato. E capisco. Capisco quanto sia consapevole del fascino non ostentato che possiede. Naturalmente e magneticamente attraente con quell'alone di mistero che lo accarezza da capo a piedi.

IDROMELE A MEZZANOTTEWhere stories live. Discover now