🍯 3 - PORTE IN FACCIA

314 36 58
                                    

Per un istante
le nostre vite si sono incontrate...
le nostre anime si sono sfiorate.

[Oscar Wilde]

7 giorni dopo
POV Joshua

Se c'è una cosa che mi fa aborrire dei viaggi in aereo, è la sensazione claustrofobica che si genera nei minuti poco prima di uscire dall'aereo. Costretti nell'angusto corridoio, le persone perdono in un batter d'occhio la quiete mantenuta durante il volo. I peggiori sono i "Non ti curar di loro", ovvero quelli che esigono di recuperare il proprio bagaglio dalla cappelliera senza prestare attenzione a chi hanno intorno.

Mi approprio della Rimowa in scintillante acciaio, e poco prima di uscire dal velivolo faccio l'occhiolino all'hostess carina. Dacché sono salito, non è trascorso minuto senza scoccarmi sguardi languidi o accenni provocatori con ogni parte del corpo.

Con passo svelto, attraverso a questo punto il corridoio per sfociare oltre l'aeroporto. Mi avvolgo la sciarpa attorno al collo, percependo i 5°C esterni come minacciosi aghi sulla gola. Estraggo poi il cellulare dalla tasca, e cerco il nome del mio migliore amico in rubrica. Dopo aver portato l'apparecchio elettronico all'orecchio, inizio a guardarmi attorno. «Hey, fratello. Sono uscito ora. Dove sei?» Ad attendere il mio arrivo fuori dalla struttura, ci dovrebbe infatti essere Ron Billson. Tuttavia, non lo vedo.

«Ciao, finalmente sei atterrato. Ti sembrerà assurdo, ma sono proprio davanti ai tuoi occhi.» Lo sento ridere alla mia cecità improvvisa. Sposto la testa e lo sguardo fin quando lo vedo scendere dalla sua auto, parcheggiata nel lato della carreggiata opposta. «Recuperato la vista?» Chiede, ironico, agitando il braccio.

Imito il suo movimento, terminando contemporaneamente la chiamata e ripongo infine lo smartphone nella tasca. Ron rimane nei pressi della vettura mentre attraverso la strada per raggiungerlo. Appena siamo a un metro l'uno dall'altro, mi accorgo che si è rasato i capelli. Abbandono il bagaglio e ci uniamo in un abbraccio.

«Quanto tempo è passato?» Interroga lui, avvinghiato a me.

Sorrido, sentendo il suo profumo muschiato salirmi alle narici. Nostalgia e gioia si addensano dentro di me. «Quattro mesi, fratello.» Ci stacchiamo solo per poterci vedere di nuovo negli occhi. «Ma dopo un'ora e mezza di volo sono di nuovo a casa.»

«Sbagliato!» Ammonisce il ragazzo, superandomi per avvicinarsi al portabagagli. «Casa tua si trova a Toronto, Manhattan è invece il tuo rifugio. Qui è dove puoi essere Joshua Neviani per davvero. Impara a chiamare le cose col loro nome, okay?»

Ron ha ragione. New York occupa un posto nel mio cuore che nessun'altro luogo potrà mai occupare.

«Se non fosse ancora proprietà di quella carogna, darei fuoco a quella fottuta casa» affermo, a denti stretti, mentre il mio amico carica la valigia in auto. Il bagagliaio viene chiuso con un tonfo; dopodiché, seguo Ron dentro. «Se trovo la forza di andare ancora a Toronto è per mio zio. Il resto della mia vita lì è un agglomerato catramoso di violenza, rabbia e morte» concludo, allacciandomi la cintura.

«Grazie a Dio quei tempi sono finiti. Con la causa di tutti i mali in prigione, rimuginare sul tuo torbido passato è soltanto nocivo.» Ron posiziona le mani sul volante e il piede sull'acceleratore. «Ma parliamo di Roma... Ci sei stato per due settimane! Fortunato te. Com'è?»

«Il cibo è una bomba. Ho mangiato la Carbonara più buona di sempre. Per non parlare del valore artistico e storico di quella città. Anche se ci sono stato a luglio, ho già voglia di ritornarci» confesso. Lungo il tragitto dall'aeroporto all'abitazione di Ron, gli racconto della mia vacanza in Italia e lui mi aggiorna sugli avvenimenti accaduti in mia assenza. Al termine di questo scambio di informazioni, l'auto viene parcheggiata.

IDROMELE A MEZZANOTTEWhere stories live. Discover now