5. Ardesia (Geto)

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Secondo giorno all'inferno e grazie al cielo LUI non è ancora arrivato in aula. Dopo lo scherzo di eri sera non ho proprio voglia di vederlo, purtroppo non ho scelta.

Appoggio lo zaino a terra con la stessa grazia con cui i camion ribaltano la ghiaia, recupero il libro e mi immergo nella lettura annullando il mondo intorno a me. Ho scelto un pessimo autore, non fa altro che riportarmi alla mente lui. Non riesco a concentrarmi, chiudo il libro nell'esatto momento in cui Gojo fa il suo ingresso in aula.

Si avvicina al banco, non alzo gli occhi dalla copertina del libro.

«Ciao»

Lo ignoro.

«Sei arrabbiato?»

Non rispondo.

«Hai per caso fatto il voto del silenzio?» si volta dandomi le spalle e inarca la schiena fino a portare la sua testaccia sotto il mio naso. Indietreggio di colpo.

«Cosa vuoi da me?» rispondo stizzito e gli tolgo il libro da sotto la testa, la sua zucca sbatte rumorosamente sul banco. Si rialza da quella posa assurda da maestro yoga massaggiandosi la nuca. Si siede al banco accanto al mio e mi fissa, o almeno credo visto che indossa sempre gli occhiali da sole.

«Essere tuo amico»

Sento la rabbia ribollire in me «No. Gli amici non cercano di distruggere la porta di camera tua in piena notte e non si inventano Presenze per prenderti in giro. Sei solamente un ragazzino abituato ad avere l'attenzione di tutti e non accetti il fatto che a me, di te, non interessa. Non ti basta essere considerato il bambino che tutti aspettavano da secoli? Sei al centro dell'intero mondo degli Stregoni, non è sufficiente? Sei così annoiato da dover infastidire anche me?» picchio la mano sul banco provocando un rumore sordo che però continua con un boato. Rimango stupito a fissare la mia mano prima di comprendere che il suono proveniva dall'aula accanto.

Ci alziamo di scatto entrambi e corriamo a vedere.

La lavagna dell'altra aula si è staccata dalla parete ed è caduta sulla scrivania. Ovunque ci sono pezzi di legno e ardesia.

«Che scempio!» il professore Yaga appare alle nostre spalle.

«Non siamo stati noi!» esclamiamo in coro.

Il prof appoggia una mano sulla mia spalla e una su quella di Gojo «Lo spero bene. Su su ora in classe che inizia la lezione. Queste sono cose che possono capitare»

Ritorniamo in aula e ci sediamo ai nostri posti, il prof inizia a scrivere alla lavagna un esercizio di matematica.

«Non sei stato tu vero? Non hai la telecinesi?» sussurra Gojo per non farsi sentire.

«Ma ti pare?» rispondo seccato.

«Silenzio!» il prof si volta e punta il gessetto contro Gojo «Non vedo il tuo libro sul tavolo, stai battendo la fiacca per caso?»

«No signore, rimedio subito» risponde lui mentre prende il libro dallo zaino.

Inizio a ricopiare l'esercizio sul mio quaderno e già mi domando come farò a risolverlo.

Un foglio di carta spiegazzato rimbalza sulla biro. Alzo lo sguardo e fulmino Gojo. Lui mima l'apertura del biglietto. Lo ignoro. Un'altra pallina di carta rimbalza sul banco. Continuo a scrivere. La terza finisce sulla mia testa e senza guardalo alzo il dito medio. Lo sento sogghignare.

«Allora la finite voi due? Pensate che non vi veda?» il prof Yaga alza lo sguardo dal giornale che sta leggendo.

«Colpa mia» alza le mani in segno di resa Gojo

«Non avevo dubbi» risponde lui «Visto che ti annoi tanto perché non vai in cortile ad allenarti a fermare il volo dei calabroni senza ucciderli?»

Gojo abbassa il capo «Non è un esercizio piacevole, non sono ancora così bravo e alcuni muoiono»

Non è spavaldo come al solito, il suo portamento è improvvisamente mutato: le spalle si sono incurvate e non alza lo sguardo verso il suo interlocutore.

«Cerca di non farli morire» il prof gli indica la porta.

Gojo si alza lentamente ed esce dall'aula senza rivolgermi uno sguardo.

Torno al mio esercizio. Ci provo a mettere insieme i numeri e le formule ma proprio non riesco a concentrarmi, non faccio altro che pensare a come era abbattuto quando è uscito dall'aula. Il prof è assorto nello svolgimento di un sudoku. Prendo la prima pallina di carta e la apro: "mi dispiace per ieri sera ma credimi non sono stato io"

Sospiro e sbircio il prof: è ancora distratto. Apro la seconda "non ho scelto io di nascere così" una fitta la cuore. Sono stato crudele prima, volevo ferirlo e ho scelto le parole peggiori. So bene cosa significa nascere Stregone in una famiglia di Stregoni, le aspettative degli adulti sul tuo futuro e le doti paranormali. L'infanzia negata perché devi allenarti, il nome della famiglia è tutto e devi portargli rispetto e devi onorarli. Devi devi devi devi.

Apro il terzo bigliettino: "Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo"*

Non riesco a distogliere lo sguardo dal biglietto, mi sento uno schifo per averlo trattato così male. Qualcosa mi pizzica la guancia, passo la mano per scacciarla e mi accorgo che è una lacrima.

Lo sapevo. Sapevo che Gojo mi avrebbe creato solo problemi. Non dovevo avvicinarmi a lui perché una volta assorbiti dal suo magnetismo è impossibile fuggire.


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*Il Piccolo Principe - Antoine de Saint-Exupéry

L'ombra (SatoSugu - Jujutsu kaisen)Where stories live. Discover now