III Capitolo - Pensieri Intrusivi

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Suona la sveglia. E' ora di alzarsi. Guardo il soffitto e intanto, con ancora la mascherina per la notte addosso, cerco di raggiungere con il braccio la sveglia che attanaglia le orecchie stridolando. Non riesco, mi tolgo la mascherina, è dall'altro lato del letto. Spengo la sveglia, capisco di essere fuori fase, quando poggio i piedi per terra sento un pugnale di dolore trafiggermi. Il piede di ieri non è ancora guarito. Rusco mi guarda con fare indispettito, vuole mangiare, come biasimarlo.
"adesso arrivo" gli dico.
Infilo le pantofole e mi metto la vestaglia, almeno non perdo più sangue, sarà pure estate ma qui fa sempre freddo. Cammino ciondolando a destra e sinistra come uno zombie, arrivo alla porta di camera mia, poggio la testa contro il legno, mi sento distrutto e lancio uno sguardo alla consolle da trucco che si trova a sinistra del letto, consolle di La Redoute, un marchi di design francese, e mi specchio.
"sto proprio uno schifo"
Apro la porta e mi ritrovo nel mio caro corridoio, mi fermo un secondo per osservare la sua fine che ha un delizioso scorcio sugli alberi del giardino, vetrata soffito-pavimento, proprio come volevo. Cammino fino alle scale e mi poggio un attimo alla ringhiera prima di iniziare la discesa, le scale curvano attorno al giardino bioclimatico con le piante orientali che ho fatto costruire in casa, un'altro dei miei grandi successi, nonostante sia solo un vascone di legno d'ulivo riciclato con un meccanismo di drenaggio in ciottoli e acciaio inossidabile... "come dicevano sempre i prof, l'importante è sapersi vendere"
Arrivo al piano terra, dopo una scalinata da vero film Disney e comunque mi sento strano, e no non è solo per il piede che continua a farmi male, anzi forse dovrei chiamare qualcuno, ma è qualco'altro. "sento di essermi dimenticato qualcosa"
Non ci penso e mi dirigo verso la cucina. Apro lo sportello più alto sopra al frigo XXL della Smeg dove tengo il cibo per i gatti. In tutto ciò Rusco mi ha seguito come un segugio, mentre l'altra se ne sta in panciolle a giocare con i topi meccanici. Verso la quantità di cibo un po' ad occhio, non mi interssa se ingrassano, tanto sono gatti casalinghi... Poggio il cibo sulla penisola e vado al frigo a prendere lo yogurt e i cereali dalla dispensa. Mi siedo per godermi la vista del fiordo e intanto faccio colazione... Rimango sovra pensiero per un po'...
"e se mi buttassi?"
No che sciocchezza è mai questa... Però...
Cammino, tenendo in una mano la ciotola e nell'altra il cucchiaio, verso la porta del terrazzo. Apro. La brezza del mattino fa' i complimenti all'alba, il rosa del sole misto arancio pompelmo si specchia nel mare, come può qualcuno essere infelice con tutto questo? Eppure eccoci qui.
Apro le braccia come Rose sul Titanic, ma non c'è un Jack a tenermi al sicuro... Mi avvicino alla sporgenza della ringhiera e la vestaglia si slaccia da sola muovendosi nel vento come il drappo bianco di un'armata che si arrende. Mi sento leggero, potrei anche volare, mi sporgo con la testa sullo strapiombo sotto casa mia e in un secondo...
Suonano alla porta.
Sobbalzo, e mi volto indietro verso l'interno della casa, squadrando in lontananza la porta di ingresso sulla parete di mogano scuro. Suonano di nuovo, molto più insistenti. Aggrotto le sopracciglia, mi richiudo la vestaglia, poggio la ciotola sul tavolo e mi dirigo rapidamente alla porta.
"chi é a quest'ora? saranno le 5 del mattino"
Mentre cammino suonano ancora, e ancora ed ancora!
"ARRIVO! maledizione ma chi è che-"
Apro la porta di scatto. Un ragazzino pallido e agghindato come uno scolaretto mi si ritrova davanti. Non sembra locale ha un'aspetto... Esotico? Mi guarda con aria terrorrizzata e fatica a parlare, balbuzia e non si capisce cosa stia dicendo.
"aspetta ragazzino, entra un attimo si muore di freddo! Avanti."
Mi faccio da parte sull'uscio della porta e con la mano indico l'ingresso.
"grazie signor Ettore"
Mi fa' velocemente. Alché mi riprendo un attimo e noto una vaga somiglianza, qualcuno che ho già visto, ma non ricordo chi... E poi mi accorgo che... Mi ha chiamato per nome?

La vita di EttoreWhere stories live. Discover now