II Capitolo - Cocci Rotti

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Camminando assorto verso lo schermo della televisione, come fossi in stato dissociativo, ho pestato con il piede uno dei cocci di ceramica della tazza frantumata per terra. Il dolore mi ha fatto saltare su me stesso e, per fortuna, mi ha riportato alla realtà.
Rusco, uno dei miei gatti, é salito sulla penisola della cucina. Con la zampetta mi tasta la spalla, é ora di cena. Neanche mi ero accorto che erano già le 21:00... Il tempo passa in maniera strana qui al nord Europa.
Ho alzato il piede e con le mani ho girato il palmo della pianta verso di me per vedere se mi sono ferito.
"Eh... Sì. Quello é decisamente sangue"
Prima di dare da mangiare ai gatti sarà il caso di rimediare a questa cosa. Rimanendo in equilibrio sul piede sano ho cercato di recuperare i frammenti più grandi, al resto ci penserò domani. Zoppicante, poggiando solo il tallone del piede incriminato, mi sono diretto in bagno dove tengo il kit di automedicazione. Con un cotone imbevuto di Betadine pulisco con cautela intorno alla ferita, stando attento a togliere i vari frammenti e tamponando la superficie piano paino... Brucia. In quel momento realizzo...
"Delia..."
Come d'un tratto il dolore non è più importante. Mi alzo di soprassalto e corro in salotto, la TV é ancora accesa sul canale delle notizie.
"Delia Roccaforte e suo fratello Thomas sono ora trattenuti all'ambasciata italiana a Mosca. Mentre sono sotto tutela delle forze dell'ordine, aspettano il verdetto della loro sentenza, i pronostici non sono dei migliori..."
Turbamento.
Sento il sangue zampillare, scorrere e bagnarmi la pianta del piede. Sento la capillarità del cruore inerpicarsi tra le dita. Si dilata sulla superficie fredda del pavimento in marmo imperatore e il contrasto mi fa'salire un brivido lungo il polpaccio, poi la schiena.
Livia, l'altra gatta, mi lecca l'alluce come fosse preoccupata di qualcosa. Nel mentre io sento caldo... E freddo.
Allo stesso tempo non sento; o meglio sento ma poco, ho l'udito ovattato come l'acufene. Poi di improvviso il telegiornale:
"Ma ora passiamo alle previsioni del meteo..."
Commutazione.
"No... No."
"No, no no no no... NO ! IO NON L'HO ACCETTO!"
Io non lo accetto, non lo accetto. Respiro pesante. Non lo accetto... Non posso, non posso accettarlo. Lacrime sgorgano dai capillari. Non posso accettarlo. Come può essere. Perché... Perché perché perché, PERCHÉ? NO NO NO, IO NON LO ACCETTO! NON POSSO. RESPIRO PESANTE. LACRIME SGORGANO DAGLI OCCHI. NON POSSO ACCETTARLO. PERCHÉ? PERCHÉ PERCHÉ PERCHÉ... PERCHÉ? NON POSSO ACCETTARLO. RESPIRO PESANTE E LACRIME SGORGANO DAL PETTO.
"NOOOOOOOOOOO!"
I gatti saltano. Io vedo appannato. Trascino le mie dita sugli occhi e tolgo gli occhiali di impulso. Lì, li lancio sul divano. Fermati. Fermati dico alle lacrime.
Non voglio non voglio. E invece...
Silenzio.
Mi rialzo da terra.
Ancora in stato confusionale cerco di riprendere le redini di me stesso e mi chiedo cosa sarà stato. Un attacco di panico? Può darsi...
Erano anni che non ne avevo uno...
Mi gira la testa e mi guardo attorno. Sento il collo scricchiolare come una macina per il grano, e la testa pesante come una palla da bowling che pende dalle dita prima di un lancio. Pesantezza. Mi guardo attorno e penso... Questa é casa mia. Questi sono i miei gatti. Questa é la mia vita. Lo é?
Sono in ginocchio con le mani rivolte per terra insieme al viso. Scrollo i capelli, mi riassesto e stiracchio la schiena. Prima un piede, poi l'altro. Sono in piedi. Sono svenuto? Può trattarsi di un sogno. Guardo per terra.
"Oh cazzo..."
Che macello che ho fatto, con il sangue che mi usciva dal piede e sì, mi fa male, quindi non é un sogno, é tutto vero, é reale, é tutto successo, però... Però ho sentito qualcosa.
Una vita monotona può essere facile, piena di successi, senza preoccupazioni, ma che partecipazione c'è? Come può uno ritenersi umano se immezzo agli arazzi, alla bambagia, alle cene lussuose, ai mobili premiati non riesce a sentirsi felice? Come può uno sentirsi felice con una glvita così piena di cose eppure così vuota? Come può uno essere felice? Quel vuoto che sentivo...
Non sento più un vuoto, sento una pienezza. Forse anche troppa pienezza, come ad esplodere, come un macigno che si fa sempre più spesso, sempre più grosso, però é così che si deve vivere, altrimenti a stare nel vuoto poi ci si perde.
Ed é così che mi sono svegliata dalla trance. Ho dato da mangiare ai gatti, e sono andato a letto.
Domani è un altro giorno, e chissà cosa potrà accadere.

La vita di EttoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora