Capitolo 47. Irene - Nico Pistolesi

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Si sentono percorrere tutti i giorni precedenti, li senti viaggiare per tutta la schiena. Scivolarle addosso, defluire fuori dalle vie linfatiche, poco prima di un evento scioccante.

Mi ricordai dell'incidente: un'immagine apparve ai miei occhi, davanti all'entrata del palco. L'auto che mi aveva colpito aveva il vetro abbassato e la persona alla guida era un ragazzo giovane, indossava un paio di occhiali da sole, il gomito appoggiato fuori e la mano che regolava lo specchietto retrovisore mentre svoltava. Lo vidi come un'istantanea dentro i miei occhi.

Quanti gesti così naturali e innocenti possono provocare tanto male negli altri?

Mi ricordai finalmente della canzone che mi cantava Nicla, la notte di Natale, quando mi copriva gli occhi da bambina. Era O Holy Night, di Nat King Cole, una delle mie preferite in assoluto.

E poi il guizzo di quel video, una specie di loop che ripartiva dall'inizio. Il mio viso attraversato dal velo, sugli schermi pubblicitari affissi nelle grandi piazze delle città.

Una sera ne avevamo parlato. Era giovedì 21 dicembre. Mancavano ancora tre giorni.

Al pub di Simone la musica di Motta passava attraverso le casse in filodiffusione senza assordarci. Stavo sorseggiando il mio gin tonic, facendo tintinnare il mio bicchiere con quello di Leo, Emma ed Alex.

"Attento, Leo, che se sbatti così forte sulle sue dita e gliele rompi, poi questa iena ti spezza le gambe." Gli aveva detto Emma, dandogli una gomitata che aveva fatto perdere a Leo metà del suo cocktail, sversato a terra.

"Scusa, Emilia." Si era chinato goffamente per cercare di tamponare quel liquido dell'americano perduto, fattosi già zuccheroso e appiccicaticcio sulle assi del pavimento.

"Magari è bravo davvero a sbattere le cose." Aveva osservato, pensierosa, Emma, lanciandogli un'occhiata sfuggente, prima di rivolgersi a me con un guizzo divertito negli occhi, neri di eyeliner.

"Emma." L'aveva redarguita Alex, cercando di sfiorarle la spalla, ma ritirando presto la mano. Impresa quasi impossibile, ultimamente, per lui, avvicinarsi a lei per un qualsiasi contatto senza andare in ebollizione: "Ci sarai, vero, al concerto?" le aveva chiesto.

"Come potrei perdermi un evento del genere?" Aveva esclamato lei, facendomi l'occhiolino. Poi aveva guardato Alex con sospetto: "e tu, invece?"

"Io ed Emilia ne abbiamo già parlato, vero Emi?"

"Alex resterà a casa con Melanie e Giò per aspettare Babbo Natale che porta i doni." Avevo confermato. Avevo intrecciato la mia mano con la sua, stringendogliela una volta: "tranquillo, Alex."

"Mi dispiace davvero, lo sai quanto ci terrei, ma adesso che le cose sono un po'... ecco."

"Non mi devi spiegare nulla, fratello mio." Gli avevo appoggiato il mento sulla spalla, sentendomi osservata da Leo. Avevo spostato fulminea gli occhi su di lui, che aveva sentito l'invito per introdursi nella conversazione:

"Io ho preso i biglietti. Per me e per Ignazio."

"Grazie, Leo. Sarà bello sapere che ci sarete." Gli avevo sorriso amichevolmente.

Leo stava per ribattere, ma la vibrazione del mio iPhone aveva distolto l'attenzione di tutti. Emma era stata la più veloce a sfilarmi il telefono dalla mano poggiata sul tavolo.

"E chi sarebbe questo A.?" poi aveva urlato così forte la lettera A prima di tapparsi la bocca e aveva lasciato che il telefono rimbalzasse sul tavolo con un tonfo.

"Cazzo, Emma!" Avevo esclamato, ritirando il telefono, per controllare che non avesse risposto. Avevo osservato il display. E infatti la chiamata era stata già avviata. Perfetto.

Emilia Koll - Il velo sul visoWhere stories live. Discover now