Capitolo 3. Rock & Roll Queen - The Subways

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Il pub di Simone era a meno di cinquecento metri da casa di Melanie e Alex, e a poco più di trecento da casa mia. Con la mia bici era uno scherzo raggiungere questi due posti, i miei porti sicuri, come li chiamavo io. Ero una fedele frequentatrice di questo pub, perché era piccolo, con un paio di divanetti all'interno, e una veranda attrezzata di panche e tavoli all'esterno.

Mi piaceva anche il fatto che Simone non fosse proprio la persona solare, sveglia, e dalla battuta pronta che ti aspetti quando vai dal barista a chiedergli da bere. Era quel tipo di persona che non si sforzava di fare l'amico, versava e si versava da bere e basta. Amava portare canottiere, anche d'inverno, mettere in mostra i muscoli che non aveva e l'alcol che gli aveva ormai preso residenza nella pancia.

La cosa che mi piaceva meno era che quel pub era molto frequentato. Decine e decine di stories su Instagram taggavano quel locale con video più o meno interessanti e dal dubbio gusto, ogni evento che pubblicavano finiva inesorabilmente sulla mia bacheca di Facebook e sì, mi piaceva poco il fatto che fosse sempre di moda e ancora meno quella sera. Perché ero fuori ad aspettare Dino, arrivato dietro di me poco prima che mi affacciassi sull'entrata per cercarlo. 

Aveva deciso di prendere da bere per entrambi, lasciando un istante di troppo la sua mano sulla mia spalla nuda mentre mi suggeriva con un sussurro di trovare un posto distante dalla confusione.

Ecco perché mi trovavo seduta sullo scalino di un portone, lontana da almeno altre decine di ragazzi: molti conoscevano sicuramente lui, ma altrettanti conoscevano me. 

Questo fatto mi rendeva nervosa.

"Ecco i nostri americani." Mi porse il bicchiere e brindò con il suo, sedendosi cauto sul gradino più in basso del mio e appoggiandosi al muro per guardarmi meglio.

"Grazie. Salute!"

"Lì dentro sembra scoppiato un incendio."

"Ci credo. Stasera si soffoca. Grazie ancora, per esserti sacrificato per la causa." Alzai la mano indicando il bicchiere.

"Era solo il mio dovere di cavaliere."

"Ci sono cavalieri che non la pensano come te, e credimi, non è così scontato."

"Forse perché non sono cavalieri ma semplicemente brutti orchi con la bava!"

"A me gli orchi stanno simpatici, però!" per un attimo vidi l'immagine di Shrek davanti a me, ma non ebbi il coraggio di sovrapporla a quella di Dino.

Sorridemmo. Guardai da un'altra parte, lasciando correre quei tre secondi di troppo, dove una pausa così lunga tra due persone poteva scatenare un disastro.

"Allora... " fu lui a rompere il silenzio, grazie a Dio. "... cosa ho fatto di buono oggi perché una ragazza come te accettasse di uscire con me?"

Diretto, ma molto carino.

"Cosa hai fatto di buono? Fammi pensare, se ti dicessi che è perché hai comprato qualcosa in negozio ti offenderesti? Perché ti assicuro che mi ha fatto piacere battere il primo dei tre scontrini totali di oggi!"

Dino annuì, abbassando gli occhi.

"Ok... colpito."

"E io invece?"

"Tu invece cosa?" mi chiese, sollevando le sopracciglia, allargando le labbra in un sorriso, scrutandomi dentro.

"Cosa ho fatto oggi per meritarmi... ?"

"Vieni! Facciamo due passi, eh?"

Aveva questa abilità di interrompermi che, mentre con gli altri a fatica mi controllavo dalla rabbia, con lui stava diventando quasi piacevole. Perché significava una sorpresa e nel peggiore dei casi una buona sorpresa. Non che ne fossi particolarmente attratta, dalle sorprese, però lui sapeva rendere tutto più bello, anche le cose che non mi piacevano.

Emilia Koll - Il velo sul visoWhere stories live. Discover now