Capitolo 3

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Sull'aereo della Delta Airlines, 20 Giungo


Annabeth


Volare.

Un giorno ero andata a cercare il significato del termine sul dizionario. Era un gioco che facevo quando mi annoiavo a morte o quando volevo tenere la mente impegnata per evitare di avere brutti pensieri. E negli ultimi due anni era capitato molto spesso.

C'erano molti modi per definire "volare": trascorrere per l'aria, muoversi in aria, essere scagliato in aria, muoversi con moto rapidissimo in senso figurato, andare con rapidità, trascorrere, passare velocemente. Librarsi in aria.

Librarsi in aria come un uccello libero di andare dove vuole, senza conseguenze. Questa sicuramente era la mia definizione preferita.

La sensazione che provai quando l'aereo decollò rispecchiava alla perfezione l'idea che mi ero fatta del "librarsi in aria". Non c'erano parole per descriverla se non unica e singolare.


***


Non riuscivo a mettere il borsone da viaggio nell'apposito spazio sopra ai sedili. Il problema non era che fosse troppo in alto. Con la mia modestissima altezza di un metro e settanta circa, riuscivo a raggiungere un po' tutti gli scaffali della biblioteca, senza dover ricorrere alla scaletta che usava la bibliotecaria per riordinare i volumi. Ma c'era qualcosa che bloccava il mio borsone, come se la profondità dello spazio si fosse rimpiccolita di dieci centimetri rispetto a quello che si poteva vedere da fuori. Il che era fisicamente impossibile.

Più spingevo, più sudavo, e questo non andava bene. Non volevo rischiare di puzzare per tutto il viaggio. Sbuffai infastidita, passandomi una mano sulla fronte madida di sudore.

-Non so se te ne sei accorta, ma stai facendo colonna. E se non ti sposti non posso sedermi al mio posto.- disse una voce maschile alla mia destra, talmente vicino al mio orecchio che sentii un sospiro caldo solleticarmi la tempia. Mi voltai con i nervi già a fior di pelle, pronta a dirne quattro a quel cafone, ma mi bloccai.

Non ci potevo credere.

A due spanne dal mio viso stava l'uomo che mi aveva spintonato al check-in per sorpassare. Beh, più che un uomo era un ragazzo e, a vista d'occhio, sembrava avere la mia stessa età. 

Ma con l'intelligenza di un bambino, pensai.

Con il pollice puntato e l'avambraccio alzato, stava indicando qualcosa dietro di sé. Sporgendomi oltre il suo petto, vidi che il corridoio, creatosi lungo le due file di sedili, era stipato di persone di tutte le età in fila indiana. C'era chi aveva con sé una valigia, chi sventolava un volantino pubblicitario sul viso per fare aria, chi borbottava. E poi c'era chi rompeva le palle.

-Scusami tanto, ma non riesco a mettere il borsone nel portabagagli.- borbottai risentita, riprovando a spingere il mio bagaglio con più forza. Almeno io mi ero scusata.

Lui lanciò un'occhiata all'interno del portabagagli per poi alzare gli occhi al cielo. Scosse il capo come se la soluzione fosse ovvia e io troppo stupida per arrivarci poi, spingendomi per un braccio, mi prese di mano il borsone.

Love the way you live     [PERCABETH]Where stories live. Discover now