Ne valeva la pena?

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Nonostante l'acqua calda che pienamente l'avvolgeva, ella riusciva a sentire il freddo della mano dell'uomo che le stringeva la coscia ormai ustionata.
La mano poi scivolò, staccandosi dalla sua pelle ed andando a stringere qualcosa che solo Thomas possedeva.

La cosa che adesso voleva penetrarla.
Successe, Gabrielle non trattenne un urlo di dolore che riecheggiò nel silenzio del mezzogiorno, quel silenzio pregno di schiamazzi dei bambini, profumo di torta appena sfornata, cinguettio di cardellini e luce del Sole.

Urlò più forte che poteva, ma nessuno la sentì. I muri non avevano orecchie, nè I pavimenti nè la vasca. Nè le catene con cui era stata costretta al muro.

-Smettila!
Thomas non aveva la minima intenzione di smettere, purtroppo. Adesso quella ragazza era sua e doveva
obbedirgli, se non l'avesse fatto si sarebbe sentito insultato in qualità di uomo.
E mentre ne entrava e ne usciva, l'acqua bollente le invadeva la vagina, insinuandosi in modo tanto spregevole quanto faceva suo marito.

Gabrielle con una spinta riuscì a rovesciare la vasca con ancora Thomas dentro, nudo e ustionato più di lei.
L'acqua faceva robollire le piastrelle e faceva scivolare la ragazza, tanto che dopo la quarta caduta ci mise un bel po' a tirarsi su.

Era però ancora nuda, con diversi lividi formatisi chissà come e di colore blu-violaceo che le cospargevano i fianchi.
Nella fretta trovò una vestaglia lasciata a terra, mezza bagnata dall'acqua ardente arrivata persino laggiù e tutta interrata.

Non c'era tempo, doveva scappare prima di essere raggiunta da Thomas e , forse, stuprata ad oltranza.
Tremando si infilò la vestaglia come poteva e corse fuori dalla casa sperando di non essere vista.

Appena i suoi piedi bagnati toccarono l'erba, anch'essa umida, sentì un senso di sollievo disumano. Continuò a correre verso il cancello e riuscì ad aprirlo, scagliandosi fuori dal giardino in una marea di spruzzi fangosi.

Un *clang* metallico decretò l'uscita da quell'incubo e diversi *splash* accompagnarono la ragazza verso la fitta foresta.
Un urlo di Thomas, che chiamava il suo nome, si udì ormai in lontananza e fece sprofondare Gabrielle in una marea di dolore.
Non sapeva perché, le faceva male il cuore.

Aveva passato giorni a cercare di uscire da quell'inferno ma adesso si sentiva dispiaciuta per Thomas, che cosa le stava succedendo?
Forse le mancava l'adrenalina che aveva provato nello scappare, forse quel così improvviso essere libera, lasciata a sé stessa non le piaceva.

Gabrielle aveva bisogno che le venisse detto cosa fare, era sempre stato così.
Se ne era abituata e adesso le faceva strano dover decidere da sola.
Ansimando, si coprì la bocca che s'incurvava per la tristezza, mentre il suo corpo continuava a tremare e lei sentiva sempre più freddo.

Afferrò un bastone da terra e decise di tornare in casa, per lasciare Thomas con la grazia che a lei apparteneva.

Si diresse verso il luogo da cui provenivano le urla trascinandosi dietro il pesante bastone appuntito e finalmente lo trovò.
Thomas era disteso a terra in mezzo ad una pozza d'acqua, ustionato, nudo e piangente.

-Credo che mi mancherai almeno un pochino, amore mio.
E fece per lasciarlo con un bacio appena percepibile sulla pelle, ma che conteneva tanto, tanto, tantissimo affetto.

-Gabby no!
-Mi dispiace...
-A-aiutami!
-Non posso...
-AIUTAMI!
Quest'urlo le si conficcò tra le costole e la fece piegare all'indietro dal dolore.
Lasciò cadere il bastone e prese Thomas per un braccio, stringendolo forte.
-Maledetto chi mi ha fatto decidere di aiutarti, Thomas Smith.

Archibald

Lo trascinò in giardino e, mentre iniziava a farsi sera, lo distese sull'erba bagnata e gli sedette accanto, ignorando il fatto che fosse completamente nudo.

Certo adesso, guardandolo così, in tutta la sua vulnerabilità, non le faceva più paura. Sentiva di starsene innamorando quasi per davvero.
Girò nuovamente la testa verso di lui e ne riuscì a percepire i duri lineamenti alterati da un'espressione di sofferenza.

-Ti fa male, Thomas Smith?
Da lui ricevette solamente un gemito, che non si poteva dire se fosse assenso o negazione.
-Gabby, promettimi che mi seppellirai in questo giardino.
-Cosa?

Lui si inumidì le labbra e la guardò con fare gentile, sorridendole debolmente.
-Sento di non essere più in grado di continuare a vivere. Il mio corpo ha subito un danno troppo grande...
-Thomas, guarirai.

Disse Gabrielle guardando in alto, forse una stella vagabonda che cadeva in qualche punto sulla Terra.
Thomas non le rispose più.

-Thomas! Thomas!
Oh mio Dio!
Thomas era inerme sul prato quasi asciutto, con la bocca aperta ed un rivoletto rosso che colava fuori da essa.
Gabrielle si accovacciò sul suo corpo e pianse per tanto, tanto tempo.

Strinse a sè il corpo del marito e gli accarezzò i capelli, gli passò le labbra sul viso e lasciò che le proprie lacrime bagnassero le guance di lui.

Successivamente, si decise a scavare una buca sotto ad un grande acero color porpora e mise piantato nel terreno un paletto con sopra intrecciato un fazzoletto rosa, che adesso sventolava felice spinto da una leggera brezza.

Il sole tramontava piano, inondando quel prato desolato di una luce rosso pesca e accecando chiunque guardasse là.

Figlia di un IncuboМесто, где живут истории. Откройте их для себя