Una santarellina

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Gabrielle, la cui psiche era stata debole sin dalla giovane età, aveva raggiunto i vent'anni senz'aver mai amato.
Senz'aver mai consumato un matrimonio che non c'era stato.
Senz'aver provato il brio del solo sentimento d'amore.
Certo che non poteva, era in convento.
L'unico uomo che le era lecito amare era nostro Signore.
I suoi genitori non avevano obiettato quando la ragazzina, appena quattordicenne, aveva chiesto di poter dare i voti. E non si erano stupiti più di tanto, quella ragazza era piuttosto strana, non le sarebbe stato facile trovarsi un marito.
E così le giornate in convento procedevano lente, lente e monotone, come un giradischi rotto che emette sempre lo stesso suono, sempre la stessa frequenza.
Passeggiava nel giardino della struttura, parlava con le altre novizie, imparava a memoria i versi della Bibbia, ma le mancava qualcosa. Qualche luogo, qualche sensazione, qualche situazione.
Oppure le mancava la sua infanzia.
Quell'infanzia spensierata che tutti i bambini sognavano, ma che pochi potevano avere. Nel caso di Gabrielle, era stato suo fratello a rendergliela un inferno. Non è necessario elencare tutte le torture che Gabby era costretta a subire al buio, nella sua cameretta quando i genitori non guardavano.
E quei lividi li sentiva ancora adesso, adesso che erano passati anni da quando suo fratello l'aveva toccata per l'ultima volta: un abbraccio freddo, che le aveva messo i brividi.
E se dare i voti fosse stata la scelta sbagliata?
Ma non poteva andarsene ora, che avrebbero detto le altre ragazze?
Avrebbero sussurrato cose cattive, l'avrebbero guardata male, con quell'aria di superiorità tipica delle persone che credono di non aver fatto uno sbaglio in tutta la vita.
Indossava con grazia la sua tonaca, si sistemava correttamente il velo, teneva sempre un abbigliamento ed un carattere consoni per il luogo in cui era, ma non sentiva d'essere felice.
Le mancava la felicità.
Credeva che dando i voti qualcosa sarebbe cambiato, ma solo adesso aveva scoperto di sbagliarsi.
Quella non era la vita che faceva per lei.
Voleva essere uno spirito libero, voleva correre nei boschi e sentire il vento tra i capelli. Voleva vivere sola, e senza che nessuno le dicesse cosa fare, cosa pensare o in cosa credere.
Lei non era innamorata di Dio, come fino a quel momento aveva creduto d'essere...
Lei era innamorata di se stessa.
Era narcisista sì, ma non in modo tossico, non era concentrata solo su sè, anzi lei amava la sua figura.
Però, per essere libera, avrebbe dovuto scappare. Come progettare una fuga?
Nella notte, certo, ma come uscire dalla struttura senza farsi vedere? Come scappare dalla sua cella in cima alla torre più alta?
Si sarebbe fatta venire un'idea quella notte stessa.

Figlia di un IncuboWhere stories live. Discover now