Come sei bella...

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Gabrielle fu sul punto di darsela a gambe, ma fu trattenuta dalla voglia di scoprire chi si celasse in quella figura così enigmatica.

Era un'altra ragazza: aveva la pelle bianca come il latte e i capelli neri come l'ebano; erano lunghi fino alla vita ed erano lisci, riflettevano la luce della ormai più che piena Luna.

Era piccola, gracile, indifesa.
Era identica a Gabrielle, sia per aspetto che per portamento.
Sembravano essere quasi gemelle, se non fosse stato per un minuscolo particolare: questa ragazza aveva gli occhi viola, mentre invece Gabrielle li aveva comunemente neri.

-Resta.
La ragazza parlò con la stessa voce della sua gemella, che evidentemente più intuitiva aveva capito di aver spaventato la sua ospite.
-Chi sei tu?
-Chi sei tu, invece.
-Ma... ma tu sei nel mio giardino! Dovresti darmi una spiegazione del perché sei accampata qui come se fosse casa tua!

La ragazza corrucciò la fronte quasi stesse pensando alla risposta più plausibile da dare, poi sul volto le si dipinse un mezzo sorriso e replicò:
-Ma questa è anche casa mia.
-No, questa è la MIA casa, il MIO giardino, la MIA vita! Tu non vivi qui e se pensi che ti inviterò a dormire da me ti sbagli di grosso!

La ragazza rise.
-Io c'ero quando hai scoperto chi era tuo padre. Io c'ero quando tu hai sposato Thomas, io c'ero quando hai tentato di scappare, io c'ero anche quando lui è morto tra le tue braccia.
Non capisci? Io sono sempre stata qui...

Gabrielle ora era davvero confusa.
Non riusciva a dare un senso a quella specie di alter ego che si era insinuato nella sua vita.
Continuava a chiedersi chi fosse quella ragazza e cosa ci facesse lì, perché nella sua mente non era concepibile una situazione del genere.
Però Gabby non avrebbe mai immaginato che la gemella fosse la sola ad aver ragione.

-Allora se sei così convinta di quello che dici, provamelo. Provami che eri qui tutto il tempo.
-Ma Gabby, come fai a non capirlo?
Ci dev'essere un motivo se io e te siamo identiche, no?

Quindi stava cercando di dirle che erano state concepite dalla stessa madre o...?
-Cosa ti è successo? Perché non sei cresciuta con me allora?

La gemella la fissò con quei suoi occhi viola e le rispose.
-Perché mia madre, nostra madre, non mi voleva. Semplice, essendo nata con questi occhi -e si indicò le iridi dallo strano colore-  dovrà aver pensato che io fossi figlia di un qualche diavolo, perciò non mi ha voluta. Siamo nate insieme, ma ci hanno separate sin dall'inizio.

Gabrielle stava forse iniziando a capire.
-Quindi dove sei stata tutto questo tempo?
-Te l'ho detto, sono sempre stata qui. Non vivevo in questa casa, ma era come se lo facessi. Vedi, ero come una riminescenza che ti seguiva ovunque senza essere mai vista.
Ti ho guardata crescere, in te ho trovato tutto ciò che io non potevo avere.
Ti ammiravo. Ti odiavo. Ti amavo.

La gemella fece per asciugarsi una lacrima che le scendeva sulla guancia candida, poi proseguì.
-Gabby, sei la sorella che ho sempre avuto ma con cui non ho mai potuto giocare. Ho vissuto la stessa identica vita che hai vissuto tu ma non ero con te, c'era come una patina, un vetro invisibile che ci separava.
Che ci ha sempre tenute lontane.
Io sapevo della tua esistenza, della mia tu no. È questo che m'intriga: voglio passare del tempo con te, quello che nostra madre mi ha rubato.

Gabrielle non sapeva cosa pensare.
Quindi quella ragazza c'era sempre stata? L'aveva sempre guardata, in ogni momento della sua vita?
-Hai detto di aver sentito ciò che ho sentito io. Hai sentito anche tutte le botte che mi dava Thomas?

Lei annuì.
Si sollevò una ciocca di capelli e mostrò il collo rosso, martoriato, con ancora quella cicatrice che Thomas le aveva procurato quand'era bambina.

Adesso le credeva. Aveva finalmente accettato l'esistenza di una gemella. Adesso non era più sola. Aveva qualcuno con cui condividere le sue giornate.
Le due ragazze si guardarono per attimi interminabili fino a quando Gabby spezzò quel silenzio gravido d'attesa.

-Hai amato Thomas?
-Disperatamente.
-Hai provato ciò che ho sentito io prima, nel prato?
-Purtroppo.
-Sei davvero mia sorella, allora.
-Gemella. Sento tutto quello che provi.

L'altra Gabby si sporse in avanti ed allungò una mano per accarezzare il volto della sorella, liscio e bianco come marmo.

Stavolta furono i due occhi neri ad incrociare i due viola.
E mentre Gabby spostava il palmo dal proprio petto andando ad accarezzare la mano dell'altra, due dolci pensieri contemporaneamente si formavano nelle sinapsi di entrambe.

"Come sei bella..."

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