Capitolo 28 - La Stanza della Seconda Fase

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L'aria fresca faceva pregustare un anticipato inverno. Il vento mi pizzica la pelle scoperta, provocandomi leggeri brividi.

Varcata l'entrata secondaria per la residenza degli Intrepidi - dopo la voragine dal tetto -, l'aria fresca mi abbandona, lasciando spazio ad un confortevole caldo. Osservo il mio orologio da polso che segna le 18.00. L'ora trascorsa in città era passata alla svelta, soprattutto quando è cominciato il piacere ed il divertimento. Nancy era diventato solo un vecchio rancore che andava sempre più dissolvendosi nella mia mente. La cosa a cui pensavo, ora, era la mia vita. La vita Intrepida che mi stavo costruendo. Scegliere questa Fazione è stata la cosa migliore che mi potesse capitare. Non rimpiango nulla. Ripenso alla mia Divergenza come ad un errore: magari, durante il test saranno usciti erroneamente due risultati, mentre solo uno era quello esatto. Intrepido. Non mi sono mai sentita così a mio agio in una Fazione. I commenti di Nancy sul fatto che fossero semplici pazzi spericolati, avevano creato in me un cenno di verità. Ma, ora, tutto era diventato uno stupido giudizio su persone delle quali si sapeva poco o niente. O, semplicemente, non erano capiti dal resto delle Fazioni.

E chi potrebbe farlo? Gli Eruditi sono troppo composti per saltare e correre come matti; per i Candidi vale lo stesso. Gli Abneganti non li immagino proprio correre: per loro è solo un modo per attirare l'attenzione, cosa che detestano e che non fa parte del loro regolamento; per quanto riguarda i Pacifici, andrebbero abbastanza bene a saltare, ma non avrebbero il tempo di sferrare un pugno a qualcuno che subito andrebbero a scusarsi.

In questo momento, non riesco a non pensare di essere una semplice Intrepida. Eppure, Veronica era preoccupata sul mio risultato al test attitudinale mentre io non faccio che non pensarci quando potrei davvero essere in pericolo. Preferivo questo. Preferivo pensare al risultato come ad uno stupido errore. Quando finalmente la mia vita sembrava aver trovato il giusto ramo, non mi andava di fare preoccupati pensieri su qualcosa che poteva facilmente essere uno sbaglio.

Il dormitorio è poco affollato. Molti sono distesi sui propri letti, riprendendosi dal combattimento contro Mindy. Per me, non è stato per nulla faticoso: un semplice pugno e via, buttata a calci fuori dal tappeto. Nonostante il dolore e il nuovo colore della mia guancia, il mio unico pensiero resta, a tratti, Nancy.

«Ho un disperato bisogno di fare qualcosa. Chi vuole fare qualcosa?» domanda annoiato Anton. Non era mai stato il tipo di persona da riposo. Preferiva di gran lunga imbattersi in qualche attività. Io, Arin e Ron ci uniamo al rito 'Si' e, senza pensarci, ci dirigiamo verso la soglia d'uscita.

«Veniamo anche noi!» affermano delle voci alle nostre spalle: C, Tina e Lauren. Li accogliamo con un cenno e, assieme, ci dirigiamo al Pozzo. Non sapevamo dove saremo potuti andare: per la Mensa era presto e comunque non avevamo fame; lo Strapiombo era diventato un luogo troppo comune e visitato per quanto mi riguardava; lo stesso valeva per la palestra. Nonostante i numerosi cunicoli che si diramavano dal Pozzo, l'unica scelta era infilarsi in un corridoio casuale.

«Io opterei per una cosa fuori dalle regole.» comincia Tina.

«Spara!» incita C.

«Andiamo a vedere la stanza in cui affronteremo la seconda fase delle prove d'iniziazione!» afferma, con tono eccitato e misterioso.

«Bello! Ma, sfortunatamente, non sappiamo dove diamine sia.» nota Lauren; era una gran bella ragazza: i suoi capelli biondi erano raccolti in un'elegante treccia. Le iridi erano celesti, contornate da uno spesso strato di eyeliner che rendevano il suo sguardo intenso e seducente. Il suo fisico era slanciato, senza dubbio magnetico per un qualsiasi ragazzo.

«Pensi che dica qualcosa senza saperne l'origine? Non prendermi per un'idiota.» rimprovera Tina.

«Non so. I Candidi sono un po' idioti. Parlano senza sapere ciò che dicono.» afferma Lauren.

Basta uno sguardo inceneritore di Tina a farla zittire.

Ci dirigiamo, seguendo i passi di Tina, verso la nostra destinazione. Non noto nulla di diverso tra questo e gli altri numerosi cunicoli della Residenza.

«Com'è che sai dove si trova?» chiedo alla nostra guida.

Lei alza le spalle: «Sono curiosa e, di tanto in tanto, scopro piccoli misteri.»

Mi sbalordiva il fatto che lei fosse una trasfazione. Potevo aspettarmelo da un Intrepido che viveva fin da sempre qui, ma non da una ex Candida.

«Dove siete stati?» mi domanda sempre Tina, posizionatasi al mio fianco. O, forse, il contrario.

«Siamo stati al Molo della Marina.» le rispondo.

«Bello! Ci andavo sempre da bambina. L'ultima volta è stato appena un mese fa. Per il compleanno di mio fratello.» afferma, con tono nostalgico.

«Hai un fratello?» le chiedo, cercando di conversare.

«Si, ha compiuto cinque anni. Dovevi vedere quanto c'era rimasto male appena sono venuta qui. É piccolo, ma ci capisce di questo casino delle Fazioni.» risponde.

Quando mia sorella aveva abbandonato la mia vecchia Fazione, non ricordo la mia reazione. Non piansi e non attirai l'attenzione con gesti nostalgici. Eppure, quel momento era stato una sorta di rivelazione. O meglio, di confessione. Quando ci ripenso, capisco che io ne ero già a conoscenza molto prima della Cerimonia della Scelta di Josette. Io e lei ci capivamo in un solo sguardo.

«Sei venuta qui per il risultato del test attitudinale?» continuo a chiederle.

«Sai cos'è? Non me ne fregava proprio niente del test. Qualsiasi cosa sarebbe uscita sapevo già dove sarei andata.».

«Quindi il tuo risultato non era Intrepida?»

«No.» risponde: «Candida. Ma il problema è che non volevo starci. Fin da piccola aspettavo il giorno della Cerimonia della Scelta per venire qui. E non lo dico perché non ho amato la mia famiglia o i miei amici. Semplicemente sapevo quant'era importante per questa società scegliere la Fazione a cui ci si sente di appartenere, e io l'ho fatto.» conclude, mentre raggiungiamo una porta bianca, così chiara da apparire stonata nella scura luce delle poche lampadine sparse sul soffitto.

«Qui?» chiede Arin, dal fondo del gruppo; «Entriamo no?» continua.

Tina esplode in una mezza risata: «Pensi che mi abbiamo dato le chiavi per entrarci liberamente? Chi ha una forcina?» conclude, chiedendo. Strano come fosse proprio C a cacciarne una.

«Sapevo che sarebbero stati i tuoi capelli a darci una risposta.» afferma ironica Tina, prendendo la forcina prestatagli da C.

«Se mi crederanno colpevole per l'indizio che mi hai preso, non esiterò a lavarmene le mani.» afferma deciso C.

Ron lo osserva: «Sei un vero amico! Grazie per la fiducia»

Intanto, Tina riesce ad aprire la porta. Entro osservando la stanza: è vuota. Assomiglia vagamente alla stanza in cui ho affrontato il test attitudinale, solo che non ci sono specchi al posto delle pareti. Una poltrona verdognola compare di fronte a noi, affiancata da diversi apparecchi tecnologici.

«Cos'è?» domanda qualcuno. Probabilmente Arin che, con la voce squillante velata sa uno stato tra sorpresa e curiosità, aveva assunto un tono irriconoscibile.

«Quello che vedremo nella seconda prova.» afferma Ron con fare misterioso.

Arin scrolla le spalle: «Mi sembrava ovvio.»

Mi avvicino agli apparecchi tecnologici sperando di trovare qualcosa che ci desse risposte, ma, anche se sapessi mai usare i computer, non penso che riuscirei a trovarle. Camminiamo tutti in giro, sperando di ricavare qualcosa sulla seconda prova.

Poi, qualcuno appare alla porta. É vestito completamente in nero, con la pelle scura e occhi quasi neri, ricordando la profondità dello Strapiombo.

Amar.

«Guarda un po' chi c'è a sbirciare» afferma, contemporaneamente ironico ed irritato. Non capivo come poteva averci trovato. Ci eravamo spostati cautamente e in silenzio.

Poi, alle spalle di Amar compare un'altra figura. Alta, magra con capelli neri; una sola ciocca viola.

Kayla.


The Divergent Series: By Tess - DivergentWhere stories live. Discover now