Capitolo 10 - Iniziazione

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Il treno continua la sua infinita corsa lungo i binari che attraversano l'intera città. La velocità è costante e, neanche in quelle che sembrano ripide curve, sembra rallentare. Fino ad oggi, non sono riuscita a scoprire se questi binari abbiano davvero una fine oppure rappresentino un continuo circolo senza uno stop.

Sono poggiata accanto al portellone aperto. Il vento di inizio autunno rende quella che era la mia treccia ordinata, un qualcosa per niente simile ad un'acconciatura. La mia pelle olivastra viene rinfrescata ad ogni folata di vento, provocandomi un immenso piacere dopo la sudata fatta pochi minuti fa in quella che è stata la corsa più folle della mia vita. Gli abiti gialli e rossi da Pacifica - che quasi mi vergogno di indossare ora, in mezzo a questo sciame nero - sembrano essere stati rivitalizzati e puliti dopo i pochi scuotimenti che la brezza, al di fuori del mezzo, ha compiuto. Le mie palpebre sono semi chiuse, assaporando il momento che sto vivendo. Il mio sguardo posa sulla città. Ogni palazzo, edificio, abitazione, distesa di verde visibile da quassù, è uno spettacolo per i miei occhi che cercano di mandare più immagini possibili al cervello perché quest'ultimo possa memorizzare e conservare.

Anton è accanto a me. Il suo respiro sembra essersi regolarizzato dopo che, per un attimo, avevo temuto ad un attacco di mal respirazione. Anche ora, con le palpebre chiuse, il viso asciutto, il corpo fresco e i muscoli rilassati, sembra notarsi la sua eccitazione, la quale non ha smesso di abbandonarlo dall'inizio di questa nuova avventura. Di questa nuova vita.

Do un'occhiata verso gli altri iniziati, i trasfazione, precisamente. In tutto siamo dodici: quattro Candidi, sei Eruditi, due Pacifici. Nessun trasfazione Abnegante, anche se non ne sono poi tanto sorpresa: sono davvero rarissimi i trasfazione da parte della Fazione altruista.

Gli Eruditi sono sempre la maggioranza ogni anno nei trasfazione per gli Intrepidi. Guardo uno di loro. A osservarli di scatto, senza prestare attenzione sui particolari, apparrebbero identici. Tutti blu, eleganti, ordinati e con un paio d'occhiali da vista ciascuno. Da piccola, quando li vedevo, non facevo altro che chiedermi se gli Eruditi fossero tutti ciechi. Alla fine giunsi alla conclusione che, la maggioranza, portava gli occhiali solo per dare più aria da intellettuale.

Porto lo sguardo su uno preso, apparentemente, a caso. È il più alto del gruppo ed è, inoltre, il più robusto. Guardandolo con quei piccoli occhiali su i suoi grandi occhi, così scuri da apparire neri, sembra quasi ridicolo. Trattengo una leggera risatina. Accanto a lui c'è una ragazza. È così bassa che, di fronte al ragazzo corpulento, è divertente. Ha la pelle così chiara da poterla scambiare con quella di un cadavere, abbinati a corti capelli neri. È magra. Magrissima. Non so se resisterebbe ad un pugno lanciato dal corpulento o, più semplicemente, anche da me. Gli occhi sono così grandi da farla sembrare un alieno. Non perché non siano belli, ma in proporzione al suo minuscolo viso, sembrano due palline da tennis.

Qualcuno, dal fondo del vagone, si smuove dalla sua posizione, invitando a prepararci. Anton, che sembrava abbandonato in un sonno tranquillo, scatta in piedi, dirigendosi accanto al portellone, tenendosi per la stessa sbarra di ferro in qui io, poco tempo prima, mi ero tenuta. Osserva al di fuori del vagone, sbarrando gli occhi. Preoccupata mi alzo, mettendo in ordine i larghi pantaloni che indosso e avvicinandomi ad Anton. Improvvisamente, emetto un qualcosa simile ad un urlo strozzato. Vorrei avvisare qualcuno di ciò che ho appena assistito, ma mi rendo conto che fa tutto parte del rituale di iniziazione. Uno dopo l'altro, da ogni vagone, saltano Intrepidi, raggiungendo il tetto di un edificio alto forse cinque piani se non più. Anton si volta verso di me, con uno sguardo preoccupato ma anche carico di adrenalina ed eccitazione per ciò che sta per affrontare.

Ci stringiamo le mani. Arretriamo, giungendo alla parete opposta del vagone. Ci diamo un ultimo sguardo. Dopodiché, all'unisono gridiamo 'Via!'. Compiamo tre passi in corsa per poi fare il salto più ampio che potremmo essere in grado di realizzare. Arrivo al tetto dell'edificio con la punta dei piedi, dopo aver di gran lunga superato il cornicione che si affaccia al marciapiede sottostante. Cado rovinosamente in avanti, abbandonando la mano di Anton. Appena cesso di rotolare, alzo la testa, per essere certa che lui c'è l'abbia fatta: lo ritrovo a un metro e mezzo da me, immerso in una risata. Non posso far altro che ridere anch'io. Non è stato poi tanto male come secondo atto di pazzia della giornata.

Mi alzo, togliendo la ghiaia rimasta incastrata tra i pezzi di stoffa dei miei abiti da Pacifica. Aiuto Anton a rimettersi in piedi, mentre lui si tocca la testa; «Va tutto bene?» gli domando, cominciando a preoccuparmi; il salto, di per sé, era decente, ma la caduta rovinosa sul tetto dell'edificio era disastrosa. Mi fa cenno, come per dire: Tutto apposto. Anche se ho il cranio fratturato, me la cavo e sto bene.

«Si, tutto bene!» mi tranquillizza: «Niente male come " Primo atto ridicolo e vergognoso della storia degli iniziati Intrepidi"». Mi scappa una risatina sarcastica. In effetti, non era però tanto male. Non credo che nessun trasfazione in tutta la storia degli Intrepidi abbia iniziato meglio di così.

Con la mano, continua a toccare dietro la testa. Appena se la porta in avanti, segni si ferite si manifestano con il sangue che gli dipinge la sua mano. Lo guardo con espressione allarmata e subito mi precipito per vedere la gravità della ferita. Un piccolo taglio, anche se profondo abbastanza da far colare del sangue, si nasconde tra i biondi capelli del mio amico.

Non è grave, ma è necessaria una medicazione; «Appena arriviamo nella Residenza degli Intrepidi, devi fartela curare» gli dico seria. Lui annuisce.

Qualcuno richiama l'attenzione di noi iniziati. Un ragazzo, con la pelle scura e numerosi tatuaggi che fuoriescono dalle parti scoperte degli indumenti che indossa, è in piedi accanto a un cornicione che affaccia su una voragine. È alto e molto muscoloso. Troppo, al punto che qualsiasi ragazza potrebbe piombargli ai piedi in questo istante.

«Io sono Amar» si presenta con voce profonda ma che emette, in un certo senso, uno spiccato accento di simpatia; «Sarò il vostro istruttore per la vostra iniziazione. Avete già affrontato la salita sul treno e il salto per raggiungere questo tetto, ma ora vi aspetta la prova che ci farà davvero capire se siete nel posto giusto» dice, indicando, alla fine, con un cenno del capo, la voragine alle sue spalle.

«Ora resta solo da decidere,» comincia, mostrandosi divertito; «chi sarà il primo?»



The Divergent Series: By Tess - DivergentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora