VII

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«A tutti i pro hero e i tirocinanti, il gruppo dei villain è in avvicinamento alla zona di Kaiguara»

La voce dell'agente di polizia sembrava abbastanza preoccupata mentre ci parlava tramite auricolare. Eravamo tutti sul campo, nella piccola città di Kaiguru, che un gruppo di villain aveva deciso di attaccare in massa, rivendicando l'arresto di uno dei loro "guru", un certo MachineGun, un villain abbastanza in alto nella scala della gerarchia che si era formata all'interno dell'Unione.

Io, Deku, Todocoso e Iida ci trovavamo a pochi chilometri dalla zona dov'erano diretti i villain, così dopo uno sguardo durato un secondo, partimmo spediti verso quella direzione.
Quando arrivammo, tra tutti, Deku era quello che ovviamente si era buttato per primo nella mischia, seguito immediatamente da me: lui attaccava un lato, io quello opposto, e non ci volle molto prima che, insieme ai pro hero che erano in quella zona, mettessimo ko tutti i villain.

EraserHead, il nostro professor Aizawa, ci fece riunire tutti per poter prestare soccorso a chi era rimasto coinvolto nei combattimenti, chi era ferito o semplicemente non riusciva ad entrare o uscire dalla propria abitazione per via di qualche "danno infrastrutturale collaterale". Aiutammo tutti, e la minaccia rientrò subito così com'era venuta fuori.
Per festeggiare l'ottima riuscita della nostra missione su campo, AllMight decise di portarci tutti fuori a mangiare in un ristorante non troppo lontano dalla UA, e fummo tutti ben più che felici di andarci.
Mentre camminavamo per dirigerci al ristorante, notai Deku, che camminava più avanti rispetto a dov'ero io col mio gruppo, che si manteneva un fianco, come se fosse dolorante.
Aumentai il passo, superando Kirishima, Sero, Denki, Mina e Jiro, che camminavano dietro con me, e mi avvicinai a Deku alle spalle.
Spinsi un dito lì dov'era poggiata la sua mano, e lo vidi girarsi di scatto mentre si teneva una mano sulla bocca.
Lo guardai, confuso, ed alzando un sopracciglio lo esortai a parlare.
Lui scosse la testa e tornò a guardare avanti, ma io lo feci fermare mettendo una mano sulla sua spalla. La mora che gli camminava affianco si voltò verso di lui, preoccupata, ma il verdino le fece cenno di continuare, invece gli altri ci superarono, non prestando attenzione a noi due, e quando fummo indietro al gruppo, lo incitai ancora una volta a parlare.
«Mi sono semplicemente fatto male oggi»
«E perché non lo hai detto a Recovery?»
«Perché è solo un graffio, e comunque prego»
Alzai un sopracciglio, completamente confuso sul perché mai avrei dovuto ringraziarlo.
«Ti stava arrivando una scheggia alle spalle, io l'ho vista e l'ho fermata. Non potevo lasciare che ti ferissero»
Lo guardai, restando zitto per un attimo, prima di sbuffare alzando la testa verso l'alto. Si era preso una scheggia in un fianco per proteggere me? E per quale motivo?
«Non ho bisogno che tu ti prenda i colpi per me. Non farlo più»
«Devo»
Si limitò a dire questa parola, e poi aumentò il passo per tornare dal suo gruppetto di sfigati.
Perché doveva farlo? Perché doveva proteggere me, che sapevo benissimo farlo da solo? Ero io quello che doveva proteggere lui, non viceversa, siccome non riusciva a badare a se stesso.

Questo era successo qualche mese prima, ma c'erano state altre occasioni in cui erano successe cose simili, che fosse lui a prenderle per me o viceversa. Il motivo per cui ci stavo pensando in quel momento era perché finalmente avevo trovato un senso a questi nostri atteggiamenti suicidi che ci venivano pur di proteggere l'altro.

Fino a quel momento non me l'ero mai spiegato, non avevo mai capito perché si sentisse tanto in dovere di dovermi proteggere, così come io mi sentivo in obbligo di badare a lui e tenerlo sott'occhio, ma ora le cose erano diverse. Ora avevo capito.

Lui doveva proteggermi. Doveva starmi vicino. Non per infastidirmi o perché non fossi in grado di badare a me stesso, ma perché la sua indole glielo ordinava. Perché lui aveva scelto me, il suo omega interiore aveva scelto il suo alpha.

E se era questo il motivo per cui lui mi stava così appiccicato, per forza di cose doveva essere la stessa cosa che stava capitando a me.

Volerlo proteggere. Tenere al sicuro. Toccarlo. Stringerlo. Strangolarlo e scoparlo.
Volerlo. Volere lui. Cazzo.

The Infamous Rut ~ a BakuDeku Omegaverse storyWhere stories live. Discover now