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"10 things i hate about you"

STEVE'S POV
Mi preparo per l'uscita e come sempre la parte più importante sono i capelli, lacca giusta e tutto esce alla perfezione. Metto un pantalone nero con una cintura e una camicia del medesimo colore, non vorrei sembrare troppo elegante quindi pregherò che anche lei si sia messa qualcosa del genere.
Mentre mi sto pettinando un pensiero affiora nella mia mente. Esco dal bagno della mia camera e mi dirigo verso il casettone sotto il mio letto. Ho lasciato lì i ricordi di quest'ultima esperienza, divisa compresa. Cerco nella tasca in alto ed eccolo lì. Ancora intero.

"Caro Steve,
ecco 10 cose che odio di te.
1. Odio il fatto che ami talmente tanto te stesso che a volte mi spaventi, sembra che niente possa buttarti giù da quel piedistallo e possa farti pensare che tu abbia davvero dei capelli di merda.
2. Odio il modo in cui mi parli, come mi chiami sempre "Biondina".
3. Odio il fatto che tu abbia sempre ragione. Avevi ragione su tutto, ed è snervante il modo in cui tu sappia di avere ragione.
4. Odio quando mi guardi in quel modo che mi fa sentire in imbarazzo, quando punti quegli occhioni scuri su di me e non mi lasci neppure dire una parola
5. Odio quando mi fai ridere come nessuno, sopratutto quando esce la mia risata a maialino.
6. Odio quando menti, perché credi di saperlo fare, e mi urta così tanto che vorrei ammazzarti.
7. Odio quando mi tocchi, quando ti avvicini a me e credi di avere il potere nelle tue mani, quando non è vero.
8. Odio le tue risposte a testa di cazzo, quando non capisci o quando fai finta di non capire. O peggio quando mi prendi in giro.
9. Ti odio così tanto che questo mi scoccia
10. Ma la cosa che odio di più e che non ti odio. Ci provo, te lo giuro, ma non riesco ad odiarti.
Spero che riuscirai a leggere questo bigliettino quando sarà tutto finito, e giusto perché tu lo sappia il pistacchio è il mio gusto preferito.
-Hanna"

Sorrido e poso il bigliettino nel casetto della mia scrivania.

HANNA'S POV
Decido di raccogliere i capelli in uno chignon non preciso, lasciando avanti dei ciuffetti. Metto dei tacchi e mi trucco in modo leggero.
Bussano alla porta, dev'essere lui.
Non è la prima volta che esco con un ragazzo, ma mi sento così agitata.
Vado ad aprire ed è lui, davvero bello.
Lui mi guarda attentamente dalla testa ai piedi.

«ti sta davvero bene» riesce a dire. Sorrido ed esco dalla porta salutando mia madre. Raggiungiamo la macchina e mi apre lo sportello.

«che gentleman Harrington»
Sorride ed entra anche lui in aiuto. Mi sento molto meglio adesso, l'ansia è andata via.
Il silenzio imbarazzante è insopportabile.

«ma la cosa che odio di più e che non ti odio» dice facendomi scappare una risata

«lo hai letto» mi giro verso di lui

«me lo avevi detto tu»

«beh te lo sei ricordato»

Lui ricambia lo sguardo per un secondo e poi si gira nuovamente verso la strada.

«facciamo così. Adesso tocca a me fare una lista. Odio quando ti impunti su qualcosa e niente può farti cambiare idea»

«giusto»

«Odio quando mi chiami per cognome. Odio...quando mi mangi con gli occhi ma sei troppo timida per dire che sono bellissimo»

«questo lo dici tu!» scoppiamo a ridere

«perché non lo pensi?» mi guarda

«...no» dico seria, si capisce che mento?

Arrivati alla gelateria scendiamo dalla macchina e lo aspetto fuori mentre lui ordina i gelati. Io ho preso un cono al pistacchio, lui alla nocciola. Torna con i coni e mi porge il mio. Il gelato è una delle cose più buone del mondo. Lo mangerei sempre, pure a casa di Babbo Natale al gelo se dovessi.
Mi sporco la punta del naso e lui ride cercando di non farsi vedere. Faccio sempre così quando mangio non è colpa mia.

«che c'è?» punta il suo dito sul mio naso e lo tocco cercando di capire

«è sporco? Non capisco...» si avvicina e con il fazzoletto lo pulisce, rimaniamo qualche secondo a guardarci e poi ci distacchiamo tornando ad essere normali

Parliamo di qualsiasi cosa, ma riassumendo in una parola la serata sarebbe "ridere".
Torniamo in macchina e durante il tragitto variamo di qualsiasi discorso.
Ma come ogni momento felice, c'è bisogno di qualche momento triste. Parliamo di mare, costumi e vacanze.

« Se avessi una pancia piatta comprerei subito, e dico subito, quel costume di Aria Montgomery. È tipo blu e verde» lui non sembra divertito

«tu hai una pancia piatta» dice annuendo

«non proprio» rido ma lui non fa lo stesso

«Se tutte le pance non piatte fossero come le tue allora credo impazzirei» accenna ad un sorriso.

«ferma la macchina» ordino

«che?» mi guarda sorpreso

«fermala» lui parcheggia quasi fuori casa sua.
Mi guarda senza capire e io senza pensarci due volte butto le mie braccia attorno al suo collo e le mie labbra sulle sue. Quando mi distacco per prendere fiato noto un sorriso sulle sue labbra e le rigetta sulle mie.
La sua lingua si intreccia con la mia e come se fossero degli strumenti musicali fanno danzare il mio stomaco. Più avanti andiamo più il bacio cambia forma, non è più delicato e genuino, ma è ricco di passione ed è più violento.
Ci stacchiamo per respirare e stacco le mie braccia dal suo collo.

«Ti dico più spesso che sei magra se è questa la reazione» entrami scoppiamo in una risata e comincia a guidare portandomi a casa.

Arriviamo fuori casa mia e scendo dall'auto. Mi appoggio al finestrino e lui mi guarda come fa ogni volta

«buonanotte allora» dico incamminandomi verso la porta

«sapevo che ci avresti trovato gusto a darmi la buonanotte» sento da lontano, ricordando le altre occasioni in cui è successo. La prima è stata proprio qui.

«sei un coglione Harrington!»
non sento nessuna risposta così mi giro, non è da lui lasciarmi l'ultima parola. Lo trovo proprio dietro di me, mi afferra un braccio e mi attacca alle sue labbra di nuovo. Sposto le mie mani sui suo capelli, giocandoci un po'. Incastra la sua lingua nella mia bocca e io faccio lo stesso creando un legame che non vuole spezzarsi. Le sue braccia circondano la mi schiena e io comincio a sentire caldo al tocco delle sue mani. Mentre la situazione ci stava sfuggendo di mano la porta di casa si apre. Ci stacchiamo velocemente e vedo mia madre con la busta della spazzatura rimasta a bocca aperta.

«mamma!»

«Io-» cammina andando a buttare la spazzatura difronte.

Torna da noi e si avvicina alla porta.

«buonanotte...»

«Steve» dice il suo nome imbarazzato

«si, notte Steve» entra in casa e sento dire un "o mio dio" disperato.
Ridiamo per un'ultima volta e poi entro in casa, chiudendo la porta con un enorme sorriso in faccia.

«dobbiamo parlare Hanna Marin!» sento mia madre alle mie spalle.

Cazzo.

SPAZIO AUTRICE
ispirato al film💛

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