La battaglia

212 16 46
                                    

Mi sentivo solo, sdraiato ed abbandonato a me stesso in quella cupa e praticamente tempestosa giornata dove l'unica mia compagna era la tristezza; come se di punto in bianco, dopo aver aperto nuovamente gli occhi, si fosse concretizzata in una vaga forma concreta, umana, che mi guardava nostalgicamente in viso.

Penso che tutti nella nostra vita abbiamo quella persona che non fa altro che riportarci alla mente brutti ricordi ed esperienze, non facendoci pensare ad altro se non al deprimente passato con quell'ultima.

E così come era comparsa, se ne andò, diventando solo qualche piccola molecola di materia azzurrina nell'aria.

A distrarmi da tutti i miei pesanti e violenti pensieri è stata una presenza che non mi sarei mai aspettato.

"Tutto bene giovanotto?" Mi disse una vecchia voce da dietro il mio campo visivo, cogliendomi alla sprovvista.

Mi alzai dal gelido tappeto di erba e, sotto la costante doccia della natura, mi girai verso la figura ignota alle mie spalle: era un anziano signore non molto alto e con pochi capelli bianchi; mi guardava in attesa di una risposta da sotto l'ombrello colore rosso carminio.

"Non proprio" Ammisi, tirandomi sù il naso; lui vide che avevo gli occhi più lucidi di uno specchio, che forse serviva a schermare l'entrata per la galleria dei miei sentimenti, però non ci fece caso oppure non volle farmelo pesare.

"Vieni qua ragazzo; se resterai lì sotto la pioggia ti ammalerai come minimo" E mi fece segno di raggiungerlo sotto quella piccola, ma comoda, salvezza; lo ringraziai timidamente.

Camminammo lentamente, al passo del signore, fino ad una tavola calda poco lontano dall'ingresso del parco.

"Posso offrirti qualcosa di caldo?" Mi chiese gentilmente, abbozzando un sorriso.

"Non credo ce ne sia il bisogno ...".

"No davvero, insisto".

Esitai un attimo: "Va bene, grazie" Ed entrammo, sedendoci ad un tavolino nel fondo del piccolo, ma accogliente, locale.

Dopo qualche minuto di silenzio, il signore iniziò la conversazione:

"Come mai eri da solo nel parco sotto la pioggia torrenziale?" Domandò, tranquillo.

"Ho avuto delle grandi delusioni ultimamente..." Tagliai corto.

"Vuoi parlarne?" Aggiunse; rimasi muto, come se un'invisibile cerniera mi avesse bloccato la corrente di parole che premevano per uscire dalla bocca.

"Capisco che non ti senti a tuo agio ... mi chiamo Nestore, piacere" E mi accigliò un sorriso genuino; "Che nome bizzarro" Pensavo tra me e me, cercando di capire da dove potesse mai provenire.

"Charlie" E feci il medesimo gesto. "Posso chiederle di dove è originario? Se non sono indiscreto" Chiesi.

"Per favore, non darmi del lei" E ridacchiò. "So che me lo hai chiesto perché il mio nome è molto strano da queste parti". Annuii per confermare. "Comunque non mi ricordo da dove vengo, o forse non voglio farlo; io giro il mondo, di città in città, di nazione in nazione, di continente in continente e, anche se ho una certa età, mi sembra di essere rimasto giovane".

"Che bello" Esclamai sorpreso.

"Questo è quello che molti mi hanno detto per tutta la vita, eppure io non rimango mai nello stesso posto per molto tempo perché so che prima o poi non potrò fare altro che adagiarmi in uno di questi per l'eternità; non so dirti il motivo, se non che lo faccio forse per provare a trovare finalmente la felicità, o forse perché ho paura del passato che pian pianino si sta avvicinando a me per cercare di sopprimere il mio benessere ed il mio futuro".

Sotto la mia alaWhere stories live. Discover now