«No che non devi. Cioè, sì, ma voi due siete sposati. Non sei un fidanzato qualunque che può prendere e mollare, sei suo marito.»

«Questo non cambia le cose.»

Sua madre fece un gesto esasperato. Tolse dalle mani di Enzo la pentola che stava asciugando e gli disse di togliere il grembiule. Enzo protestò, disse che voleva finire lì, ma lei non accettò scuse. Andò a sedersi sulla poltrona del salotto, la poltrona che un tempo era stato il trono di suo marito, ed indicò il divano finché Enzo non ci si accomodò, anche se di malavoglia.

«Io non so cosa abbiate voi giovani. Cosa è successo che vi ha fatto diventare così fragili? Avete le crisi di mezza età a vent'anni. Siete depressi. Non avete il coraggio di sposarvi e quando lo fate rovinate un matrimonio alla prima difficoltà. Alla tua età io e tuo padre avevamo già finito di far figli. Sapevamo che i nostri unici compiti erano crescervi e lavorare e ci andava bene così. Era normale. Forse è questo il problema, adesso volete tutti essere speciali.»

«Io non voglio essere speciale.»

«Ma tua moglie sì. E la cosa si sta riversando su di te.»

Enzo non commentò. Pensò a quello che aveva appena detto sua madre, ma non capiva come tutta quella tirata sui giovani cambiasse la situazione tra lui e Catia. Vedendo che da solo non ci arrivava, sua madre fu più esplicita.

«Non ci si lascia così all'improvviso, Enzo. Prima ci si confronta e si fanno dei tentativi per far funzionare le cose, poi si decide che fare. Devi parlare con Catia.»

«E se non torniamo insieme?»

«E se invece succede?»

Enzo non era convinto. Sua madre si spostò sul divano e gli mise una mano sulla spalla.

«Va' da lei, Enzo. Ora.»

«Ora?»
«Ora. Non far passare un'altra notte.»

Enzo allora andò

* * *

Enzo stava guidando nel buio della campagna. La strada era piena di buche e l'illuminazione scarsa invitava a procedere con cautela, ma lui conosceva quel tragitto talmente bene che poteva farlo senza mai togliere il piede dall'acceleratore.

Stava tornando a casa. La sua vera casa, quella in cui viveva con Catia. Enzo la vedeva in lontananza ed il suo cuore ruggiva nel riconoscerne i contorni. Era una villetta di proprietà della famiglia di Catia e lui si era sempre sentito un po' in soggezione a vivere in un posto palesemente fuori dalla portata del suo stipendio da professore, soprattutto sapendo quanto scatenasse l'invidia della gente, ma in quel momento l'affetto gli strizzava lo stomaco.

Per fortuna ci pensò la memoria muscolare a farlo arrivare a destinazione tutto intero. Enzo si ritrovò davanti al cancello della villetta e fermò l'auto. Quello era il momento in cui doveva aprire il cancello ed entrare, come aveva fatto almeno due volte al giorno negli ultimi cinque anni, ma quella sera non c'era nulla di automatico.

Non era sicuro di quello che stava facendo. Credeva di averci pensato bene a casa di sua madre, quando aveva passato almeno dieci minuti a mettere e togliere le scarpe, ma essere lì rendeva tutto più sbagliato.

Catia lo aveva invitato, ma non quella sera. Enzo non aveva nemmeno provato a farle uno squillo, si stava palesando nel suo giardino come nelle peggiori storie di mariti gelosi. E se ci fosse stato Alessandro?

Enzo inserì la retro. Era a tanto così da premere sul gas e andarsene, ma le parole di sua madre echeggiarono fra i suoi pensieri.

Se amava Catia, doveva provarci. Se c'era una minuscola possibilità di farla ricredere sulle sue scelte e tornare insieme, doveva coglierla in quel momento.

I LOVE YOU, OLIVIAWhere stories live. Discover now