ASSAI PALPITASTI

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Enzo era a casa sua. Non la sua nuova casa, ma quella vera. La villetta di Catia. Le finestre erano chiuse e non vedeva il colore del cielo, ma capiva che era tardi perché le luci artificiali del salotto erano accese.

Era seduto su uno dei due sofà. Si sentiva solo, ma non lo era. Catia era davanti a lui e faceva avanti e indietro mentre parlava e piangeva. Ogni tanto lo guardava negli occhi, ma era uno sguardo inafferrabile. Senza consistenza. Se Enzo voleva acchiapparlo, quello svaniva.

Forse era un sogno.

Se era un sogno, preferiva svegliarsi o cambiare le cose?

La voce di Catia gli arrivava lontana e deformata, come in fondo al mare, ma lui non aveva bisogno di distinguere le parole per sapere che discorso gli stava facendo.

Lo stava lasciando.

Un'altra volta.

Gli diceva di essere innamorata di un altro e piangeva perché voleva che Enzo continuasse a volerle bene.

Enzo non poteva sopportarlo. Non di nuovo. Per questo, così come era successo nella realtà, si lasciò scivolare nell'incoscienza. Sentiva, ma non ascoltava. Vedeva, ma non guardava. Tenne gli occhi fissi sulla parete gialla alle spalle di Catia, dove c'era un'enorme foto del loro matrimonio.

In quel momento sembrava appartenere ad un'altra vita. Un'altra persona. Enzo riconosceva se stesso con l'abito elegante e Catia vestita da sposa, ma era come guardare due sconosciuti.

Chi erano quei due che ridevano guardandosi negli occhi?

Cosa si provava ad essere così felici?

Quanto diventava leggero il mondo, quando si aveva l'illusione che la vita sarebbe stata dolce?

Enzo venne svegliato dal rumore di qualcosa che cadeva.

Era nel bilocale. La luce del mattino traspariva dai forellini delle tapparelle ed i suoni che provenivano dalla strada gli dicevano che stava passando il camion della carta. Con il divano letto che cigolava ad ogni movimento, Enzo cercò il proprio cellulare e controllò l'orario. Erano le sei di mattina. Aveva ancora venti minuti. Si riavvolse nelle coperte ed abbracciò il cuscino nella speranza che questo lo inglobasse e lo trattenesse lì per sempre, ma non era destino.

Enzo sentì di nuovo il rumore che lo aveva svegliato. Qualcosa che cadeva. Qualcosa di leggero, ma croccante, che proveniva dalla cucina. Realizzando di non essere solo, Enzo si alzò a sedere di scatto.

Già perfettamente truccata e perfettamente vestita, Olivia era in piedi davanti alla dispensa della cucina. Teneva in mano una scatola di cereali, quella che doveva esserle caduta due volte, e guardava Enzo con gli occhi grandi e tondi di chi è stato colto in flagrante.

«Buongiorno.» disse. Poi prese un cucchiaio e scappò in camera sua con la scatola di cereali.

Rimasto solo, Enzo sospirò e si lasciò ricadere sul divano letto. Aveva intenzione di godersi quegli ultimi venti minuti di sonno che gli rimanevano, quando realizzò che giorno era.

Era mercoledì.

Quel mercoledì.

Enzo schizzò in piedi ed andò in bagno a vestirsi.

* * *

Andava sempre così, ultimamente.

Enzo dormiva. Si svegliava. Per un attimo andava tutto bene, poi il suo cuore diventava pesante e lui si chiedeva perché. I ricordi tornavano. Lui restava a letto. Quando era costretto ad alzarsi per andare a lavoro, era già straziato e carico di pensieri.

I LOVE YOU, OLIVIADär berättelser lever. Upptäck nu