Quando Enzo cominciò a sentirsi come se non fosse lui a dover scegliere l'appartamento, ma fosse il proprietario a dover valutare se scopava abbastanza per meritarselo, chiese di poter scattare qualche foto e se ne andò.

Enzo visitò la terza ed ultima casa del giorno con una tale stanchezza addosso che non riuscì nemmeno a farsene un parere. L'agente immobiliare era una donna gentile, ma Enzo annuiva senza ascoltare davvero le sue spiegazioni. Si guardava attorno per abitudine ed i suoi occhi registravano solamente gli scarabocchi di alcuni bambini sui muri e le impronte dei mobili che non c'erano più.

«Quando potrei trasferirmi?» chiese Enzo alla fine della visita.

«Anche subito.»

Era la risposta che voleva sentirsi dire, ma gli fece venire il mal di pancia.

Stava ricominciando a piovigginare, quando Enzo entrò in un bar. Erano quasi le sei di pomeriggio e da qualche parte era l'orario perfetto per Spritz e patatine, ma lì non si faceva aperitivo. Il barista era un signore di settant'anni che parlava solo in dialetto ed i clienti erano tutti suoi coetanei. C'era in corso una combattutissima partita di briscola e tutti i presenti avevano accerchiato il tavolino dove si svolgeva la grande sfida per poter guardare.

Pur di ordinare qualcosa che gli permettesse di ripararsi dalla pioggia per un po', Enzo prese una bottiglietta d'acqua dal frigo e la pagò, poi andò a sedersi ad uno dei tavolini più isolati. Bevve un sorso, ma l'acqua era così fredda da fargli male ai denti.

Enzo sapeva cosa doveva fare. Non ne aveva la minima voglia, ma prese la sua cartella da professore e tirò fuori il necessario per prendere qualche appunto, poi sfogliò le foto che aveva scattato con il cellulare.

Erano tutte uguali, a vederle una dopo l'altra. C'erano solo muri e pavimenti vuoti, anche quando si trattava dell'unico appartamento ammobiliato. Non gli dicevano nulla. Non gli raccontavano nessuna storia. Sul suo quadernetto scrisse i pregi ed i difetti che ricordava, ma a livello di sensazioni nessuno dei tre appartamenti lo faceva sentire come se la sua ricerca fosse conclusa.

Afflitto, Enzo cominciò a sfogliare le foto più vecchie. C'erano altre case, altri pavimenti, altri luoghi ed alcuni di questi erano nettamente migliori di altri, ma lui non riusciva ad immaginarsi fra quelle stanze. Non riusciva a visualizzare i suoi libri impilati lungo quelle pareti o le sue ciabatte in un angolo. Il suo futuro non era da nessuna parte. Davanti a sé vedeva solo un'eterna copia del presente e l'idea era così soffocante che Enzo preferiva non pensarci affatto.

Enzo cominciò a cancellare le immagini. All'inizio una per una, poi selezionandole in blocco. Stava per eliminarle in via definitiva, quando ne intravide una diversa dalle altre. Era la foto che aveva scattato poche ore prima al volantino appeso al palo. Era leggibile, anche se l'aveva fatta in fretta, e lui si soffermò a guardarla.

Nonostante il volantino fosse appeso in centro a Modena, l'appartamento descritto si trovava in periferia. Vicino alla campagna. Le striscette di carta da strappare con i contatti di una certa Olivia Cuoghi erano già state prese tutte, ma il numero di telefono era scritto anche nel testo.

Enzo guardò intensamente la scritta: COINQUILIN* CERCASI. Selezionò l'immagine per cancellarla insieme a tutte le altre, poi la deselezionò e la guardò un altro po'. Trascrisse il numero di telefono su un tovagliolino, poi lo digitò sul cellulare e fece partire la chiamata.

All'inizio non rispondeva nessuno. Enzo si sentiva già sollevato all'idea di non dover fare altri sforzi, ma poi una voce femminile gli parlò all'orecchio.

«Pronto?»

«Pronto?» chiese Enzo. Per poco non rovesciò la bottiglietta di tè. «Parlo con Olivia Cuoghi?»

I LOVE YOU, OLIVIAWhere stories live. Discover now