Capitolo 6

75 3 2
                                    

"Come stai? È molto che non ci vediamo." Un sorriso comparve lentamente sulle sue labbra. La sua voce era sempre roca, forse più del solito, la sua stretta forte attorno al mio braccio, il suo fiato caldo contro la mia pelle.

Abbassai velocemente lo sguardo. "Come pensi che possa stare dopo quello che hai fatto?" Sussurrai impaurita.

"Non so, magari bene." Fece spallucce indifferente.

"Cosa ne hai fatto di quel momento?" Sussurrai e alzai lentamente lo guardo per guardarlo negli occhi.
"No perché, non so tu, ma io me lo sogno la notte, costantemente. Li scrivo, li vedo quando la gente pensa che io stia semplicemente guardando il vuoto, li sento in ogni luogo, voci, colori, immagini, me li porto ovunque, è come un incubo incastrato nella mia fottuta mente." Sussurrai un po' impaurita dalla sua reazione a quello che stavo dicendo. Gli occhi mi si bagnarono, mi morsicai il labbro inferiore ripetute volte cercando di non piangere, di non fargli vedere che ero debole, ma una lacrima ribelle scese e mi bagnò la guancia.

Mi fissò per qualche minuto senza dire nulla, ed io ero lì, ferma, immobile, era come se non riuscissi a muovermi, e finalmente dopo un tempo che mi sembrò infinito, aprì bocca per parlare.

"Tutti abbiamo una parte di noi che ci spinge a fare qualcosa che non dovremmo fare, e più tentiamo di sopprimerla con la ragione, più ci tenta. A volte lo sfrenato tentativo di sopprimere una folle idea, un'idea crudele che però ci era già passata per la testa non fa altro che ingigantirla. Più provi a non pensarci, più ti ritrovi a pensarci. Cerchi di allontanarla, ma quell'idea non se ne va. Eh beh, alla fine qualcuno la mette in pratica, nonostante sappia bene che sia una cosa sbagliata." Sorrise guardando la parete dietro di me, sembrava pensieroso, come se si sentisse in un certo senso, in colpa.

Lo fissai, non sapevo cosa dire, quello che aveva detto in un certo senso era vero, tutti dentro di noi racchiudiamo una folle idea, la sua era violentarmi, e non era riuscito a tenere a controllo questa folle idea, e di conseguenza mi aveva rovinata, non fisicamente, ma moralmente.

Da quel giorno mi chiusi in me stessa, non ero mai stata una ragazza molto aperta, ma dopo quella vicenda diventai ancora più chiusa. Avevo paura di qualunque ragazzo si avvicinasse a me o che mi parlasse, evitavo tutti, arrivai anche all'idea di smettere di andare a lezione, la paura mi stava pian piano divorando dentro, e non sapevo fino a quanto avrei potuto resistere.

Avrei fatto quello che ormai sapevo fare meglio, ovvero sopravvivere, alla fine era l'unica carta che potevo giocarmi. Non potevo neanche contare su me stessa, era come se mi auto tradissi, una parte di me avrebbe voluto continuare a piangere, continuare ad aver paura, mentre l'altra parte di me avrebbe voluto rialzarsi e rincominciare tutto da capo.

Avevo appena finito le lezioni, ed ero in stanza da sola.

Mi sedetti, presi la mia testa fra le mani, guardai nel vuoto, mi sentii parte di esso; e pensai.

Pensai che a volte ci si sente colpevoli di qualcosa di indefinito, forse d'essere noi stessi, è solo che a volte, vorrei non essere me.

E all'improvviso mi venne da piangere, ma non ci riuscii. Provai solo un'amara stanchezza, come quando ci si sente giù, che più a terra non si potrebbe.

Pensai che a tenersi tutto dentro poi si esplode, ma nulla, nemmeno una lacrima.

Qualcuno bussò alla porta e mi distrae dai miei pensieri. Decisi di ignorarlo e feci finta di non essere in stanza.

"Jessica apri."

Quella voce.

"Cosa c'è?" sussurrai, non sapevo nemmeno se mi avesse sentita.

The shadow. |H.S|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora