Capitolo 3

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Dal parcheggio si sentiva la musica fortissima, era una casa grandissima con delle scritte in greco, una confraternita.

C'era gente fuori che barcollava, altri in cerchio che chiacchieravano con bottiglie di birra in mano, altri ancora fumavano, non era per niente un posto adatto a me.

Mi incamminai di fianco al ragazzo senza nome facendo lo slalom tra la gente.

Arrivammo alla porta d'ingresso ed entrammo.

Il soggiorno era enorme, un tavolo lunghissimo occupava metà stanza, al di sopra di esso c'erano bevande di tutti i tipi, alcolici, pizza, patatine popcorn e altro...

Mi guardai intorno spaesata, c'erano ragazzi e ragazze che ballavano ovunque, tutti spiaccicati, non si respirava e c'era una puzza di fumo ed alcol fortissima.

Cercai con lo sguardo il ragazzo senza nome, ed era lì vicino a me, mi guardava come se stesse cercando di capire a cosa stessi pensando, poi scosse la testa e accennò un sorriso, facendo mettere in mostra una fossetta, come la prima volta che lo vidi.

"Io vado, divertiti." Fece per andarsene, poi si voltò di nuovo.

"Comunque io sono Harry, Harry Styles." Sorrise e se ne andò, ed io restai lì da sola, di nuovo.

Mi guardai intorno per cercare un posto dove sedermi, in fondo alla stanza c'era un piccolo divano nero di pelle, mi sedetti lì.
Mi sentivo spiazzata.
Spaesata, in balia del nulla.
Era uno di quei momenti dove avrei voluto rinchiudermi in una stanza. Al buio. Senza avere rapporti umani con nessuno.
E all'improvviso mi venne da piangere.
Sapevo benissimo che piangere non sarebbe servito a nulla.
Sciogliersi in lacrime non mi avrebbe fatta sentire meno a disagio.
Eppure, a volte, l'unica cosa che si riesce a fare è piangere.
Perché mi ero stancata.
Stancata di dover sempre lottare da sola.

Passai tutta la serata lì a guardare la gente che mi passava davanti ubriaca.

Dopo qualche ora mi alzai stufa e andai a cercare Kate ed Harry; uscii fuori dalla casa per prendere un po' d' aria e per mia fortuna trovai li Harry.
Era seduto con dei suoi amici. All' inizio esitai ad andare a parlargli, ma mi vide e si avvicinò.
Imbarazzata abbassai lo sguardo.

"Ciao,scusa, sai dov' è Kate?" sussurrai senza guardarlo.

"No, perché la cerchi." Mi guardò freddo, indifferente, e sembrava quasi che gli stessi dando solo fastidio.

"Va be', scusa.. ehm.. vado a cercarla dentro." Mi girai e feci per andarmene, ma la sua mano mi bloccò.

"Perché la stai cercando?" Mi guardò dritto negli occhi.

"Domani ho lezione, e vorrei tornare al college, è tardi." Abbassai velocemente lo sguardo, i suoi occhi mi penetravano dentro.

"Non so dove sia Kate, ma se vuoi un passaggio posso dartelo io." Continuava a fissarmi, alzai per un attimo lo sguardo e i miei occhi verdi incontrarono i suoi.

Distolsi velocemente lo sguardo, di nuovo.
Quel ragazzo mi metteva davvero una gran soggezione.

"Quindi? Lo vuoi un passaggio o no?" Alzò un sopracciglio.

"Ehm... si va bene.. ehm.. grazie mille.." Sorrisi imbarazzata.

"Okay." Ritornò dai suoi amici per salutarli, poi si incamminò verso la macchina e lo seguii.

Salimmo in auto, la accese e partì.

"Ti è piaciuta la festa?" Mi chiese guardando la strada.

"In realtà no." Feci spallucce e lo guardai.

"Come mai non ti è piaciuta?" Si voltò e mi guardò, accennò un sorriso divertito e tornò a guardare la strada concentrato.
Mi aveva beccata a guardarlo, e giuro, in quel momento avrei voluto sprofondare e non tornare più su.

"Non so, non penso di essere una ragazza da feste.
Alcol, fumo e balli scatenati non fanno per me.
Sono più una da libri e musica classica." Sussurrai piano guardando fuori dal finestrino, lo sapevo cosa pensava la gente delle ragazze come me.

"Una sfigata in pratica." Ridacchiò e sì voltò per guardarmi.

"Non capisco perché voi "fighetti" dovete chiamare le ragazze come me, 'sfigate'.
Non penso ci sia qualcosa di male nel preferire lo studio alle feste.
Non dobbiamo essere per forza tutti uguali, soprattutto se c'è gente che rinuncia all'essere com'è davvero per non essere reputato "sfigato".
Odio le persone che vogliono sentirsi diverse.
È inutile che ti comporti da alternativo se non lo sei, rimani pur sempre una testa di cazzo." Sussurrai piano, guardando la strada.

La macchina era ferma al semaforo, la strada buia illuminata solo dai lampioni e da qualche auto che ogni tanto passava con i fari accesi.
C'era un leggero venticello che muoveva gli alberi e faceva cadere le foglie.
Nel lato della strada si vedeva una macchina ferma con le quattro frecce, e due ragazze accanto che vomitavano, probabilmente per il troppo alcol.

Harry mi stava guardando, fronte aggrottata e sguardo profondo, come sempre.
Alzai lentamente lo sguardo dal basso e lo guardai.

"Ci sono sempre state le distinzioni fra adolescenti, non è la cosa più bella del mondo, ma ci sono, e non penso che potremo mai farci nulla."
Fece spallucce e guardò la strada, ripartì e dopo qualche minuto arrivammo al college.

Non sapevo cosa dirgli.
Aveva ragione, le distinzioni c'erano e sarebbero continuate ad esserci, e noi purtroppo non potevamo farci nulla.
Di conseguenza io avrei continuato a far parte del gruppo dei così detti sfigati.

Mi accompagnò in stanza, e senza neanche chiedere, entrò e si sdraiò sul mio letto fissando il soffitto.

Lo guardai un po' confusa non sapendo bene cosa fare e cosa dire.
Mi sedetti sul letto di Kate continuando a guardarlo.

"Eh quindi tu sei Harry?"

Annuì.

"Oh.. Ehm.. Io sono Jessica."

"Lo so." Rispose freddo continuando a tenere lo sguardo sul soffitto.

"Bipolare di merda." Pensai.

"Ehm.. Dato che dobbiamo passare del tempo insieme, raccontami di te." Sorrisi cercando di essere il più educata possibile.

Si voltò e mi guardò prima di scoppiare a ridere.

"Oh no, io non ti racconto proprio niente di me." Disse fra le risate, e lì mi sentii una merda, dopotutto cercavo solo di fare amicizia.

Sbuffai alzando gli occhi al cielo e me ne andai in bagno.

"Io non ti racconto proprio niente di me." Ripetei sottovoce imitandolo.

"Ma chi cazzo si crede di essere? Dio sceso in terra? Ma io non lo so. Sopportazione zero."

Parlavo da sola mentre mi struccavo.
Era stata una serata da non rifare, le feste non sarebbero mai state il mio genere di passatempo, e nessuno mi avrebbe mai fatto cambiare idea.

Mi struccai, mi misi il pigiama che era già li in bagno e uscì.

Mi sdraiai sul letto di Kate dato che il mio era occupato da Mr. Rompi Scatole, e cercai di evitarlo il più possibile.

"Che c'è? Ora mi metti il broncio come le bimbe offese?" Mi guardò cercando di evitare una risata.

Presi il cellulare e mi misi a messaggiare senza ascoltarlo, cercando di ignorarlo il più possibile.

"Ti sei tagliata la lingua in bagno?" Continuò a stuzzicarmi.

In quel momento entrò Kate e mi guardò subito malissimo.

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The shadow. |H.S|Where stories live. Discover now