L'incidente

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Mi incamminai verso la fermata della metro, che però si rivelò essere più lontana del previsto.

Maledetta me e il momento in cui ho deciso di indossare questi stupidi tacchi!

Sentii squillare il telefono.
"Cosa cazzo vuoi?!" risposi, furiosa, e non c'è bisogno vi dica chi fosse il mio interlocutore.
"Dove sei?" mi chiese allora.
"Non sono affari tuoi." ribattei freddamente.
"Lo sono eccome! Vorrei ricordarti che sono il tuo capo e tu la mia segretaria che oggi ha quasi mandato a monte una serata importante!"
"Io avrei mandato a monte la tua serata? Dici sul serio?!" chiesi, furiosa più che mai. Se lo avessi avuto davanti in quel momento, gli avrei probabilmente dato un pugno in pieno volto.
"Sì!" rispose ancora.
"Hai messo all'asta delle ragazze! Te ne rendi conto?! Ma non ti fai un po' schifo?!"
E come risposta ricevetti solo silenzio. Non capii se stesse in silenzio perché mi ritenesse ridicola o se, forse, gli fosse venuto qualche scupolo sul suo comportamento.
"Sei come tutti gli altri ricconi. Un branco di decerebrati che pensano di poter ottenere tutto con i soldi! E io che credevo fossi davvero diverso!"
"Ivy, calmati. Dimmi dove sei."
"Mi calmo un cazzo! Non voglio vederti, né tantomeno sentirti. Considerami licenziata."

Oh no, non l'ho detto seriamente...

"Smettila di fare la stupida e dimmi dove sei. Avevamo un discorso in sospeso, non ricordi?"
"Lasciami in pace." gli chiusi il telefono in faccia.

Non mi sono davvero licenziata, vero? Non posso essere idiota a tal punto, Dio mio!

Continuai a camminare velocemente, ma, dopo pochi istanti, sentii delle gocce cadermi sul viso. Stava iniziando a piovere.

Oh andiamo! Oggi non me ne va bene una!

Iniziai a correre, per quanto fosse possibile con un tacco dodici, sotto i portici di un edificio dall'altra parte della strada per ripararmi dalla pioggia. Ma, improvvisamente, un'auto sembrò come sbucare dal nulla. La vidi arrivare così velocemente contro di me, che l'unica cosa che riuscii a fare fu rimanere pietrificata in mezzo alla strada. Ricordo la luce dei fari, la botta tremenda, il suono dei freni e le urla di panico di un ragazzo, probabilmente colui che mi aveva investito.

"Oddio, cosa cazzo ho fatto!" sentii la sua voce, prima che tutto diventasse nero.

La prima cosa che ricordo dopo l'incidente è il rumore incessante del macchinario al quale ero attaccata in ospedale. Non appena aprii gli occhi, cercai di chiamare qualcuno per capire cosa fosse successo.

"Oh, vedo che ti sei svegliata. Vado a chiamare il dottore allora." disse una donna che, passando davanti alla mia stanza, mi aveva sentito sbraitare come una pazza.
"Cosa mi è successo?" le chiesi allora.
"Hai avuto un incidente, ma ora starai bene, tranquilla. Puoi dirmi il tuo nome?"
"Ivy... Ivy Jones."
"D'accordo Ivy, vado a chiamare il dottor Bailey."
"Va bene..." risposi, e così uscì dalla stanza.

Controllai il mio cellulare. Ventotto chiamate perse di Micheal e Mark. Più innumerevoli messaggi.

Bene. Chi chiamo ora?

In quel momento non avevo la minima intenzione di sentire Micheal, non dopo tutto ciò che era accaduto. Anche con Mark non mi ero lasciata molto pacificamente, effettivamente. Ma di sicuro avevo più voglia di sentire lui al momento.

Digitai il suo numero.

"... Ivy! Dove diamine sei?? Sono stato in pensiero tutta la notte! Micheal mi ha detto che è venuto a casa tua ma non sei mai rientrata. Ti abbiamo cercata ovunque-" disse, in preda al panico.
"Sono in ospedale."
"C-cosa?! Cosa è successo?!" chiese allora, ancora più agitato di prima.
"Ieri sera, mentre stavo tornando a casa, un'auto mi ha investita... credo. Non so, non ricordo molto bene."
"O mio Dio... stai bene?!"
"Sì, insomma." dissi.
Improvvisamente però iniziai a tremare.

Vidi l'infermiera entrare spedita nella camera.
"Ivy! Ivy calmati. Ok, è solo una crisi, devi calmarti." disse la donna che era appena rientrata nella stanza, cercando di farmi fermare.
"Ivy... Ivy!" sentii Mark dall'altro capo del telefono. "Cosa diavolo sta succedendo?" disse, con voce rotta.

Quando finalmente la crisi fu finita, l'infermiera prese il telefono. Io non avevo ancora la forza per parlare.
"Chi parla?"
"Sono Mark Lewis. Cosa è successo ad Ivy? In che ospedale si trova??" era in preda al panico. L'infermiera rispose a tutte le sue domande, e lui arrivò dopo circa venti minuti.

"Ivy!" disse, spalancando la porta e venendomi incontro.
"Hey. Chi è Ivy?"
"Tu-"

Sembrò ricordare improvvisamente il giochetto avvenuto anni prima, quando ero svenuta nel bagno della scuola.

"Non ci casco due volte." asserì allora.
"Te ne sei ricordato? Daiii... mi hai tolto tutto il divertimento!"
Mi guardò negli occhi per qualche istante, come rincuorato nel vedermi sana e salva.

"Com'è successo?" mi chiese, dopo essersi seduto sul mio letto.
"Avevo appena finito di discutere con Micheal a telefono. Poi ha iniziato a piovere, ho cercato di correre sotto un portico, quando improvvisamente un'auto è sbucata dal nulla. Ricordo una voce maschile e poi... il buio totale.
"Una voce maschile? Chi è questo figlio di puttana?!"
"Non... non lo so..."
"È stato un ragazzo a chiamare l'ambulanza. Ma una volta arrivati, i paramedici non hanno trovato nessuno." ci interruppe l'infermiera, che nel frattempo mentre controllava fosse tutto al suo posto non aveva potuto eviatare di ascoltare la nostra conversazione.
"Quell'infame è scappato?! Giuro che se lo trovo lo uccido con le mie stesse mani!"
"Mark per favore calmati, è stato solo un incidente." tentai di rassicurarlo. Conoscevo perfettamente il suo lato incazzato e, sebbene sperassi fosse maturato un po' in tutti quegli anni, non potevo comunque esserne sicura.

"Come sta ora?" chiese Mark all'infermiera.
"Non sono autorizzata a dire nulla. Tra qualche minuto arriverà il dottor Bailey." rispose lei, facendo per andarsene.
"Va bene, grazie mille."

"Devo chiamare Micheal, sarà preoccupato." mi disse, una volta che fummo soli.
"Non voglio vederlo." ribattei immediatamente.
"Non dire stronzate Ivy, stanotte era disperato..."
"Non sembrava disperato quando mi ha accusato di avergli rovinato la festa."
"Lascia almeno che lo informi, poi gli dirò che non vuoi vederlo."
"E secondo te si fermerà?"
"Beh..." disse, non credendo nemmeno un po' alle sue stesse parole.
"Fai quel che vuoi." aggiunsi allora, dal momento che sapevo non si sarebbe fermato, qualunque cosa gli avessi detto.

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