- IL MODULO DELL'ASSASSINO GENTILUOMO -

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«Questo sarebbe il tuo compromesso?»
Eren portò una mano sul petto del corvino, impedendogli di dire altro. Lo spinse sul letto con delicatezza, infine lasciò affondare le ginocchia ai lati delle sue gambe. Ma Azazel sollevò il busto dal materasso, poi strinse le mani attorno ai suoi fianchi per spingerlo sul materasso e invertire le posizioni. Erano morbidi, pensava mentre respiravano l'uno sulla bocca dell'altro, come se stessero sfidando la loro resistenza. E fu il corvino a perdere quando, oramai sopra la figura gentile e lussuriosa di Eren, la sua follia prese il sopravvento. I caldi gemiti del rosso giungevano alle sue labbra, facendogli perdere la ragione. "Non farlo" gli dicevano le voci. "Ti prego, continua. Ne ho bisogno" lo supplicava il cuore, che iniziava ad amare quel calore sul ghiaccio dentro cui era intrappolato. Ma anch'esso sapeva che fosse un errore fatale... Perché Eren non voleva farlo per piacere personale o per far impazzire Azazel. Voleva farlo per colmare un vuoto. Un vuoto enorme e incolmabile, che lui cercava di riempire con dieci, cento e mille cose diverse per non crollare. Il corvino decise di rattopparlo per qualche istante, e giustificò questa sua benevolenza con il pensiero che Eren avrebbe dovuto ricambiare in qualche modo quel favore. Azzerò quindi la distanza, attaccando le labbra alla sua bocca. Allora, tutte le emozioni che si vietarono di provare in quei mesi tornarono a galla sottoforma di incontrollabili fremiti. Eren sentiva la pelle scottare, il suo cuore chiedere di più. Portò quindi le mani sulle sue guance e lo avvicinò finché non fosse in grado di avvolgere il suo collo con ogni parte delle sue braccia. Quel bacio si fece più intenso, a tratti violento. E quel desiderio si trasformò in ossessione, che alimentò le fiamme che avevano dentro. Il cuore di Azazel batteva forte contro la gabbia toracica, i polmoni bruciavano per l'assenza di ossigeno... Ma niente lo fermò. Perché lo desiderava, perché amava la sensazione che di essere parte di un puzzle, dove il suo corpo e quello di Eren erano gli unici pezzi necessari per comporlo. Azazel era la luna crescente, o forse un primo quarto. Eren era la gibbosa calante, o magari un terzo quarto. Si volevano come il sole e la luna che, dall'eccessivo desiderio, si incontrano in un'eclissi colma di peccato. I loro corpi tremavano, come intimoriti dal calore o dal tocco dell'altro. Ma Azazel non smetteva di stringere la sua pelle come fosse sua da una vita, come se stesse aspettando quel momento da troppo tempo per potersi dare una regolata. E il suo bacino si muoveva gentilmente su quello del rosso, causando a quest'ultimo una marea di brividi. Eren, invece, mostrava quel desiderio con l'aggressivo intreccio tra le ciocche nere del corvino e le sue dita. Gemette, poi ancora e ancora per i morsi del maggiore al suo labbro inferiore. Ma non lo fermò, non finché non fu necessario ad entrambi per recuperare un minimo di ossigeno. Usarono quel minuscolo arco di tempo per rendere spoglie le loro pelli dagli asciugamani, e le loro carni tornarono a contatto con violenza, l'uno alla ricerca dell'altro. Le loro bocche tornarono a scontrarsi in baci sempre più decisi, sempre meno impauriti dall'idea che quello che stavano facendo fosse un errore. O forse no. Potevano definirlo sbagliando, anche se si volevano a tal punto da non riuscire a separarsi per più di una manciata di secondi? Qualunque fosse la risposta, a loro non importava. Perché quel loro peccato, in quel momento, appariva ai loro occhi come la scelta migliore della loro vita. La mano di Eren strinse la sua spalla, poi il suo braccio, infine compì quel percorso all'inverso. Quando raggiunsero il suo collo, le dita scivolarono lungo il petto caldo e l'addome scolpito, fino ad arrivare al punto debole di Azazel. Bastò un solo tocco e, a quello schiocco tra labbra, si mescolarono gli ansimi lievi di lui e quelli più acuti del rosso. E a quella reazione, Eren sorrise sulle sue labbra, quasi impercettibilmente, e Azazel fece lo stesso tra un bacio e un altro. Le sue mani percorsero ancora una volta quei morbidi fianchi, finché una di esse non aggrappò il collo e l'altra il polso di Eren, per incitarlo a muoversi.
«Eren.» ringhiò a denti stretti. Ecco come risuonava quel nome puro tra le sue labbra peccaminose: era felicità per le orecchie e veleno per l'anima. Per la sua stessa anima... Perché sapeva di essere appena diventato dipendente da quel nome. Era così bello, lui era così bello mentre muoveva i fianchi sotto di lui e afferrava la pelle della sua schiena per graffiarla, forse di proposito o magari no, forse per lasciare il suo segno o magari per aggrapparsi ad una distrazione che gli avrebbe permesso di moderare il tono della voce.
«Azazel.» sussurrò sulle labbra del nominato, ed entrambi sorrisero l'uno sui boccioli rossi dell'altro, che tornarono a cercarsi disperatamente.

L'OCCHIO DEL DIAVOLO (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #1)Where stories live. Discover now