- IL PRIMO SABATO SERA -

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Il tempo sembrò scivolargli tra le dita durante quel sabato pomeriggio. Era rimasto tutto il giorno in biblioteca, nella speranza che qualche vecchio libro di scienze riuscisse ad avvicinarsi anche un minimo alle risposte che cercava. Al piano inferiore, Ash impiegò tutto il suo tempo attaccato alla lente del microscopio, in attesa di un'interazione utile tra le cellule del corvino e l'antidoto che un tempo gli diede suo padre.
Erano impazienti, entrambi. Ash voleva dimostrare ancora una volta a sé stesso di avere un futuro da scienziato, e Azazel voleva liberarsi del mostro che era diventato. Quando il sole calò dietro la montagna, il resto del gruppo iniziò a prepararsi per uscire. Fatto ciò, uno di loro andò in biblioteca, con l'intento di convincere Azazel ad abbandonare quelle mura piene di sapere per liberare la mente anche solo per una notte.
«Non credi sia ora di una piccola pausa?»
Quella voce interruppe improvvisamente la tranquillità che per tutto il giorno Azazel si era impegnato a mantenere tra quelle pareti. Non era affatto sorpreso dalla comparsa del mulatto. Aveva previsto la sua apparizione dalla conversazione che ebbe poco prima al piano inferiore con Ray e Denver.
«Ciao.» disse soltanto, senza staccare lo sguardo dalle pagine dell'ennesimo libro sfogliato quel giorno.
«Sai perché sono qui, vero?» chiese Bryan.
«La mia risposta resta la stessa.» rispose lui.
«Andiamo, Zel. Hai bisogno di rilassa-»
«Non chiamarmi in quel modo.» sputò acido, spezzando le parole dell'altro. Bryan smise di avvicinarsi a lui, ma non di fissarlo. Azazel appariva elegante perfino dal modo in cui stava seduto. La sua schiena era perfettamente dritta, le gambe accavallate sotto al tavolo, e il suo capo rivolto verso il libro. I suoi occhi viaggiavano velocemente tra una riga e l'altra, e le sue dita giravano le pagine con estrema delicatezza. Bryan notò la sua fronte corrugata, ma non capì se quella fosse la sua espressione contorta dalla concentrazione o se fosse semplicemente innervosito dall'idea di star sprecando il suo tempo tra parole inutili. Si rifiutò, invece, di credere che fosse infastidito dalla sua presenza.
«Ti dà fastidio?» domandò.
«Molto.»
«Allora non smetterò finché non accetterai di uscire con noi.»
Azazel non gli concesse alcuna risposta, se non una dura e minacciosa occhiataccia.
Bryan alzò un angolo della bocca per mostrare un sorriso dispettoso, e ricominciò ad avvicinarsi finché non si sedette in un piccolo angolo rimasto vuoto del tavolo.
«Zel.» sussurrò, senza ottenere una reazione.
«Zel.» parlò ancora, sempre più a bassa voce, e ancora più vicino all'orecchio dell'altro.
«Andiamo, Zel-»
Non ebbe il tempo di dare un punto alla sua affermazione, che le dita affilate di Azazel si ritrovarono ad afferrare il colletto della sua camicia.
«Smettila.» ringhiò a denti stretti ma, per qualche ragione, non fece altro che peggiorare le cose... Bryan avvicinò maggiormente il viso al suo e i suoi occhi non riuscirono a fermarsi dal guardare le labbra di Azazel. Erano di un rosa pallido, come il resto del viso. Ma erano grandi, appuntite nella parte superiore e affilate negli angoli della bocca. Si chiese cosa si celasse dietro quelle porte dell'inferno.
«Ti prego, Azazel. Esci con noi.» bisbigliò poi, facendo rinforzare la presa sul colletto. Per qualche motivo, però, pensò che quella azione fosse dovuta più a quella preghiera che alla rabbia... Aveva appena trovato un suo punto debole.
«No.» pronunciò l'altro, cercando di apparire deciso.
«Ti prego...» ripeté il mulatto, azzerando quasi del tutto la distanza tra le loro labbra. Azazel si sforzò a mantenere lo sguardo fisso sugli occhi scuri ma, all'ennesimo "ti prego", esso cadde sulla sua bocca.
«Smettila.» blaterò il corvino, stringendo la mandibola contro la mascella. A quella distanza, le note di muschio bianco e incenso del profumo erano più intense. E a quella vicinanza, Bryan appariva ancor più attraente... Aveva il fascino dell'adulatore. I suoi occhi scuri, illuminati dalla luce del lampadario di cristallo, apparivano quasi angelici. La cicatrice che gli divideva il viso a metà, invece, ammaliava Azazel e il suo bisogno di pericolo. Le sue labbra erano di un colore scuro e di una grandezza tale da provocare un brivido nella schiena dell'altro. Il maggiore passò allora la lingua tra i suoi boccioli e sospirò pesantemente, come se stesse combattendo con tutto sé stesso contro la tentazione di baciarlo.
«Ti pre-». La voce di Bryan venne interrotta dalla spinta di Azazel, che lo allontanò di colpo.
«D'accordo.» disse lui, sospirando l'attimo dopo. Un fremito attraversò il corpo di entrambi, in una sorta di scossa indelebile. Azazel distolse le sue attenzioni verso il libro, fingendo di non aver percepito quel fulmine dalle gambe alla testa. E si distrasse con il battito di Bryan, che correva veloce dentro la gabbia toracica. Aveva udito il salto che fece quando accettò di uscire e il modo in cui il suo corpo si riscaldò quando lo allontanò per precauzione. Sapeva che, se le cose fossero andate per il peggio, avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito. Bryan sorrise, poi chiuse il libro che Azazel stava fingendo di leggere.
«Ti aspettiamo di sotto.» pronunciò infine, uscendo dalla biblioteca. Il suo corpo fremeva ancora al ricordo del respiro di Azazel sul suo volto, e le sue labbra tremavano al pensiero di essere quasi entrate a contatto con quelle dell'altro. Azazel sospirò sulla copertina su cui aveva poggiato la fronte. Le sue spalle si irrigidirono, la mano con cui aveva afferrato il colletto del mulatto stava formicolando. Cos'era quella sensazione all'altezza dello stomaco?

L'OCCHIO DEL DIAVOLO (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora