Capitolo 29

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Tre mesi dopo

Non ci credo che sia già arrivato questo giorno.
Non mi sembra vero che siano passati la bellezza di tre mesi, dal mio viaggio fino a Waterford.
In qualche modo, faccio ancora fatica a metabolizzare come il tempo sia volato, e ancora ora, non riesco a stargli dietro.
Forse perché ho questa vaga sensazione di non impiegarlo bene, ma di passarlo sempre allo stesso modo.

Non è uno discorso da fare, Erin, mi rimprovera bonariamente la mia coscienza.

E so che ha ragione, ma sto cercando in tutti i modi, di tranquillizzarmi e non pensare a oggi.
Perché credo che andrei un po' nel panico.

E quindi provo a pensare ad altro, mi aggrappo ad altri pensieri, più leggeri o più complicati non importa.
Importante è tenere la mente altrove.

Al mio ritorno a Salthill, la mia vita è ulteriormente cambiata, ho compreso che la vita è troppo breve e non va mai sprecata.
E che purtroppo non si può tornare indietro.
Quello che è stato fatto, è fatto, e non può cancellarsi.

Mi guardo allo specchio, aggiustandomi il vestito, e ogni volta che lo guardo mi fa stare bene.
È lungo fino a terra, con una scollatura a cuore e una fascia sotto seno, che me lo sorregge.
Appena l'ho visto, me ne sono innamorata, e quando l'ho indossato, mi sono piaciuta, una cosa che non capita quasi mai.

Sfioro delicatamente il tessuto di chiffon color acqua marina.
Ho scelto questo colore, perché mi piaceva il simbolo che ha.
Ho letto da qualche parte, che viene utilizzata fin dai tempi più antichi come simbolo di felicità e fortuna e soprattutto di matrimoni felici.

Ed è per questo che l'ho voluto fermamente come colore del mio abito, e la cosa che mi stupisce, è che come riesce ad esaltare ancora di più il colore dei miei occhi.

«Quanta bellezza che c'è in questa stanza», dice Caitie, entrando in camera.
Mi volto e rimango meravigliata da quanto il suo abito color blu cobalto, la sua bellezza angelica.
È magnifica.
«Sei stupenda, Caitie».
«Grazie tesoro», afferma squadrandomi dalla testa ai piedi.«Lascerai tutti senza fiato, lo sai».
Poi, inizia a toccarsi nervosa la pettinatura, sbuffando. «È bella, ma tira troppo i capelli».

Mi mordo l'interno della guancia per non ridere. «Non potevi fare come me», le rispondo, toccandomi la mia semplice treccia.

Lei si acciglia e poi scuote la testa velocemente. «Hai visto quanto sono brutta con le trecce laterali?», replica continuando a toccarsi la testa.
«Purtroppo non ti ho ancora visto, quindi come faccio a saperlo?».
«Meglio, rimarresti inorridita».

Mi avvicino e la spintono giocosamente.«Non ci credo neanche un po'», rispondo. «Fai una giravolta».
Lei ne fa una e poi un'altra, e io esplodo in una risata liberatoria.
Poi si ferma e inizia a barcollare. «Meglio che la smetto, sennò questa maledetta acconciatura ne risente».
«Siediti e respira», replico tra le risate.
«No, sto in piedi, poi il vestito si piega».

In questi mesi, è stato anche grazie a lei che sono riuscita, a ritrovarmi ancora di più, e a prendere la vita, con quel pizzico di spensieratezza che mi mancava da tempo.

La voce delicata della mia amica irrompe nel flusso dei miei pensieri.«Come ti senti?».
Mi tocco agitata la treccia. «Bella domanda», rido amara, per poi girarmi e puntare lo sguardo fuori dalla finestra, con i rami imbiancati di rugiada.
«Ehi ascolta, so che non è facile.
Se hai bisogno di piangere o altro, va bene».

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