Capitolo 17

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JORGE'S P.O.V.

Martina non si trova da nessuna parte e nemmeno la gente nel vicinato l'ha vista oggi, sembra essersi volatilizzata nel nulla.

"Jorge, dovresti calmarti, non sei lucido" mi rimprovera dolcemente, Diego, mentre io continuo a camminare avanti e dietro per il salotto, ignorando le parole del mio amico.

Come posso calmarmi? La ragazza che amo è sparita e non ho notizie su di lei, a parte il fatto che sia stata rapita da un emerito stronzo. Come faccio a stare calmo?

"Non posso stare calmo, cazzo!" sbraito contro il mio amico, mentre Facundo è alle prese con delle telefonate.

"Le ragazze non l'hanno vista" scuote la testa Facu, nel mentre Diego mi tiene dalle spalle.

"Dov'è? Che cazzo le hanno fatto?" delle lacrime sfuggono al mio controllo e per quanto voglia trattenermi e mostrarmi duro e sicuro di me, non riesco. Martina, la mia Martina, è stata rapita e non ho notizie su di lei. Non so se sta bene, se ha mangiato. Non so nulla.

"Chiamo la polizia" dice poi Facundo, ricevendo un cenno di assenso da parte di Diego.

Resto fermo, appoggiato al divano, guardando in terra e in cerca di una soluzione.

Suonano al campanello e il mio cuore si riempie della vana speranza che ci sia lei dall'altra parte, tanto che corro ad aprire.

"Jorge" dice Lodovica, trafelata. "Sono corsa appena ho saputo" guarda il suo ragazzo, che l'abbraccia prontamente. Anche io vorrei avere Martina tra le mie braccia in questo momento.

Sospiro, mettendomi a sedere sulla poltrona, tormentato dai mille pensieri.

"Non aveva la macchina stamattina" dico ad un tratto. "Avrebbe dovuto prendere il bus" continuo.

"Vuoi che andiamo a chiedere se qualcuno l'ha vista nei pressi della fermata?" domanda Lodovica.

"Vado io" mi alzo in piedi.

"No, è meglio se resti qua" mi blocca il mio migliore amico. "Non sei lucido e poi forse i rapitori si faranno vivi" mi spinge a tornare seduto, riuscendo a convincermi.

"Chiamo le ragazze e vado con loro" prende il telefono la bruna.

Poco dopo ritorna Facu, che ha appena avvisato la polizia di quanto accaduto alla mia ragazza.

"La polizia arriverà a breve per farci qualche domanda" ci comunica lui, riponendo il cellulare in tasca. "Dobbiamo aspettare qui" continua, sedendosi anche lui sul divano.

"Aspettare" mormoro.

In quell'instante suona il telefono di casa. Io e i ragazzi ci guardiamo, esitando qualche attimo prima di rispondere.

"Pronto?" alzo la cornetta, avvicinandola all'orecchio. Dall'altro lato del telefono si sente solo il suono di un respiro pesante. "Pronto?" ripeto, alzando la voce, ma ancora nessuna risposta.

La persona all'altro capo del telefono riaggancia.

"Vaffanculo" sbotto, sbattendo il cordless sulla sua base.

Prima che i ragazzi possano dire qualcosa, suonano di nuovo al campanello e, con la convinzione che siano le ragazze, Diego va ad aprire.

"Ho trovato questa" dice tornando in salotto con una busta identica a quella di prima.

Gliela strappo dalle mani e, tremando, la apro. All'interno vi è un'altra foto di Tini, sempre imbavagliata e legata, ma da un'altra angolazione. Questa volta i suoi occhi sono aperti e rossi dalle lacrime.

"Se il cavaliere vuole salvare la principessa rinchiusa nella torre, gli ordini dello stregone dovrà seguire." Facundo legge ad alta voce ciò che recita il bigliettino che accompagna la foto.

"Ma che cazzo!" urlo, stringendo quella foto in un pugno. "Se è uno scherzo è davvero di poco gusto" aggiungo, riprendendo a camminare nervosamente per tutta la stanza, almeno fino all'arrivo della polizia.

MARTINA'S P.O.V.

Riapro gli occhi ancora mezza stordita. Non riesco a muovere mani e piedi e un fazzoletto di stoffa mi chiude la bocca. Vorrei urlare, ma la voce mi muore in gola.

Mi guardo tutt'intorno, ma il luogo in cui mi trovo è avvolto dal buio, ad eccezione di una piccola lampada che emette una luce fin troppo fioca e scarsa per illuminare come si deve la stanza.

Sento dei passi e mi paralizzo sul posto, più di quanto già non lo sia. Inizio a sudare freddo e la paura si fa padrona del mio corpo.

Un ragazzo alto e muscoloso mi scatta una foto, non riesco a vederlo in volto, ma quando ghigna la dentatura bianca spicca nell'oscurità.

"Bene bene... la principessa si è svegliata" mormora con tono pungente. "Non piangere stellina, per adesso non ti farò niente" con la mano viscida mi accarezza la guancia ed io non riesco a muovermi.

Vorrei scappare, urlare aiuto, o semplicemente tirargli un ceffone, ma dalla mia bocca non escono che lamenti strozzati e mi sento come inchiodata al pavimento.

Si allontana e scatta un'altra foto, poi con un ghigno malefico esce fuori.

Non l'ho visto bene in faccia, poiché il volto non era visibile a causa del buio, ma ho potuto notare una folta barba.

Non so perché mi trovo in una situazione del genere. Che cos'ho fatto di male? Perché io sono qui?

Tremo, non so di preciso per cosa, se per la paura o per il freddo... forse per entrambe le cose.

Non so quanto tempo passa; qui dentro non ho bene la percezione del tempo. Sono confusa e impaurita.

Sento di nuovo il passo pesante di quell'uomo, accompagnato dal ticchettio di un paio di tacchi a spillo.

"Dovevi eliminarla" squittisce a gran voce la donna.

"Shh" la ammutolisce il signore di prima, il mio rapitore. "Stai calma" continua. Le loro voci arrivano ovattate, probabilmente perché si trovano al di là della porta di questa stanzetta.

"Fammela vedere" ordina lei.

Si percepisce un tintinnio di chiavi e poi il suono brusco di qualcosa che cade a terra, credo sia una catena.

I due entrano in silenzio, poi me li ritrovo davanti.
Sono accovacciata ai loro piedi, rannicchiata su me stessa in cerca di calore, mentre le lacrime continuano a scendere dagli occhi senza sosta.

"Bene" sogghigna lei, illuminata appena fino alle labbra da quella lampada. "Trattala come ti ho detto" sputa acidamente, riferendosi all'uomo.

"Non credi di esagerare?" chiede dubbioso lui.

Mi sforzo di associare quelle voci a dei volti, ma non riesco. Non conosco queste persone.

"No, ora muoviti, ho da fare io" ribatte stizzita, poi gira i tacchi e se ne va.

"Sei carina, avrei preferito non fare queste cose ma... pazienza, mi divertirò" si rivolge a me l'uomo sconosciuto.

Si accovaccia alla mia altezza, accarezzandomi la guancia e così riesco a vedere i suoi occhi scuri iniettati di odio.

Torna in piedi, poi con un forte calcio mi colpisce alle gambe.

"Questo è per Jorge Blanco" dice sprezzante, tirandomi un altro calcio sugli stinchi.

Resto ferma a piangere, incapace di muovermi o rispondere alle sue accuse fisiche.

Jorge dove sei? Ho bisogno di te.

Angolo Autrice:
Salve a tutti!
Come state?
Sono tornata anche con questa storia, visto che l'ultimo capitolo era finito un po' sulle spine.
Spero vi piaccia, anche perché non manca molto alla fine di questa storia. Piango se ci penso...❤️

Alezamp scrivere in chiamata con te è stato stupendo, anche se mi distrai e rallenti il mio lavoro.😂
Queste sessioni di scrittura potremmo farle più spesso!😉
E questo capitolo lo dedico a te, anche se volevi che aggiornassi l'altra storia🙃🧡🧡🧡🧡🧡

All'improvviso tu// JortiniWhere stories live. Discover now