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Grace: 9 anni

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Grace: 9 anni.
Michael: 14 anni.

La zuppa bollente mi scivolò giù per i capelli, macchiando i miei vestiti fino a un attimo prima freschi di lavanderia. Ustionandomi la pelle del collo esposta.

Squittii per il bruciore e mi alzai in piedi di scatto, mentre Killian, con ancora la ciotola di coccio in mano, se la rideva insieme a Margot e Jonah.

Ben presto, intanto che io mi toglievo i pezzetti di gallina dai ciuffi sporchi e mi impedivo di piangere, l'intera mensa si unì al coro. Un vero e proprio ululato esplose nella stanza, aumentando la mia umiliazione.

«Perdonami, non ti avevo vista», sghignazzò Killian. «Anche se non è colpa mia se sei un fantasma».

I suoi capelli neri sembravano una massa incolta, e il piercing, che si era fatto da solo al sopracciglio di recente, scintillò illuminato dalla luce bianca a led.

Strinsi le dita attorno al cucchiaio, tanto che le nocche già pallide sbiancarono ancora di più.

«Non hai niente da dire, fantasma?», continuò a punzecchiarmi, e in eco alle sue parole mi venne gettato addosso un po' di purée. Schizzò tutto sulla mia guancia. «Ops, anche Jonah deve aver inciampato. Siamo tutti così sbadati, eh?».

L'odio cominciò a gorgogliare nelle profondità del mio stomaco, un vulcano in piena eruzione, intenzionato più che mai a distruggere tutto quello che mi circondava.

Deglutii, lanciandomi un'occhiata attorno. Gli educatori non c'erano, come al solito, e i volontari della mensa facevano finta di niente, perché quella era soltanto prassi, semplice routine.

Perché siamo tutti bravi a girarci dall'altra parte quando ci fa comodo.

Alla fine avrebbero comunque vinto loro, lo sapevo bene; lo avevo capito nel momento in cui avevo reagito ed ero diventata la carnefice, anziché una vittima del sistema stanca di subire.

Non importava quante bastonate io ricevessi, non importava quante lacrime versassi o quanti lividi ricoprivano il mio corpo, io ero soltanto l'ennesima ragazzina troppo debole e bisognosa di attenzioni.

Allora tanto valeva che la smettessi di comportarmi bene. Se volevano un vero carnefice io gliel'avrei dato.

Quindi, all'ennesimo alimento che venne scagliato sulla mia faccia, afferrai il vassoio e lo sbattei con tutte le mie forze sulla guancia di Killian. Il contraccolpo fece rumore, l'annuncio di una tempesta, il tuono della furia — la cartilagine vibrò.

Spensi le voci, godei dell'impatto e quasi mi venne una slogatura alla spalla per l'intensità.

La mensa piombò nel silenzio, l'unico suono a rimbombare fu il grido di dolore di quel bastardo.

Call Me MichaelWhere stories live. Discover now