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Grace: 8 anni

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Grace: 8 anni.
Michael: 13 anni.

Fissai i due bastoncini a lungo. Margot li stringeva nel suo palmo, senza poterne rivelare la lunghezza, e attendeva soltanto che io mi decidessi a sfilarne uno.

Destra o sinistra?
Schiusi le labbra, pronta a rivelare la mia decisione, ma poi cambiai idea. Cambiai idea un sacco di volte nell'arco di tre secondi.

«Entro l'anno prossimo, Grace», sbuffò Margot, usando quel tono antipatico e da fanatica che non mi era mai piaciuto. Lei non mi era mai piaciuta. «Scegline uno e basta, che cavolo!».

Deglutii. «Okay», fiatai e, sotto gli sguardi curiosi degli altri bambini, sfilai il bastoncino di sinistra.

Avevo preso il rametto corto.

«Oddio, menomale», sospirò di sollievo la mia compagna di stanza, prima di rivolgermi un sorriso mezzo sdentato. «Tocca a te, dolce Gracie! Avanti, cosa stai aspettando?».

Cosa stai aspettando, Grace?

Passai il peso da un piede all'altro, tenendo il mento basso con le ciocche chiare che mi coprivano il viso.

«I-io non... non voglio farlo». Fu più debole di un sussurro, eppure lo sentii rimbombare con l'eco all'interno della camera di Jonah, dove ci eravamo tutti riuniti di nascosto.

Nessuno parlò per quelli che pensai fossero cinque secondi. Dopodiché sentii afferrarmi dalle spalle, forse era proprio Jonah, mentre Margot mi tappava la bocca per impedirmi di gradire.

Di sottofondo, udii le risatine degli altri e lacrime amare vennero a bussarmi dietro le palpebre. Ero la più piccola fisicamente, una bambolina di pezza che loro reputavano un fantasma e spesso mi trattavano anche da tale.

«E invece lo farai, perché il gioco ha stabilito così e noi abbiamo fame!», sputò fuori Jonah.

Killian aprì la porta e mi fece lo sgambetto quando venni spinta in avanti, cosicché caddi sul pavimento, sfregiandomi le ginocchia con le schegge di legno che fuoriuscivano dalle assi.

Lo sapevo che non avrei mai dovuto credere alla loro falsa gentilezza quando mi avevano invitata. Lo sapevo, non ero così sciocca, eppure avevo accettato. Volevo soltanto che mi reputassero loro amica.

Li ascoltai ridere di nuovo di me, non appena Jonah mi puntellò il piede sulla schiena per indurmi ad avanzare. Calde lacrime mi rigarono le gote, ma mi rifiutai di far sentire loro il mio pianto.

«Allora? Ti dai una mossa o dobbiamo spingerti anche giù dalle scale?».

Quindi mi alzai in piedi e, sempre a testa bassa, camminai con cura verso il piano inferiore, dove c'erano la cucina e le dispense.

Call Me MichaelWhere stories live. Discover now