Stilettata

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Quella notte fu la prima che passarono insieme. Nella settimana che era passata da quando avevano iniziato a frequentarsi, Davide non aveva potuto dormire fuori dall’Accademia. Nelle missioni precedenti, Cassio aveva sempre rispettato i suoi spazi, prenotando camere separate per loro due oppure facendolo soggiornare in una camera per gli ospiti quando si trovavano in uno dei suoi appartamenti. 

Quella notte, invece, fu solo per loro. 

Avevano appena terminato una sessione di quella che era stata un’intensa quanto piacevole attività fisica, e ora erano abbandonati esausti al letto matrimoniale. Cassio lo guardava, come sempre, gli occhi ambrati fissi su di lui. 

“Dovresti dormire,” sussurrò, allungando una mano e sfiorandogli la guancia. “Voi umani siete così suscettibili, lo sai…”

“Non voglio dormire. Voglio passare del tempo con te.”

Il giorno dopo, Davide sarebbe sparito e Cassio sarebbe rimasto di nuovo da solo. Non poteva permettersi di sprecare tempo con una cosa futile come il dormire. Voleva passare con lui tutto il tempo che gli restava.

“Io voglio che tu dorma. Se domani fossi uno straccio non me lo perdonerei. E se fossi troppo stanco e mancassi l’obiettivo? Se avessi i riflessi rallentati e ti facessero del male per questo?”

“Una notte di sonno perso non ha mai ucciso nessuno, Cassio.”

“Voglio che tu stia bene. Voglio che sia in forze e in salute. Dormi, veglierò io.”

“Sicuro che sia davvero quello che vuoi? Non preferiresti che ti tenessi compagnia per stanotte?”

“È quello che voglio,” disse Cassio, deciso. “Voglio che tu stia bene.”

Davide annuì. “Va bene,” mormorò, prendendogli la mano e intrecciando le dita con le sue. “Va bene, vorrà dire che dormirò, se è questo che desideri.”

Così chiuse gli occhi, avvicinandosi a lui e lasciandosi avvolgere da quelle esili braccia da adolescente, perché sapeva che Cassio ne aveva bisogno. Si addormentò così, con il profumo dell’immortale nei polmoni, un fuoco nel petto, sapendo che nulla gli sarebbe potuto accadere, non con Cassio lì a proteggerlo.

 Si addormentò così, con il profumo dell’immortale nei polmoni, un fuoco nel petto, sapendo che nulla gli sarebbe potuto accadere, non con Cassio lì a proteggerlo

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Quando aprì gli occhi, era in una posizione diversa di quando si era addormentato. Aveva il volto su quello che, se ricordava bene i manuali su quell’epoca, doveva essere un cuscino imbottito di una gommapiuma derivata da un’alga che cresceva sulle coste mediterranee. 

Sollevò la testa immersa nel cuscino, i capelli biondi davanti agli occhi, e si accorse che le braccia di Cassio non erano più su di lui. 

“Buongiorno,” disse la sua voce. “Stavo per svegliarti. Dobbiamo andare, la finestra si aprirà tra un’ora.”

Si guardò intorno e scoprì che Cassio – come sempre – lo stava guardando. I suoi occhi d’ambra erano puntati su di lui e Davide si chiese se in tutta la notte avesse mai distolto lo sguardo. 

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