Il Dio Sole

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I mesi passarono, e con quelli le missioni. Davide visitò la Venezia settecentesca, si batté nella guerra dei cent'anni, assistette alle due grandi pandemie del ventunesimo secolo - 2020 e 2062 - e numerose altre missioni, tutte eseguite con successo.

La sua popolarità con i superiori saliva, era l'unico cadetto con il cento percento di successi in missione, e le sue mani sporche di sangue l'avevano portato all'attenzione del Generale Ferretti.

Era un lunedì di metà Ottobre quando, sotto i cieli grigi di una Napoli uggiosa, gli si presentò l'occasione che tanto aveva aspettato.

Sul fascicolo che venne scaricato nel tablet sulla sua scrivania apparve una data, la sua prima data prima dell'anno mille, come aveva desiderato dal giorno che aveva deciso di diventare una recluta.

La scritta 28 febbraio 44 a.C. lampeggiò dal display del suo bracciale e lui inghiottì la sua caramella alla liquirizia, che non avrebbe potuto portare nel passato.

Si allisciò la lunga tunica cucita da Enrico con le mani, prese un profondo respiro, e col cuore in gola come ogni volta che saltava nel tempo premette il comando giusto sul braccialetto e tutto sparì.

Si allisciò la lunga tunica cucita da Enrico con le mani, prese un profondo respiro, e col cuore in gola come ogni volta che saltava nel tempo premette il comando giusto sul braccialetto e tutto sparì

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Quando riprese coscienza di ciò che aveva intorno a lui, la prima cosa di cui si accorse fu che faceva freddo. Si trovava in un peristilio, il giardino interno di una domus romana, e l'aria di Febbraio del primo secolo era gelida, quasi glaciale.

Intorno a lui stava un giardino di piante lussureggianti, alberi di limoni e cespugli verdi alti sino alla vita. Il soffitto era aperto in un enorme lucernario, da cui la luce filtrata dal velo di nuvole entrava copiosa inondando la stanza. Tutto intorno al giardino stava un colonnato in pietra, le cui colonne erano coperte da affreschi di frutta e uccelletti, colori vibranti di vita.

L'elemento a cui prestò più attenzione, però, fu la fontana al centro del giardino. In pietra, dalla vasca profonda e colma sino all'orlo, al suo centro esatto aveva la statua di un satiro dalla cui bocca sgorgava dell'acqua cristallina.

Seduto sul bordo della fontana, a osservare il suo riflesso nell'acqua, stava Cassio. Aveva i capelli tagliati corti, senza il suo solito ciuffo voluminoso. Anche lui portava una tunica lunga sino ai piedi, appesantita dalla sua toga virilis. Osservava lo specchio d'acqua con interesse, sino a che i suoi occhi non furono attirati dalla luce accecante del salto.

Davide vide che spostava lo sguardo nella sua direzione, e quando i suoi occhi lo trovarono restò immobile, come congelato, a fissarlo. Non era nuovo per lui, Cassio lo fissava sempre, tanto da risultare persino fastidioso; eppure questa volta gli sembrò diverso, come se lo guardasse impaurito, di un timore quasi reverenziale.

“Cassio,” disse, facendo un passo verso di lui, “cosa c'è? È successo qualcosa?”

“Mio signore,” mormorò lui, a fior di labbra. Quando Davide si era mosso verso di lui, si era irrigidito. “Che ci fai qui nella mia casa? Comanda, e io eseguirò.”

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