Disco Dance

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Quando riprese conoscenza, sentì una leggera brezza sfiorargli la pelle. Sapeva di essere nella Berlino Ovest, dove già si parlava di riunificazione della Germania col nome di primavera tedesca. L'uomo che avrebbe ucciso si chiamava Heinrich Sondermann ed era un azionista tedesco che possedeva qualche locale nel quartiere a luci rosse della città.

Il vicolo in cui si trovava era buio, doveva essere notte tarda. Sembrava sporco, sul retro di un locale dalla cui porta di ferro veniva una canzone che Davide non conosceva. Vi era un piccolo lampione che illuminava a intermittenza la viuzza, proprio accanto al bidone della spazzatura. Per terra bottiglie spaccate e cicche di sigaretta, un muro che lo rendeva un vicolo cieco, il locale da un lato e dall’altro una fila di case dalle finestre sbarrate. 

Appoggiato al muro del locale stava Cassio, là proprio nella direzione da cui veniva la musica, con dei capelli biondo platino tirati all’indietro, un giubbotto di pelle, un paio di jeans e degli anfibi. Nel momento in cui Davide lo vide da principio non lo riconobbe, e quando lo fece sentì una morsa che gli strinse lo stomaco.

“Cavolo,” si lasciò sfuggire, “ti sei dato una ripulita!”

Cassio sorrise a quelle parole, un sorriso aperto e genuino che Davide non vedeva mai sul suo volto. Avanzò verso di lui facendo una giravolta per mostrargli com’era vestito e chiese “Carino, vero? Ti piace?”

“Di sicuro sei vestito meglio di come mi sono conciato io,” borbottò il ragazzo, a disagio. “Questa tuta sembra uscita da un brutto film vintage da quattro soldi.”

“Non preoccuparti, sei bello lo stesso. Anche con quell’orrendo paio di baffi. Del resto, dopo che ti ho visto col parruccone bianco del settecento non puoi più sorprendermi, ormai…”

“Non dovresti dirmi quando mi hai già visto, sai? Ora so che mi assegneranno una missione nel settecento, e non dovrei...”

“Sapere nulla di quello che riguarda il tuo futuro. Lo so, lo so. Dai, mi farò perdonare. Ti ho portato in un locale bellissimo che devi assolutamente vedere, sono certo che l’adorerai!”

Davide non commentò quella frase di Cassio, perché aveva qualcosa di molto più importante da dire, e poi non aveva voglia di specificare che andare per locali il giorno prima di una missione non era proprio la scelta più saggia. 

Quello era il ventesimo secolo, il che significava che in tutta probabilità l’ultima volta che si erano visti era stato un secolo prima, nel diciannovesimo. Davide si vergognava ancora di quella volta nel 1875 in cui era stato Cassio a eliminare il suo obiettivo e ad andare in galera per lui.

Così glielo disse.

“Senti, per l’ultima volta che ci siamo visti… volevo solo dirti che mi dispiace. Non ero tanto in me, e so che devo essere stato insopportabile, ma non sapevo che altro fare.”

Cassio, che l’aveva preso sottobraccio e lo stava trascinando verso una via che si intersecava con quel vicolo cieco, lo guardò. Sembrò stupito dalle parole che Davide aveva detto, ma dopo un istante la sorpresa lasciò posto a qualcos’altro, qualcosa che somigliava all’affetto. Gli sorrise.

“Non dirlo neanche.” Sbucarono nella strada più frequentata e aspettarono che passasse una macchina prima di attraversarla. “Non dirlo neanche. Io non ho avuto tempo di dirtelo perché sei sparito ma… ma… Davide, sono contento che tu l’abbia fatto. Cioè, è stato folle, da irresponsabili, e ti prego non farlo mai più ma… è stato importante per me. Perciò grazie.”

Davide aggrottò la fronte, confuso. Quei discorsi gli erano nuovi, quello che aveva detto Cassio non aveva il minimo senso. “Aspetta ma… di cosa stai parlando?”

Accademia CronoWhere stories live. Discover now