La congiura

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Cassio tacque a quelle parole, e inclinò la testa da un lato, colto di sorpresa. Quando capì che non stava scherzando, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Strinse il calice di vino in mano, ora tremava, e dopo un attimo di esitazione lo posò sul tavolo per non farlo cadere.

Riaprì gli occhi e li puntò di nuovo su di lui. “Come lo uccidiamo?”

Il tempo parve fermarsi. 

Davide era steso sul lettino del triclinio, guardava verso la sua direzione, avvolto nelle pesanti pieghe della toga e della tunica, le braccia scoperte fredde come il ghiaccio. La sala era vuota a eccezione di loro due, gli schiavi avevano lasciato la stanza per lasciare un po’ di privacy. Cassio era abbandonato al lettino, le membra molli ma lo sguardo ardente di vita.

Il fatto che non lo conoscesse, che non cercasse in ogni modo di stargli vicino, di toccarlo, che non gli raccontasse cos’era stato di recente della sua vita lo confondeva e lo turbava.

Ora capiva la delusione di Cassio quando nel 1875 aveva scoperto che Davide non lo conosceva affatto. Guardare quel ragazzo che ormai aveva imparato a conoscere, proprio lì davanti a lui, e vedere che ora era un estraneo gli riempiva il cuore d’angoscia.

“Deve morire domani, all’ora sesta della sera. Si incontrerà in senato con Marco Antonio, i due Casca e Marco Bruto. Loro se andranno e lui resterà solo… sarà allora che dovrà morire.”

“Marco Bruto? Ma è il figlio di Cesare! Non può essere davvero colui che trama per ucciderlo!”

Davide si maledisse per la sua bugia. La congiura che si era inventato di sana pianta si faceva sempre meno probabile. “Lo so, è un infame,” gli disse, per dare credito a ciò che aveva detto prima. 

“Che schifo,” commentò Cassio. Davide se ne stupì. Si chiese quando il ragazzo che aveva davanti sarebbe diventato l’uomo stanco e cinico che odiava gli umani e non si interessava alle loro faccende mondane. Il Cassio che conosceva lui non si sarebbe mai stupito di un tradimento simile, anzi, avrebbe detto che era l’emblema della specie umana. Questo Cassio, al contrario, sembrava empatico, interessato alla morale e a quello che succedeva a chi gli stava intorno. Sembrava davvero turbato dal fatto che un figlio avrebbe potuto tradire e assassinare suo padre.

Davide si chiese che uomo sarebbe diventato, se non fosse stato immortale.

“Cosa ti serve?” chiese, distogliendo Davide dai suoi pensieri. “Che cosa vuoi che faccia, soldato?”

“Solo che mi aiuti a passare inosservato e mi accompagni al senato. Dobbiamo tenere un profilo basso, non dare nell’occhio. Tu metterai un mantello, nessuno dovrà riconoscerti o sospetteranno di te.”

“Tu? Non metterai il mantello?”

“Nessuno sa chi sono, non mi riconoscerebbero comunque. E dopo che farò ciò che va fatto sparirò. Non possono farmi niente.”

“Sparirai?” Cassio lo guardava spaesato.

“Come sono apparso, esatto. Ma tornerò. Tornerò, quando mi servirà un aiuto. Sarai sempre tu a darmelo, e poi riceverai dei soldi. Solo quando sarà importante, importante come stavolta. Importante per il mondo.”

Cassio prese un’ostrica dal tavolo e la succhiò. Posò il guscio in mezzo agli altri, in silenzio, e si concesse qualche tempo per pensare. Dopo che ebbe atteso per qualche secondo, sospirò.

“Morire è atroce,” disse. Davide sapeva a cosa faceva riferimento. Ogni immortale doveva morire una volta prima di attivare la sua invulnerabilità. Cassio era stato una persona normale come tutte le altre, poi a in certo punto della sua vita era morto. Da quando era tornato in vita, si era ritrovato in quel corpo immortale. “Ti senti soffocare, tutta l’aria va via dai polmoni e ti dibatti come un pesce sulla riva disperato, faresti di tutto pur di cominciare a respirare di nuovo. Senti la vita che scappa via e tenti di afferrarla ma sai sotto sotto che non ce la farai, e fa male. E fa paura. Morire è davvero orribile. Mi sono chiesto a lungo perché gli dèi mi abbiano sottoposto a questo. Mi sono chiesto perché mi abbiano fatto morire per poi farmi tornare, perché ora nessuno può ferirmi. All’inizio pensavo volessero solo prendermi in giro. Ma ora ho capito,” sussurrò, guardandolo con una profondità che lo pietrificò, incapace di fare qualunque cosa che non fosse stare ad ascoltare. “Tu sei il mio motivo, non è vero? Questo. Aiutarti a salvare la Repubblica. Aiutarti a salvare le persone. Questa è la ragione. Tu. Sei sempre stato tu.”

Accademia CronoWhere stories live. Discover now