-Non so se qualche legge sia cambiata dall'ultima volta, ma credo sia illegale intrufolarsi in casa di qualcuno che ha espressamente chiarito di non voler avere a che fate con voi- le mie parole escono dure e sono rivolte a tutti anche se il mio sguardo è fisso su Erin che sembra mortificata.

-Va bene, che ne dici di mettere giù quella mazza? Nessuno vuole farti del male (Y/N)- Antonio prova a calmare la situazione e incontro il suo sguardo. Il cuore mi si spezza e sento le lacrime agli occhi.

-Cosa volete da me? Ho già detto ad Erin questa mattina che non vi aiuterò. Voi non avete esitato a farmi fuori quando vi serviva qualcuno da incolpare, non ho intenzione di lavorare con persone così- mentre parlo metto giù la mazza, Erin va a controllare le pentole mentre Antonio avanza guardandomi come un animale in gabbia

-io ero contro, non volevo che le cose andassero in quel modo. Di me hai sempre potuto fidarti, lo sai- parla con calma e la risata amara che mi sfugge mi graffia la gola

-ed è per questo che quando avevo più bisogno di te sei scomparso nel nulla?- ribatto asciugandomi una guancia -ero innamorata di te e lo sapevi. Eppure non ci hai pensato un attimo quando si è trattato di abbandonarmi. E tu- mi giro verso Voight che mi osserva in silenzio

-eri come un padre per me, mi hai fatto sentire così... sbagliata, come se fossi davvero il mostro che tutti mi accusavano di essere- le lacrime riprendono a scendere e Hank mi si avvicina svelto, prova ad abbracciarmi ma mi ritraggo

-l'ho fatto per proteggerti. Lasciami spiegare come sono veramente andate le cose- propone indietreggiando di qualche passo. Vedo Erin impiattare ciò che ha cucinato.

-(Y/N), ti prego, dacci l'opportunità di spiegarti- Antonio parla sottovoce, i nostri occhi si incontrano di nuovo e cedo. Perché lui sa di avere ancora lo stesso effetto su di me.


Mi siedo a capotavola in modo da non avere nessuno direttamente al mio fianco, Hank di fronte a me e ai suoi lati Erin e Antonio. Per un po' mangiamo in silenzio

-Quando quel giorno ti ho accusata di essere la spia e che facevi il doppio gioco, non ho avuto scelta- inizia Voight a un certo punto, i miei occhi si alzano sui suoi e mi appoggio allo schienale della sedia

-hai sempre una scelta, soprattutto quando ti chiami Hank Voight- rispondo acidamente, lui annuisce poggiando le posate sul tavolo

-l'avevo, ma era molto peggio di questo. Volevano metterti dentro e inscenare un attacco da parte di qualche delinquente in modo da eliminarti, Erin ed io siamo riusciti ad ottenere un licenziamento in tronco con l'impossibilità di tornare- spiega serio, Erin annuisce ingoiando il suo boccone

-abbiamo provato per mesi a dimostrare la tua innocenza, Antonio lo sa. Lui ci ha aiutati. Ma ti hanno incastrata così bene che...- Erin si interrompe lanciando un'occhiata ad Antonio perché la aiuti e lui capisce al volo

-il punto è che la persona che ti ha incastrata è la stessa su cui lavoriamo e vogliamo il tuo aiuto perché così potrai riscattarti e magari tornare a lavorare con noi se ti andrà- spiega il motivo della loro incursione guardandomi negli occhi, ingoio il groppo che ho in gola mentre cerco di mettere insieme tutti i pezzi

-se davvero non avevate altra scelta, perché mi avete lasciata sola? Quando avevo più bisogno di voi- mormoro con voce spezzata, Erin sgrana gli occhi in colpa

-perché siamo stati costretti. Non potevamo perdere il nostro posto e così anche l'opportunità di dimostrare la tua innocenza- spiega mentre si alza e mi si avvicina, io mi alzo subito dopo di lei.

-Hank non ha smesso un solo attimo di cercare delle piste e finalmente ne abbiamo una, ma abbiamo bisogno di te- sussurra prima di abbracciarmi, ed io la lascio fare. Ricambio la stretta mentre i miei occhi incontrano quelli di Hank che accenna un sorriso. La cena ormai è finita, ma noi ci spostiamo in salotto in modo che io possa essere aggiornata su tutto. Quando giunge l'ora, Erin è la prima ad andarsene assicurandosi di vedermi a lavoro. Io annuisco brevemente e lei mi sorride felice.

Antonio è il secondo, lo seguo alla porta per salutarlo.

-Sii gentile con lui, spesso le sue mosse sono sbagliate ma verso di te ha sempre avuto le intenzioni migliori- sussurra mentre mi stringe tra le braccia, io lo lascio fare rimanendo rigida. Sembra tutto così diverso da qualche anno fa. Quando si allontana i nostri occhi si incontrano

-allora ci vediamo domani, partner- mormora prima di andare via, senza darmi il tempo di ribattere. Quando torno in salotto Hank è in piedi che osserva una foto appoggiata sul mobile, la foto di quando mi sono laureata.

-Sembra passata una vita- commento facendolo girare verso di me, riappoggia la foto al suo posto sorridendo

-Eri così felice quel giorno che alla festa che abbiamo organizzato non hai smesso di ballare neanche per un secondo- ricorda divertito, io annuisco accennando una risata. Ci ritroviamo entrambi seduti sul divano

-lo so che la fiducia non si riottiene con una cena e delle paroline, soprattutto non la tua. Ma vorrei davvero dimostrarti che- lo interrompo prima che finisca la frase.

-Ci vorrà tempo, ma per ora focalizziamoci sul caso. Poi penseremo al resto- sussurro e lui annuisce in accordo. Così lo accompagno alla porta e lo guardo andare via.

Il mattino seguente una mano che bussa alla mia porta mi distrae dalla mia colazione, vado ad aprire confusa e un Hank Voight con un caffè tra le mani mi confonde ancora di più

-ho pensato di passare a prenderti, così che tu non debba entrare da sola- spiega mentre lo lascio entrare, tolgo di mezzo il mio caffè

-non eri tenuto, ma grazie comunque. E grazie anche per il caffè- mi limito a rispondere, lui fa spallucce per farmi capire che non è un problema e così saliamo nella sua auto. Mette in moto ed entriamo nel traffico. Il viaggio è silenzioso fino alla centrale, io nervosamente mi torturo le mani pensando a come mi tratteranno, come mi guarderanno.

-Sono tutti felici di rivederti, quelli che ti conoscevano. Degli altri non farti problemi, e se proveranno a dirti qualcosa- Voight prova a rassicurarmi quando parcheggia, i miei occhi sono fissi sull'entrata

-so come difendermi, ma grazie- taglio corto, lui sembra rimanerci male ma non dice nulla. Sa meglio di me che le cose non torneranno come prima, non subito almeno. Usciamo dall'auto e raggiungiamo l'entrata.

-Sei pronta per riprenderti la tua vita?- domanda di nuovo Hank prima che iniziamo a salire le scale, i suoi occhi osservano il mio viso, io prendo un respiro profondo prima di annuire. Si, sono pronta.

ImmaginaWhere stories live. Discover now