Capitolo 25.

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Bucky's pov

«.. Quarantasette. Quarantotto. Quarantanove... E cinquanta. Su, alla sbarra. Altri cinquanta e poi ripeti.»

Mi alzo da terra e alzo lo sguardo verso l'asta di metallo. Faccio un piccolo salto per aggrapparmici.

«Senza la mano sinistra, non barare.»

Sospiro e lascio la presa col braccio bionico, sentendo tutto il mio peso a carico della mano destra. La stringo attorno alla barra fredda e inizio a tirarmi su, contando ogni flessione.

O meglio, Rokeshova le conta per me.

«Come mai ti alleni tanto presto? Non avremmo dovuto vederci prima di oggi pomeriggio.»

Piego la bocca in una smorfia infelice.

«Pensieri fastidiosi da mandar via.»

Il capitano annuisce e getta un'occhiata nervosa al suo orologio da polso.

«C'è qualche problema?»

«Avevo preso un altro impegno, in realtà. Credevo che avresti saltato l'allenamento oggi.»

Inspiro quando mi tiro su. Espiro quando vado giù. Seguo un ritmo veloce, cadenzato. I miei muscoli sono abituati allo sforzo, devo solo scioglierli un po' dopo la dormienza.

«E perché mai?»

Cinquanta.

Lascio la presa e atterro sul pavimento. Tiro su col naso e non perdo troppo tempo prima di riprendere i piegamenti a terra.

«Rose mi aveva parlato di alcuni suoi progetti. Ma vedo che sono stati rinviati.»

Quando pronuncia il nome della ragazza che mi ha tormentato per tutta la notte, le mie braccia si arrestano. Sollevo un'occhiata tagliente verso Nick.

«Già.»

Rispondo a mezza bocca e riprendo l'esercizio.
Non so nemmeno dire se sono incazzato o no per quello che è successo ieri sera.

«Strano.. Ci teneva davvero, non ha fatto che parlarne per settimane. Ha cambiato idea nel giro di una notte?»

Quella domanda provocatoria potrebbe scivolarmi addosso come acqua. Potrei tranquillamente ignorarla ed ignorare lui, ma la mia rosa ha delle belle spine. E Cristo Santo se pungono.

«Non ha dormito da me, quindi non lo so.»

Il mio tono è carico di risentimento e astio, esattamente ciò che il capitano cercava.
Lo sento ridacchiare.

«Aaah, siete proprio due imbecilli prevedibili. Che è successo questa volta, colpa tua o colpa sua?»

La mia faccia diventa il ritratto dell'irritabilità incarnata sulla terra.
Mi alzo e torno alla sbarra.
Parlo tra i respiri mozzati mentre vado avanti negli esercizi praticamente carburando rabbia.

«Cosa ti fa-presupporre che sia-successo qualcosa?»

Il capitano si siede su una panchina e si accende con calma una sigaretta.

Winter RosesWhere stories live. Discover now