Capitolo 25 - The Birthmark

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Mi sentivo persa.

Non sapevo più cosa fare con Lauren. Erano passate 7 settimane e niente di quello che facevo sembrava aiutarla, sembrava solo infastidita da tutto ciò che facevo.

Avevo fatto del mio meglio per non prendere sul personale nessuna delle sue parole o azioni. Davo la colpa di tutto ciò al processo del lutto.

Erano pochi i momenti in cui si permetteva di sentire ed elaborare quello che era successo ma, il più delle volte, sembrava insensibile.

Stamattina, finalmente, le avevano rimosso il gesso e non potevo essere più felice. Odiava stare sulla sedia a rotelle e anche io odiavo vederla lì. Lauren non era mai stata una che dipendeva da nessuno, quindi sapevo quanto odiasse sentirsi intrappolata sulla sedia.

Anche se chiedeva cose solo quando era assolutamente necessario, la tenevo d'occhio su tutto. Quanto avesse dormito, se avesse mangiato quel giorno, quanti giorni avesse passato senza fare il bagno.

Inoltre, andavo anche a lavoro per poi continuare a casa con le valutazioni dei progetti dei miei studenti, oltre a tenermi in contatto con la scuola di Lauren. Avevano bisogno che lei tornasse già da un po' di tempo, ma continuavo a indugiare e a dire che le servisse ancora del tempo. Finora avevo avuto successo, ma la loro pazienza stava finendo.

Ma non ero sicura di quanto Lauren potesse essere d'aiuto al momento.

Versai la zuppa nella ciotola per poi metterla nel microonde e andai in camera da letto. Sapevo che Lauren stesse facendo la doccia, ma era lì dentro da molto tempo e cominciavo a preoccuparmi. All'inizio non voleva fare il bagno, aveva semplicemente scosso la testa al mio suggerimento, ma le dissi che si sarebbe sentita meglio una volta che fosse stata pulita, quindi lo fece.

Per un secondo pensai che forse avesse bisogno di un po' di tempo per se stessa ed era per questo che ci stesse mettendo così tanto, ma poi ricordai quanto poco tempo avessimo passato insieme.

Di solito rimaneva in camera da letto mentre io stavo nel soggiorno. Avevo mantenuto le distanze per darle lo spazio di cui avesse bisogno, ma dovevo ammettere che la solitudine mi stava divorando. Tuttavia, quando provavo a parlarle, non rispondeva.

Questo, però, non mi impediva di parlarle della mia giornata. Alcuni giorni ascoltava senza protestare.

Poi c'erano giorni, come martedì della scorsa settimana, in cui iniziava a lanciare qualsiasi cosa avesse a portata di mano. Per fortuna questa volta non c'era niente di vetro intorno a lei, ma lenzuola, cuscini e piumoni furono rapidamente lanciati in tutte le direzioni.

La guardai mentre lo faceva in preda alla rabbia con nient'altro che grugniti che venivano rilasciati dalla sua bocca.

C'erano anche giorni come venerdì di due settimane fa, in cui iniziava ad urlare.

Non urlava niente in particolare, erano solo urla. Se non lo sapessi, penserei che la stessero torturando e, infatti, mi sorprese che nessuno dei vicini avesse chiamato la polizia.

Immaginavo che quelli fossero i giorni in cui non riusciva proprio a sopportare di sentirmi parlare.

Ma come detto in precedenza, cercavo di non prenderla sul personale.

Anche se rischiavo che reagisse in quel modo, continuavo a parlarle sia per la mia sanità mentale che per la sua. Il silenzio mi avrebbe mangiata viva se non avessi espresso i miei pensieri ogni tanto, anche se riguardavano cose banali, come la quantità di compiti da correggere. Mi piaceva anche pensare che magari parlandole di lavoro si sarebbe ricordata che esisteva un mondo al di fuori di questo appartamento.

The Iceberg Method [Camren] ~ Traduzione ItalianaWhere stories live. Discover now