Quando mi apre abbassa lo sguardo verso il borsone e sgrana gli occhi, io glielo porgo. Voglio solo andare via e chiudermi di nuovo in casa. Non posso affrontare il suo migliore amico che mi guarda così preoccupato.

-Cosa ci sta dentro?- domanda sottovoce, si sposta per farmi entrare ma io mi limito a lasciar cadere il borsone all'entrata per poi indietreggiare incrociando le braccia al petto come per proteggermi.

-I vestiti del tuo amico. Ci ho provato Giorgio. Fino alla fine. Ma non è stato abbastanza- mi limito a rispondere per poi dargli le spalle per andare via ma Giorgio mi afferra dal polso e mi fa girare di nuovo verso di lui

-sicura di non volerne parlare?- domanda sottovoce, io scuoto la testa sentendo di nuovo bruciare gli occhi

-no, Giorgio. Non mi va perché provo talmente tanta rabbia e dolore che finirei per sfogarmi su di te che non c'entri nulla- mormoro, la mia voce esce spezzata e tremolante ma lui non me lo fa pesare. Si limita a circondarmi i fianchi con le braccia e stringermi forte per poi lasciarmi un bacio sulla testa

-ti riaccompagno a casa, non sei nelle condizioni di guidare- mi sussurra poi, prende le chiavi dal mobiletto accanto alla porta e usciamo insieme. Il viaggio verso casa mia è veloce e silenzioso, Giorgio mi lancia qualche occhiata veloce di tanto in tanto.

Parcheggia sotto casa mia e scendiamo velocemente

-grazie per avermi riaccompagnata, torna con la mia macchina e poi me la riporti domani o quando ti pare- parlo guardandolo negli occhi e lui annuisce. Prima di andare via mi abbraccia di nuovo. Mi rintano in casa mia ancora una volta e mi infilo sotto le coperte sperando di addormentarmi presto.

Il sole sorge troppo presto e la giornata scorre troppo lentamente. Invento una scusa a lavoro e non rispondo a nessuno. Quando finalmente arriva la sera e penso di crollare finalmente addormentata sento il campanello suonare. Deve essere Giorgio che mi ha riportato l'auto. Mi alzo dal letto e cammino fino a raggiungere la porta, quando apro però sento il cuore perdere un battito.

Giulio se ne sta davanti a me rabbrividendo per il freddo e con lo sguardo basso.

-Giorgio mi ha detto che doveva riportarti l'auto- spiega porgendomi le chiavi, le afferro con mano tremante e ingoio a fatica prima di decidermi a dire qualcosa

-va bene, grazie- è il massimo che riesco a dire prima di spingere di nuovo la porta per chiuderla, lui però infila il piede in mezzo mormorando qualche parolaccia per il dolore. Mi affaccio dal poco spazio rimasto

-cosa vuoi Giulio?- domando esausta, non ne posso più di questa situazione. Lui spinge la porta per riaprirla

-voglio parlare- risponde entrando nell'appartamento, si chiude la porta alle spalle. Io sento di nuovo un nodo stringermi il petto e per distrarmi vado a sedermi sul divano.

-Lo hai detto tu. Non abbiamo più nulla di cui parlare, è tutto chiaro. Non funzioniamo- ripeto le sue parole con tono duro, voglio fargli male come lui ne ha fatto a me. Lui però viene a sedersi al mio fianco e si prende la testa tra le mani. Rimaniamo in silenzio per un po' di tempo, io rannicchiata in un angolo e lui con la testa tra le mani dall'altro.

-Ho sbagliato- Giulio parla per primo e alza la testa per guardarmi ma io tengo gli occhi fissi sulla televisione davanti a me. Non voglio guardarlo perché so che lo perdonerei troppo velocemente.

-Non avrei dovuto trattarti in quel modo. L'ho capito solo quando Giorgio mi ha chiamato per dirmi che eri stata da lui e che... che eri distrutta. Mi sono odiato da morire (Y/N) e così sono tornato- riprende a parlare, si sposta più vicino a me sul divano ma io rimango comunque immobile.

-Ti prego guardami- sussurra mentre con un dito sotto al mio mento gira il mio viso verso di lui. I nostri occhi si incontrano, i suoi sono rossi e lucidi proprio quanto i miei. Respiro lentamente ma non dico nulla per un po', lui mi accarezza una guancia.

-Mi hai fatto male Giulio, e non solo ieri. Erano giorni che... stavi male, io lo sentivo, ma mi tenevi lontana, ogni volta che provavo a fare un passo verso di te tu mi respingevi e ti chiudevi in una sorta di gabbia e...- la voce mi si spezza e sento una lacrima scivolarmi lungo la guancia. Giulio annuisce

-ho passato un periodo molto pesante, e non mi andava di parlarne. Non mi va ancora di farlo perché è una cosa che devo affrontare da solo- spiega sottovoce, una risata amara mi sfugge senza che possa controllarla

-è proprio questo il punto Giù, in una coppia le cose si affrontano insieme. Ma se tu non ti senti abbastanza sicuro da chiedermi aiuto quando ne hai bisogno... forse hai ragione tu, non funzioniamo- rispondo duramente, lui abbassa lo sguardo per qualche attimo ma poi torna a guardarmi velocemente

-io non so come affrontare tutto ciò che mi sta succedendo... non so come... non so cosa fare, come muovermi. Non mi sento in grado di... tutto ciò che mi sta succedendo è ciò che ho sempre desiderato e tu lo sai... però io... forse non sono in grado di reggere tutta la pressione. Le canzoni, gli album, i fan... e non voglio mettere il peso di queste mie paure su di te perché non ti riguarda e hai già i tuoi problemi- prova a spiegare, vedo quanta difficoltà abbia nel parlarmi di questo. Gli prendo il viso tra le mani

-invece devi parlarmene, io sono qui soprattutto per questo. Perché tu puoi farcela Giulio, hai solo bisogno di credere in te stesso e se non ci riesci lo farò io per tutti e due. Sei nato per fare questo, è normale che tu abbia paura, anche io sarei spaventata se fossi in te. Ma le paure sono fatte per essere affrontate e non devi farlo da solo- parlo lentamente ma decisa, i suoi occhi non lasciano i miei neanche per un attimo. Lo vedo accennare un sorriso

-quindi mi perdoni per aver fatto lo stronzo?- domanda sottovoce, e io scoppio a ridere prima di stringerlo tra le mie braccia, cadiamo stesi sul divano ma lui non mi lascia andare neanche per un secondo

-ti ho perdonato nel secondo in cui hai messo il piede in mezzo alla porta per poter entrare qui dentro- sussurro prima di baciarlo e lui sorridendo ricambia il mio bacio senza pensarci su.

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