xxi. Canto d'assoluzione

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Lo sconvolto equipaggio della Savanna si componeva di sole dodici teste, sette delle quali raccomandate. Gli altri membri che avrebbero dovuto occuparsi delle varie mansioni ufficiali, educatori a parte, erano rimasti indietro. Erano tutti rimasti indietro.

SET aveva lasciato l'intera colonia nell'abbraccio della morte. Il comandante della Savanna chiamava il gruppo dei suoi passeggeri col nome di "Pilato".

Non era riuscito a salire neanche uno dei bambini di TæT. SET aveva calcolato che, se avesse aspettato ancora un solo minuto, i fasci laser dei Cani avrebbero compromesso irrimediabilmente l'arca e sarebbero morti tutti lì, nel silenzio e nella definitiva sconfitta della specie umana.

Ma neanche il Senza Volto aveva saputo dire loro quanti sapiens – e in quali condizioni – avrebbero trovato su Terra. Quando SET aveva riferito a Ivon, spiegandogli il da farsi nei dettagli, il genetista aveva intuito che esisteva la probabilità di non trovare nessun sapiens vivo sul pianeta azzurro. Dunque, il loro avrebbe potuto trasformarsi in un progetto di ricolonizzazione, anziché una missione di soccorso riproduttivo. Il motivo risiedeva nel messaggio di aiuto inviato dalla Terra, le stesse frequenze captate da Sahara, vecchie di circa mille anni. In quel lasso di tempo, l'umanità su Terra avrebbe potuto essersi estinta.

«Vado al modulo laboratorio. Controllo che la criogenia sia a posto» annunciò Ivon, con la gola secca. Sparì e si rinchiuse nel suo bozzolo di lavoro, evitando l'aria tesa della plancia di comando.

I due cerchi orbitanti attorno al corpo centrale dell'arca erano tunnel che connettevano tra loro i cubi dei moduli abitativi, comprensivi di mensa e sala multiuso. Quest'ultima deteneva le attrezzature per allenare la muscolatura, evitando l'ipotonia da assenza di gravità. I moduli e i tunnel, invece, permettevano di muoversi con i piedi sul pavimento. L'acqua veniva generata da un sistema perpetuo di unione idrogeno-ossigeno ancorato al ventre del triangolo centrale, ma era comunque accuratamente razionata. L'apparato energetico, progettato da SET stesso, era in grado captare e riciclare la luce stellare, autoalimentandosi a corrente alternata. Il sistema antigravitazionale della Savanna avrebbe permesso un buon atterraggio su qualsiasi tipo di superficie, anche se era troppo presto per pensare all'arrivo. Dovevano prima affrontare un viaggio disperato.

«L'obiettivo è un tunnel spazio-temporale vecchio di ventimila anni, lo stesso che permise ai sapiens di arrivare a Folgar». Nella sala comandi, le parole del vice tuonavano nelle orecchie dei presenti, sensibilizzate dal precedente trambusto. «Io sono Cam, di supporto a Gì. Per qualsiasi cosa chiedete, ma vi avverto che sono di poche parole, quindi ponderate le vostre lingue.»

«Perfetto, già uno che mi sta sulle palle» commentò Dente, sprezzante. Girò i tacchi e se ne andò insieme a Meccanjca e ad Arlo, per girovagare e curiosare senza una meta precisa.

Beatriss deglutì. Il vice era un uomo impostato; una figura singolare, con quei rasta scuri pendenti fino al bacino, e quei piccoli occhi neri che mettevano a disagio. Sembrava che pungessero come spilli, e uno di essi era tagliato a metà da una sottile cicatrice verticale.

«Io e i miei figli dove possiamo sistemarci? Ho un neonato.»

Cam tornò seduto al fianco di Gì. «Scelga un modulo abitativo qualsiasi. Ce ne sono molti liberi, dato che l'umanità è stata sterminata». La frecciatina volò fino al petto di SET, e lì rimbalzò.

«Il personale scarseggia. Ognuno di noi si renderà utile come su TæT,» esordì l'androide, connettendo una sottile entrata intercostale alla parete olografica più vicina. «Io sono parte della plancia. Sahara e Zeno assegnati al dottor Idra per qualsiasi supporto scientifico. L'altro signor Idra...» SET esitò, guardando Mŏdis. Persino l'androide aveva degli strani schemi di pregiudizio sulle capacità del mutante.

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now