xii. Iper musica - parte due

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«Gli attentatori, rei di infanticidio e sottrazione di materiale biologico, sono stati registrati ai caselli autostradali tramite riconoscimento della matricola sinaptica. La sezione Accessori speciali è in viaggio ve

«E spegni un po'! Che ansia!» sbottò Arlo, lanciando uno straccio verso l'ologramma-notiziario di SET.

«Chiamare il mio Mŏdis "materiale biologico". Che mondo...» commentò Ivon, sistemando al cellulare i suoi file, comprimendoli in pacchetti per gestirli meglio.

Ivon, quanto sei ipocrita... Sahara lo guardò allibita, ma si trattenne dal commentare.

Ultimamente, l'infatuazione per lui era scesa a livello della suola plantare. La studentessa non si era mai sentita così poco attratta dal professore come in quel momento; era scandalizzata dall'atteggiamento di Ivon nei confronti di Mŏdis, così pericolosamente freddo. Sahara aveva seriamente iniziato a pensare che Ivon non fosse in grado di provare sentimenti sinceri, a cominciare dall'umana pietà. Quello la spaventava, perché era convinta che se un giorno fosse arrivata al tanto agognato rapporto sessuale con lui se ne sarebbe banalmente innamorata. Sahara era umana, ma anche lungimirante: Ivon aveva qualcosa di anomalo che lo rendeva più simile a un mostro odioso che ad altro.

Mentre gli ospiti della Spinada recuperavano panni puliti e zaini da escursionisti, Arlo e Den preparavano le valigie con un certo buonumore. Meccanjca, per qualche strano motivo, aveva deciso di accompagnarli a Moderat; la rete di conoscenze sotterranee del boss non poteva che far sentire loro le spalle coperte. Avrebbero dovuto proteggere in primis Beatriss e Tesla, ricercati anche loro per maternità illegale e "cittadinanza non autorizzata", rispettivamente. Tesla non aveva neanche un mese ed era già un criminale. Bea non aveva potuto scegliere: doveva anch'essa partire per il TæT e aspettare – e sperare – che su Folgar si calmassero le acque.

«Che pensi di fare con tuo figlio? Non vedi che è traumatizzato a morte?»

La domanda arrivò alle orecchie di Ivon come uno schiaffo in piena faccia. Il professore gettò una rapida occhiata a Sahara, che lo guardava a braccia conserte. «Non hai niente di meglio da fare, ragazza? Mŏdis vi ha impietosito con le sue recite puerili. Questa storia che sia mio "figlio" è ridicola: è un bamboccio, un uomo adulto e vaccinato quanto me che gioca a piangersi addosso.»

Un silenzio irreale si creò in quell'angolo di galleria, come se il cinismo di Ivon avesse crepato lo spazio-tempo. Durò un secondo, il tempo necessario alla studentessa per intercettare Mŏdis che camminava via, sparendo nel buio.

L'ha sentito! Porca Madre... La ragazza era rimasta senza parole, bestemmiò mentalmente. Senza neanche informare Ivon, scattò nella stessa direzione del mutante, sperando di acchiapparlo al volo. Ma Mŏdis era sparito chissà dove.

«Chi cerchi?» le fece Dente, camminando nella direzione opposta con uno zaino in spalla. «Il mezzo-pesce?»

«Dov'è?» Sahara lo chiese al vento, continuando a passo svelto.

«Si stava seccando come una prugna e il boss gli ha dato l'ok per un bagnetto nella cisterna, ala nord» le indicò Arlo, trottando al fianco del suo compare. «L'acqua non è il massimo, ma neanche una fogna...» commentò, ma Sahara era già lontana.

Non era bene allontanarsi troppo nel dedalo del sottosuolo, ma la studentessa aveva un buon senso dell'orientamento anche nella penombra. Quando l'inclinazione del pavimento metallico aumentò, incontrò la vasca a forma di imbuto, piena di liquido solo lontanamente simile all'acqua. Nello stagno scuro si muoveva qualcosa, come se fosse popolato da un grosso pesce d'allevamento. Sahara si fece più vicina e notò una pinna dorsale fendere il pelo dell'acqua.

Sindrome di LazzaroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora