iii. Apocalisse per favore

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«Piombi a casa mia mezza nuda. Che ti passa per la testa?»

«Non è questo il punto. Devi sforzarti di fare la persona normale, Ivon.»

Sahara era rimasta interdetta quando il professore le aveva aperto la porta, assonnato e in pigiama. La ragazza poteva quasi percepire il calore del corpo dell'uomo appena uscito dalle lenzuola, così si affrettò a superare l'uscio, diretta verso la camera da letto.

«Ho lavorato otto ore oggi...» tentò di protestare Ivon, con i capelli tutti arruffati seguì Sahara come se gli fosse entrato in casa un gatto randagio. Quando realizzò che cosa stesse facendo cominciò a rimproverarla, cercando di spostare lo sguardo su altro che non fosse il tubino stretto della ragazza. Sahara aveva impiegato ore di trucco e parrucco per quel risultato, e ne era valsa la pena. I capelli castani, lunghi e sciolti incorniciavano il viso pallido di una giovane che sembrava ancora una bambina. Il fisico minuto non era mai stato appariscente, le curve erano poche ma i tacchi slanciavano la sua figura affusolata, completando un'opera che Ivon non poteva ignorare.

Con sommo piacere, la ragazza si accorse dello sguardo di lui puntato addosso, a cui aggiunse una voce severa solo per finta. «Smettila di frugare come una ladra nel mio armadio. Non puoi costringermi, ragazza.»

Lei buttò sul letto qualche giacca, ma non trovò nulla di speciale, Ivon vestiva sempre abbastanza tetro e classico. «Tu sei vecchio dentro. Hai la discoteca più grande in assoluto a due passi da casa, nell'unica Notte dell'anno! Siamo cittadini di Exo, la Capitale mondiale e vuoi passare la nottata a dormire? Che cosa c'è sotto, Ivon? Non è che non hai amici?»

Incredibilmente colpito e affondato, il professore non si scompose. «Li ho, ma non sono il massimo della simpatia. E poi sarà pieno di Monsignori e Novizi strafatti di Thc, mutanti deformi e quant'altro. Ora te ne puoi andare?»

Lei si trattenne dal ridere, ora che Ivon le sembrava molto più umano: anche gli scienziati più gradevoli e stimati potevano rivelarsi praticamente soli al mondo. «Come mi trovi?» cambiò discorso, fingendosi distratta. L'aveva praticamente invitato a guardare come quel pezzo di stoffa fasciasse due glutei piccoli e tondi; le gambe nude di lei rivelavano muscoli da puledra, nervosi e magri.

«Sembri un rollè di tacchino» concluse lui, mentre Sahara gettava all'aria camice e giacche, praticamente per ripicca.

Ivon perse la pazienza, inveendo con due dita piantate in fronte: «Adesso basta! Sahara, chi sei per dirmi cosa del fare e quello ch-» ma dopo averla afferrata per il polso, lei sbilanciò sul tacco destro e non riuscì a trovare in Ivon un appiglio solido.

Mezzo secondo dopo, l'uomo si ritrovò schiacciato tra il materasso e il corpo di lei, trasalì come un animale braccato mentre Sahara non accennava a muoversi. Finalmente poteva sentire la sostanza, il tepore di quel corpo maschile tanto desiderato. La ragazza rimase come un trematode pascolante sotto al microscopio: immobile ed esposta.

«Sahara? Ti prego. Ti prego no-»

Lei si tirò su, rimanendo a cavalcioni esattamente sopra al suo pube. No cosa, Ivon? Eppure, tra le tue gambe c'è qualcosa che mi sta dando fastidio... Un ché di piacevolmente scomodo, notò mentalmente, eccitata.

«Sono io che ti prego, prof» era arrivato il momento, non poteva mandare all'aria una sofferta depilazione, ma non era solo quello il motivo della sua improvvisa pazzia. «Possiamo farlo.»

Sahara non era una di quelle femmine col tabù del sesso, affatto. Era una giovane donna sessualmente emancipata, consapevole e sicura delle sue scelte. Erano mesi che desiderava quell'uomo talmente tanto da sentirsi bruciare dentro, dal petto al bassoventre. Aveva passato mesi ad arrovellarsi sulle probabilità di successo, sulle modalità di approccio. Quella sera si era ritrovata dopo tanto tempo più sicura ed esaltata del solito, e aveva gettato alle ortiche ogni buon senso.

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now