10.Scars That I'm Hiding

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10.

Why do these shadows follow me
Whispering at me when I face myself?[...]
Cold and alone with these
Scars that I'm hiding
(From Ashes To New feat. Anders Fridén-Scars That I'm Hiding)

Camila POV

«Mi devi millecinquecento dollari tondi tondi, avanti.»
«Ma DJ, non li ho!» protesto animatamente.
«Allora ipotechi.». Sbuffo. Non sono mai stata brava a giocare a Monopoly, maledizione. Ipoteco alcuni dei miei alberghi, amareggiata. Lauren ride, divertita da quella scena. Dinah non l'ho mai vista più competitiva di così.
«Non puoi farmi uno sconto?» provo a trattare. Lei mi fulmina con lo sguardo.
«DJ, dai, hai praticamente tutti i soldi che ci sono nella confezione.» cerca di farla ragionare Lauren.
«Nessuna pietà.» risponde Dinah, secca. La squadriamo, sorprese da quell'atteggiamento. Diamo un'occhiata ai nostri averi. Direi che abbiamo perso.
«Ho vintoooo!» esulta la nostra amica, lanciando soldi finti per aria. Scoppiamo a ridere e per poco non prendo un colpo. Non mi lasciavo andare ad una risata da tanto, tantissimo tempo. Sono quasi spaventata. È come se non sapessi più cosa significhi ridere, essere spensierati, privi di ansia e fatica anche se solo per cinque minuti.
«Ehi, va tutto bene.» mi rassicura Lauren. I suoi occhi verdi mi guidano, mi riportano alla calma. È come se sapessi che di lei io posso fidarmi. Lauren mi promette la possibilità di una serenità incondizionata e, non so come sia possibile, io ci credo. Inspiro ed espiro, ripetutamente. Mi sento meglio. La testa mi lascia andare e mi beo di quell'ora d'aria.
«Direi che è arrivato il momento di preparare la cena. Mila, la doccia la fai subito o più tardi?» mi chiede Dinah, distogliendomi dai miei pensieri.
«Io... Ora.» rispondo.
«Cucino io!» si propone Lauren. Mi aiuta ad alzarmi, tendendomi la mano. Nelle ultime settimane, il mio rapporto con il contatto fisico è migliorato. Lauren e Dinah non riescono ancora ad abbracciarmi, ma una mano sulla spalla o sulla guancia sono in grado di tollerarla. Ormai la mia mente non le concepisce più come una minaccia, ma come figure amiche. Accetto l'aiuto e afferro la mano di Lauren. Rabbrividisco al contatto fra le nostre dita. Non provo a scostarmi, non si tratta di paura o ansia. Al contrario, vorrei non interrompere mai questa stretta. Le sue iridi verdi mi penetrano, mi sconquassano il cervello. Non capisco cosa mi stia succedendo.
«Mila, andiamo?». Maledizione a te Dinah, non ora. O, forse, dovrei ringraziarla, non ne ho idea. Vedo Lauren allontanarsi, come se si fosse scottata. Sospira. Sembra combattuta, non capisco perché. Non ho il tempo per riflettere oltre, Dinah mi prende per mano e mi accompagna in bagno.
«Io resto qua fuori, in caso tu abbia bisogno.» asserisce, mentre chiude la porta. Resto da sola e comincio a spogliarmi. Lo specchio di fronte a me mi rinfaccia i miei dolori e le mie ferite. Una grossa cicatrice attraversa il mio ventre, fermandosi appena prima dell'ombelico. Odio il mio corpo. Detesto questo specchio. Le lacrime cominciano ad appannarmi la vista. Provo a scacciarle con la mano, inutilmente. Faccio per entrare nella doccia, ma scivolo e cado rovinosamente per terra. Subito la porta si apre e Dinah si precipita ad aiutarmi.
«Mila, stai bene?» mi chiede, preoccupata. Una smorfia di dolore si stampa sul mio viso. Mi giro a pancia in su e faccio leva sulle braccia per alzarmi. Solo quando vedo la faccia inorridita di Dinah realizzo cos'è successo. Afferro immediatamente l'accappatoio e cerco di coprirmi il ventre, ma è troppo tardi. Non volevo che lo scoprisse così.
«Ti prego, non dirlo a Lauren.» supplico. Dinah non risponde. Fissa la mia cicatrice, la bocca aperta e gli occhi scuri carichi di orrore. Non verso il mio corpo, ma verso quella cicatrice. Verso il suo significato. Stringe i pugni.
«DJ...» mormoro.
«Chi è stato?»
«Ti prego...» piagnucolo. Voglio che la smetta, che mi aiuti ad alzarmi e che faccia finta di nulla.
«Mila, chi diamine è stato?» insiste lei. Si accuccia alla mia altezza e mi guarda teneramente. Mi copre con l'accappatoio e attende una risposta che, però, non arriva. Comincio a respirare affannosamente. Non voglio ricordare. Non voglio rivivere quella notte. Non ce la faccio, non sono abbastanza forte.
«No! Vai via!» urlo. Non mi sto rivolgendo a Dinah, ma lei non può saperlo. Si alza di scatto e indietreggia, spaventata. Mi guarda, ma io non la vedo. I miei occhi non la riconoscono. Vedono solo lui. Le mie orecchie non la sentono. Percepiscono solo lui. Ho paura. Mi schiaccio al muro e mi copro il volto con le mani. Tremo.
«Ti prego, no.» imploro.
Sento due mani afferrarmi delicatamente i polsi.
«Mila, sono io. Sono DJ.». Alzo lo sguardo.
«Dinah...»
«Sì, sono Dinah.» conferma lei. Ha le lacrime agli occhi e un sorriso accogliente. Mi carezza una guancia, prestando attenzione a non fare movimenti troppo bruschi. Riacquisto un po' di lucidità e scoppio in un pianto liberatorio.
«Scusa.» mormoro.
«Non devi scusarti, Mila. Non tu.». Mi irrigidisco. Non so cosa rispondere.
«Io...»
«No, hai ragione, non dovevo insistere.» prova a tranquillizzarmi. Chino il capo. Non so bene cosa devo fare. Parlare? Confessare la verità? Non la conosco nemmeno io.
«Non so chi sia stato.» dico, tutto d'un fiato. Dinah si morde il labbro. Vorrebbe saperne di più, è comprensibile. Mi vuole bene ed è preoccupata per me. Prendo un bel respiro.
«Quando penso a lui, vedo solo un'immagine nera, un'ombra che mi assale e mi copre completamente. Ricordo solo la sua voce. Quella risata... È stato orribile.». Scoppio a piangere di nuovo. Dinah si siede accanto a me. Mi posa una mano sulla spalla. Sa che oltre non riuscirei a sopportare. Vorrei raccontarle anche il resto, ma lei mi ferma. È conscia del fatto che crollerei definitivamente.
«Non serve che tu mi racconti altro, Mila. Non so... Non so cosa dire, se non che io ci sono. Puoi contare su di me per qualsiasi cosa. Te lo giuro.». La ringrazio con lo sguardo.
«Ti prego, non dirlo a Lauren.» le ripeto. Dinah sospira.
«Perché?» mi chiede. Non c'è pressione nella sua voce, solo onesta voglia di capire meglio cosa mi passa per la testa. Mi osserva mentre mi torturo le mani, indecisa se spiegarmi meglio oppure no.
«Io... Non voglio diventare questo.» sussurro. Dinah mi accarezza una guancia.
«Non lo sarai mai, Mila. Né per lei, né per me. La decisione è tua, ma sappi che su di noi puoi sempre contare. Parlo per me, ma sono sicura che Lauren la penserebbe allo stesso modo. Tu sei e resti Karla Camila Cabello Estrabao, nient'altro. Non sei quello che ti hanno fatto, non pensarlo nemmeno.». Vorrei crederlo. Forse il problema è un altro. Forse il punto è che io stessa non faccio altro che concepirmi come il male che mi è stato fatto. Non sono pronta per scoprire se Dinah dica la verità o meno. Non posso permettermelo adesso.
«Non ora DJ. Non riesco.». Tra noi cala il silenzio. Decido di alzarmi e farmi questa tanto agognata doccia.
«Promettimi che ci penserai. Non devi dirglielo adesso, ma credo che potrebbe farti bene aprirti un po'.» asserisce Dinah. Annuisco, non troppo convinta. Mi rivolge un ultimo sorriso ed esce dal bagno, lasciandomi sola tra mille dubbi e ricordi.

Spazio "autrice":
Vi ricordo che la storia originale non è mia, ma di Aagainst

~𝑺𝒐𝒎𝒆𝒕𝒉𝒊𝒏𝒈 𝒕𝒐 𝒉𝒐𝒍𝒅 𝒐𝒏 𝒕𝒐~ 𝑪𝒂𝒎𝒓𝒆𝒏🌙☀️🖤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora