28 - Come una marea

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Se le mie parole trapassano appena come aghi
dovrebbero straziare come spade o come aratri!

E' come una marea che mi trascina e mi piega,
è come una marea, quando lei è al mio fianco!
(P. Neruda)

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- Rimani. - fu tutto ciò che Shoyo disse prima di posargli un delicato bacio sulle labbra.

E nel momento stesso in cui le loro bocche si scontrarono, i sentimenti di Kageyama fuoriuscirono dal ghiaccio che avvolgeva il suo cuore, frantumandolo come se fosse stato un calice di cristallo, riversando tutto l'amore, tutta l'ansia che aveva provato. Ogni singola scheggia congelata che era appartenuta alla corazza un tempo impenetrabile del suo cuore scorreva ora nel flusso impetuoso, inarrestabile, bellissimo delle emozioni che si manifestarono ai lati dei suoi occhi scurissimi.

- Io... Hinata, ah, scusami. - disse solo, strofinandosi le ciglia una volta essersi allontanato dalla nube aranciata dei capelli del rosso.
Quest'ultimo rise lievemente. - Beh, sì, direi che ne hai di cose per le quali scusarti. -

La vergogna tinse di rosso le guance del più alto, che rifuggiva lo sguardo d'ambra dell'altro. - Lo so... Lo so. - disse, la gola annodata. - Suga ti ha...? -
- Mi ha dato una lettera, sì: ha detto che era da parte tua. -
- E tu? - lo incalzò, ansioso.

- E io l'ho letta, Tontobio, che altro ci dovevo fare? Scriverci la lista della spesa? - scherzò l'altro.
Poi abbassò la voce: - L'ho letta. Sei... Sei dolce. - sussurrò. - Ti posso... Baciare, ecco? -

- E tu sei proprio un cretino, Hinata. - sorrise Kageyama, sollevato.
Fu un attimo, appena il tempo di godere della sensazione che i suoi polpastrelli elettrizzati mandavano come folli al cervello mentre scorrevano in mezzo alle folte ciocche color tramonto del numero dieci, e si baciarono un'altra volta.

Fu un attimo, ma alle labbra del moro non sfuggì nessun dettaglio di quelle di Shoyo: aveva memorizzato ogni piega e ogni grinza, ogni cicatrice che avesse mai avuto; si era impresso nel cuore l'impronta digitale di quella bocca voluttuosa e affamata di aria, di vita, di libertà — di quella bocca che sembrava essa stessa essere libertà. Le aveva studiate prima con gli occhi e poi con il tatto impreciso, con il senso effimero e disattento che il contatto dei loro baci fornivano al suo cervello, ma era bastato.

Si concentrò su di esse, solo su di esse: e per un momento tutto il resto del mondo scomparve. Scomparvero i docenti severi e i suoi genitori, l'interminabile settimana che avevano passato in ospedale. Scomparvero i suoi compagni di squadra, scomparve ciò che li aveva spinti a litigare, scomparve persino l'idea di essere visti dal coach. Scomparve l'odore polveroso della palestra, che affondò nell'aroma di agrumi inebriati che aleggiava come sempre intorno al rosso, e scomparve la luce tenue del tramonto, come se il sole impallidisse al confronto con la piccola stella che Kageyama aveva la fortuna di trovarsi davanti.

Ma durò solo un attimo. Perché nel momento in cui le loro labbra si staccarono, tutto tornò come prima: l'ansia lo assalse, il timore di venire giudicato iniziò a prendere a morsi il suo animo ancora fragile. Erano stati visti? Erano stati visti? E se fosse stato così? E se fosse stato cacciato dalla squadra?
Si girò verso Hinata, che se ne stava impalato con un sorriso ebete dipinto sul viso illuminato dalla luce del crepuscolo.
Che lo stessero tutti prendendo in giro?

Il numero nove del liceo Karasuno si guardò intorno, analizzando con gli occhi ogni angolo di quella piccolissima e dannatissima palestra che lo aveva costretto a così tante emozioni.
Tutto era in ordine, tutto taceva. Le finestre erano chiuse e lasciavano trasparire fin troppi raggi di sole. La rete era richiusa accuratamente. Tanaka e Nishinoya si stavano scambiando una banconota da mille yen. Le porte degli spogliatoi erano chiuse.

No, no. Tanaka e Nishinoya stavano facendo cosa?
- Ehi, voi due! - gridò. - Che cazzo state facendo? -
- Niente parolacce, Tobio. -

Il ragazzo si girò: sulla sua spalla si era appena materializzata, quasi magicamente, la mano larga e callosa di Daichi. Possibile che non fosse riuscito a sentirlo arrivare?
- Avevano fatto una scommessa su chi di voi due si sarebbe scusato per primo. Ha vinto Tanaka. -
- Sempre puntare sul cavallo perdente, caro kohai! - rise quello, in lontananza.

Kageyama si girò verso l'amato, in cerca di spiegazioni.
Ma lui si limitò a sorridere, grattandosi la nuca e arrossendo. O forse era solo la luce sanguigna del tramonto? - Non sono riuscito a fermarli. Loro... Dicevano che  staremmo stati bene insieme. A-Avevano ragione? -
Altro rosso, stavolta sulle gote affilate del moro. Non disse nulla. Annuì.

Tirò un sospiro sollevato e si godé il sorriso di Shoyo. E Kageyama si sentiva felice. Si sentiva felice, così pieno d'amore, così orgoglioso di quel sentimento nato sotto la rete di pallavolo, coltivato a fatica, reso forte dal contrasto del suo carattere con quello di Hinata.

Oh, Hinata. Lo amava, lo amava sinceramente. Amava ogni singolo lato di lui, ogni minimo cambio d'espressione di quel ragazzo quando lui mutava il tono della sua voce per dare enfasi al discorso, amava il modo in cui saltava, in cui urlava, in cui correva — inafferrabile — da un lato all'altro del campo; amava i suoi capelli rossi e i suoi occhi ambrati e la sua pelle di fragola e la sua anima risplendente, fatta di luce, fatta di gioia, fatta di Shoyo — perché quello era l'unico modo con cui poteva descrivere quel piccolo sole in miniatura che riposava tranquillo, in piedi, sotto rete, illuminato dal crepuscolo come se fosse una sorta di visione divina, un piccolo miracolo tutto suo del quale Tobio ancora non riusciva a capacitarsi, del quale Tobio ancora non riusciva a sentirsi degno.

Si lasciò incantare dal ritmo appena udibile del respiro dell'altro, un ritmo che forse solo lui era in grado di sentire.
Lo amava, Dio, quanto lo amava. Non sentiva nessun bisogno: non mangiava, non beveva, non si lasciava più cingere dalle braccia di Morfeo. Aveva l'impressione di potersi nutrire solamente di quel sentimento impertinente ma dolcissimo che gli infiammava il petto, gli sembrava di vivere in un'oasi all'interno del deserto — costantemente dissetato, costantemente sazio e soddisfatto solo e soltanto dalla pelle di quel minuto, risplendente sole che aveva l'onore di poter accarezzare.

Ciò che provava per Hinata era miele colato, soave linfa dorata e vitale che scivolava sulle sue labbra, che scorreva nelle sue vene al posto del sangue, spargendo il tiepido amore che provava per lui in ogni millimetro del suo corpo.
A Kageyama pareva che quel miele sgorgasse direttamente da ogni minuscolo poro nella sua pelle, rendendolo una fonte inesauribile di adorazione verso quel ragazzino basso e dai capelli rossi che gli aveva rubato il cuore solo per potersene prendere cura.

Avrebbe scritto ogni poesia, tentato ogni combinazione di parole, conquistato ogni vetta ed ogni fondale solo per mostrare al mondo quanto fosse bello essere innamorati, quanto fosse bello avere il miele al posto del sangue, quanto fosse grande e magnifico il sentimento che bruciava il suo cuore con un fuoco mansueto e tiepido e piacevole come una stufa in inverno, come un sole caldo a scaldargli il cuore di ghiaccio che si ritrovava a battergli nel petto.

- Allora, adesso voi due state ufficialmente insieme, piccioncini? - chiese il capitano, dietro il quale apparve Sugawara.
Tobio e Shoyo si guardarono. Mutamente, strinsero un accordo.
- Sì. - affermarono infine, allo stesso tempo.

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sorpresa!! non sono ancora morta, sono solo impegnatissima e — tra una roba e l'altra — l'ispirazione (che già mi mancava prima) non ha proprio voglia di farsi vedere. uffi!
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⏰ Last updated: May 06, 2021 ⏰

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𝚂𝚞𝚗-𝚔𝚒𝚜𝚜𝚎𝚍; kagehina (in corso)Where stories live. Discover now