18 - Lo spiraglio dell'alba

166 24 152
                                    

Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alle vie vuote.
Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.
Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.
La città abbrividisce,
odorano le pietre
sei la vita, il risveglio.
Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolio della brezza,
tepore, respiro
è finita la notte.
Sei la luce e il mattino.
(C. Pavese)

────── -ˋˏ ✉︎ ˎˊ- ──────

La palla era caduta nel campo di Tsukishima, Yamaguchi e Daichi ancora una volta.
Anche l'ultimo set si era concluso con la stessa velocità di un battito d'ali.

- Non mi... Aspettavo che saresti riuscito a... Schiacciarla. - ansimò Kageyama.
Era seduto sulla panchina, a riposare nei due minuti di scarto fra la fine della partitella e il tanto atteso annuncio che poteva portare a una gioia tanto alta quanto il cielo o a una delusione tanto profonda quanto il mare, e Hinata era al suo fianco, che lo guardava come se gli avesse appena regalato il più prezioso dei gioielli della corona inglese, invece che una normalissima alzata. - Ma non ti montare troppo la testa. Se inizierai a sbagliare, io smetterò di alzare per te. -
- Lo so, Re del campo, me lo avrai detto almeno mille mila milioni di miliardi di volte, lo sai? - borbottò il rosso.
- Tanto sei talmente stupido che... -

- Su, su! Non litigate, miei giovani pulcini, il senpai Tanaka vi ha già portati alla vittoria! -
- COSA? -
Tobio e Shoyo si girarono all'unisono verso la voce che li aveva interrotti: il ragazzo rasato stava di fronte a loro, il petto nudo gonfio d'orgoglio, la maglietta buttata malamente su una spalla e un sorriso spavaldo in viso.

- Ryu! Avrei dovuto dirlo io, sono il capitano, no? - s'intromise Daichi.
- Sì, ma io ti ho battuto! -
- Ma resto io il capitano! -
Il numero uno sospirò sui visi attoniti dei due primini. - Beh, ormai lo sapete già. Benvenuti nella squadra, ragazzi. -

Gli occhi di Hinata si fecero sfavillanti come luci natalizie, il suo sorriso luminoso come un sole tanto acceso da accecare il povero Tobio, il quale non sostenne più la bellezza di quel viso gioioso e abbassò lo sguardo sulle proprie sottili e curate dita. Era fiero, fiero di se stesso, fiero del suo Shoyo.
- Io... Kageyama, grazie. -
- Eh? -
- Beh, tu l'hai alzata molto bene e... Niente, grazie. -
- Sì... Sì. Grazie anche a te. -

Il moro fece un passo avanti verso il ragazzo più basso di lui.
Cazzo, da quando le sue labbra erano così attraenti? Sottili, umide, luccicanti come perle, sembravano così morbide, sembravano magneti che attraevano il ferro blu delle iridi di Tobio.
Più vicino, sempre più vicino, quel sorriso fatto della stessa sostanza del sole reclamava che il viso del più alto si facesse più vicino ad esso con ogni secondo che passava. Un passo avanti, poi un altro, due paia di occhi si trovarono improvvisamente allo stesso livello, improvvisamente private di buona parte della distanza che le separava di solito, e...

- Kageyama! Hinata! -
Il professor Takeda appoggiò le mani sulle spalle dei due primini; dietro di lui, Ukai lo sovrastava con un'espressione soddisfatta sul viso e due divise nere e arancioni fra le dita.
- Queste sono vostre, ora. Ittetsu è andato a occhio per le taglie, quindi... Speriamo che vi vadano, eh! - rise l'allenatore. - Gamberetto, la tua è la dieci. Giovane corvo, la tua è la nove. Siatene all'altezza. -
- Sì, coach! -

La divisa era finalmente nelle mani di colui il quale era stato il Re del campo, nera come piume di corvi destinati a fendere i venti più ribelli, e arancione come il vestito infuocato del sole al tramonto. Erano la materializzazione dell'inizio di un cammino, quella semplice maglia, quei pantaloncini corti, il suo nome stampato con fierezza sopra al numero dieci, spigoloso e preciso tanto quanto lo era lui.

Camminò verso gli spogliatoi ammantato nella familiare coperta scura del suo silenzio; tuttavia non era confortante come la ricordava: pesava sulle sue spalle, incurvandole, e lo allontanava dolorosamente dal timido bagliore del sorriso di Shoyo, del suo Shoyo, che già rideva insieme al resto della squadra come se ne facesse parte da sempre.

In parte desiderava essere come lui, in grado di aprirsi senza alcuna difficoltà, come se non fosse mai stato ferito e tradito.
E in parte desiderava anche che il ragazzo fatto di sole dedicasse solo a lui le sue attenzioni, i suoi sorrisi brillanti che sembravano rimandare più all'alba e alle mille opportunità che offriva, invece che alla malinconia del tramonto.
O forse, ciò che desiderava era Hinata stesso. Forse ne desiderava le labbra sulle proprie, forse desiderava sprofondare il capo fra i suoi capelli soffici e profumati d'arancia e di sole, forse desiderava liberarsi del peso opprimente che apparteneva agli interminabili silenzi ai quali si costringeva, impedendo ai suoi sentimenti di uscire e a quelli altrui di entrare.

- Ah, Tobio, un'ultima cosa! - gli corse dietro Takeda. Aveva il fiato corto e stringeva il proprio telefono cellulare con tanta forza da sbiancarsi le sottili nocche.
- Sì? -
- Mi ha appena telefonato tua madre... -
Il cuore del ragazzo saltò un colpo.
- Non c'è bisogno che ti preoccupi, non è successo nulla di grave, okay? -
- Prof., mi... Mi potrebbe dire che succede? -
- Assolutamente niente di terribile, fidati! Non c'è davvero da stare in pensiero, e... -

Il novello numero nove del Karasuno sentì l'ansia montargli in corpo come una qualche sorta di mostro che sembrava nutrirsi dell'infelicità, sentì il suo cuore galoppare all'impazzata come un cavallo imbizzarrito, gli parve perfino di vedere parte del suo mondo creparsi e quasi andare in pezzi.

- Prof., la prego. - balbettò. - Mi dica che succede. -
L'espressione di Takeda si tinse leggermente di pietà, mescolata all'ansia. - Tuo padre è finito in un incidente d'auto. -

No, no, no. Perché, ogni volta che Kageyama si sentiva felice, il mondo doveva sempre finire per precipitargli addosso con la forza di mille meteoriti? Perché ogni suo momento di gioia doveva essere schiacciato e frantumato in mille pezzi come se non avesse valore, perché la sua serenità sembrava attirare la peggior sorte possibile ogni giorno da quando ne aveva memoria?

- Come ti ho detto non è nulla di grave, non troppo — diciamo che almeno non rischia la vita — ma tua madre ha comunque deciso di stargli accanto tutto il giorno, tutti i giorni, finché non si sarà rimesso a sufficienza da non richiedere più la terapia intensiva. -

La mente di Tobio si muoveva a velocità incredibile, come ingranaggi che giravano tanto vorticosamente da dargli la nausea e i capogiri. Non sentì la voce preoccupata di Sugawara chiamare il suo nome, non sentì i passi di Nishinoya che correva verso di lui, non sentì le sue ginocchia piegarsi e il suo osso sacro battere con violenza contro il pavimento della palestra.

Non svenne, e quella fu la parte peggiore: sentì che il suo corpo non gli rispondeva, sentì la realtà scivolare via dalla flebile presa delle sue dita solo per poi sentirla cadergli addosso come una valanga alla quale non sarebbe riuscito a sfuggire neanche volendo.

Vedeva e percepiva tutti i volti dei suoi compagni, quello del professore, quello del coach, quello di Shimizu, vedeva le loro espressioni confuse, pietose, forse pieni di premura: gli stavano davanti e il suo sguardo color del mare li intercettava alla perfezione, ma la sua vista non riusciva ad andare oltre al fisico, a leggere le emozioni scritte su quei visi familiari.

I suoi sensi non provocavano risposta nel suo cervello, troppo occupato a calcolare l'immensità della situazione che gli stava intorno: guardava, ma non vedeva; sentiva, ma non ascoltava.

Fu il profumo delle arance e del tramonto a riportarlo alla realtà. Una chioma color del fuoco prese le sue mani, e a quelle mani tremanti restituì la capacità di toccare il mondo.

- Dormirai da me, e lo farai finché ce ne sarà bisogno. - dichiarò Hinata.

┌──────── -ˋˏ ∵✉︎∴ ˎˊ- ────────┐
»» spazio autrice ««
scusate l'ora indecente e la lunga attesa, davvero, non sono abituata a far passare così tanto tra un capitolo e l'altro, dovrei abituarmi 😅 il capitolo 138 di aot mi ha destabilizzata in maniera inconcepibile, mi sto buttando su questa ff perché se no addio proprio 😭
└──────── -ˋˏ ∵✉︎∴ ˎˊ- ────────┘

𝚂𝚞𝚗-𝚔𝚒𝚜𝚜𝚎𝚍; kagehina (in corso)Where stories live. Discover now